L’ombra dello scorpione – Stephen King

SINTESI DEL LIBRO:

Ho telefonato al dottore
Ho detto dottore, dottore, la
prego,
Ho una strana sensazione, di
barcollare e vacillare,
Mi dica, che cosa può essere?
Che sia una nuova malattia?
THE SYLVERS
Pupa, riesci davvero a capire il
tuo uomo?
È un tipo onesto,
Pupa, riesci davvero a capire il
tuo uomo?
LARRY UNDERWOOD
1
La stazione di servizio Texaco
di Hapscomb si trovava sulla Statale
93 appena a nord di Arnette, un
paesotto con quattro strade in tutto, a
centottanta chilometri circa da
Houston. Quella sera c'erano i soliti
clienti, seduti accanto alla cassa a
bere birra, a chiacchierare del più e
del meno, a guardare i moscerini che
sciamavano intorno alla grande
insegna accesa.
Era la stazione di servizio di
Bill Hapscomb, per cui gli altri si
rimettevano al suo parere, anche se
Bill era un perfetto idiota. Si
sarebbero aspettati la stessa
considerazione nei loro riguardi se si
fossero radunati in uno dei rispettivi
esercizi. Solo che nessuno di loro
possedeva un esercizio. Erano tempi
duri, ad Arnette. Nel 1980 in paese
c'erano due industrie, una cartiera
che fabbricava perlopiù articoli per
picnic e barbecue e uno stabilimento
che produceva calcolatrici
elettroniche. Ora la cartiera era
chiusa e la fabbrica di calcolatrici
andava malissimo: riuscivano a
fabbricarle molto più a buon
mercato a Taiwan, si era scoperto,
proprio come succedeva per i
televisori portatili e le radioline a
transistor.
Norman Bruett e Tommy
Wannamaker, che un tempo
lavoravano alla cartiera,
dipendevano ormai dalla pubblica
assistenza, avendo da tempo perso il
diritto al sussidio di disoccupazione.
Henry Carmichael e Stu Redman
lavoravano alla fabbrica di
calcolatrici, ma di rado facevano più
di trenta ore la settimana. Victor
Palfrey era in pensione e fumava
puzzolenti sigarette di fabbricazione
casalinga, che erano tutto ciò che si
poteva permettere.
«Ora, quello che penso io è
questo,» disse loro Hap, posandosi
le mani sulle ginocchia e chinandosi
in avanti. «Dovrebbero solo
mandare a fare in culo questa merda
di inflazione. Mandare a fare in culo
questa merda di debito nazionale. Ci
sono le presse e c'è la carta.
Stampiamo cinquanta milioni di
biglietti da mille dollari e, Cristo
santo, mettiamoli in circolazione.»
Palfrey, che aveva fatto il
meccanico specializzato fino al
1984, era l'unico tra i presenti ad
avere sufficiente rispetto di sé per
ribattere alle dichiarazioni più
palesemente imbecilli di Hap. Così,
arrotolandosi un'altra delle sue
merdose sigarette, disse: «Non
risolverebbe niente. Se fanno una
cosa del genere, finirà come a
Richmond negli ultimi due anni
della guerra di Secessione. A quei
tempi, se uno voleva un pezzo di
panpepato, dava al panettiere un
dollaro dei confederati e il panettiere
lo piazzava sul panpepato e ne
tagliava un pezzo della misura della
banconota. I soldi sono solo carta,
sapete?»
«Conosco qualcuno che non è
d'accordo con te,» replicò acido
Hap. Prese dalla scrivania una
cartellina bisunta di plastica rossa.
«Sono in debito con questa gente. E
quelli cominciano a farsi prendere
dalle smanie.»
Stu Redman, che era forse
l'uomo più taciturno di Arnette, se
ne stava seduto in una delle
malandate poltroncine di plastica
Woolco, una lattina di Pabst in
mano, lo sguardo fisso sulla Statale
93, oltre il finestrone della stazione
di servizio. Stu ne sapeva parecchio
sulla miseria. Era cresciuto nella
miseria, lì in paese, figlio di un
dentista che era morto quando lui
aveva sette anni, lasciando la moglie
e altri due figli.
Sua madre aveva trovato lavoro
al Red Ball Truck Stop appena fuori
Arnette; Stu avrebbe potuto vederlo
da dove se ne stava seduto ora, se
nel 1979 non fosse andato distrutto
in un incendio. Lo stipendio bastava
a sfamarli tutti e quattro, ma
nient'altro. A nove anni, Stu si era
cercato un lavoro, prima per Rog
Tucker, il padrone del Red Ball,
dando una mano dopo la scuola a
scaricare i camion per trentacinque
cent l'ora, e poi ai macelli della
vicina cittadina di Braintree,
mentendo sull'età che aveva per
ottenere venti spossanti ore di lavoro
la settimana al minimo della paga.
Ora, mentre ascoltava Hap e
Vic Palfrey blaterare di denaro e
della sua misteriosa tendenza a
prosciugarsi, Stu pensò a come da
principio gli sanguinavano le mani a
forza di trascinare i carretti carichi
di pelli e budella. Aveva cercato di
tenerlo nascosto alla madre, ma lei
se n'era accorta dopo meno di una
settimana. Ci aveva fatto sopra un
pianterello, e dire che non era facile
alle lacrime. Però non gli aveva
chiesto di lasciare il lavoro. Sapeva
valutare la situazione. Era realista.
Il mutismo di Stu derivava in
parte dal fatto che non aveva mai
avuto amici, né il tempo per farsene.
C'era la scuola e poi c'era il lavoro.
Il fratello minore, Dev, era morto di
polmonite l'anno in cui Stu aveva
cominciato a lavorare ai macelli, ed
era una cosa che Stu non era mai
riuscito a superare del tutto. Senso di
colpa, supponeva. Aveva un debole
per Dev... ma la sua scomparsa
aveva anche significato una bocca in
meno da sfamare.
Alle superiori Stu aveva
scoperto il football e sua madre
l'aveva incoraggiato, anche se gli
allenamenti incidevano sull'orario di
lavoro. «Gioca,» gli diceva. «Se c'è
un modo per tirarti fuori di qui, è il
football, Stuart. Gioca. Ricordati di
Eddie Warfield.» Eddie Warfield era
un eroe locale. Era uscito da una
famiglia ancora più povera di quella
di Stu, si era coperto di gloria come
quarterback della squadra
studentesca regionale, aveva
frequentato la Texas A&M grazie a
una borsa di studio per lo sport e
aveva giocato per dieci anni nei
Green Bay Packers, perlopiù come
quarterback di seconda linea, ma
anche, in alcune occasioni
memorabili, come starter. Adesso
Eddie possedeva una catena di
tavole calde nell'Ovest e nel
Sudovest e ad Arnette continuava a
essere una figura mitica. Ad Arnette,
per dire «successo», si faceva il
nome di Eddie Warfield.
Stu non era un quarterback e
non era neppure Eddie Warfield.
Però gli pareva, quando iniziò il
primo anno delle superiori che, se si
fosse dato da fare, avrebbe avuto
qualche probabilità di ottenere una
piccola borsa di studio per lo sport...
e poi c'erano quei programmi di
studio e lavoro, e il suo consigliere
scolastico gli aveva parlato del
programma di prestiti nell'ambito
della legge per la difesa
dell'istruzione pubblica.
Poi sua madre si era ammalata
e non era più stata in grado di
lavorare. Si trattava di cancro. Due
mesi prima che Stu prendesse il
diploma superiore era morta,
lasciandogli il fratello Bryce da
mantenere. Stu aveva rinunciato alla
borsa di studio ed era andato a
lavorare alla fabbrica di calcolatrici.
E alla fine era stato Bryce, che
aveva tre anni meno di Stu, a
farcela. Adesso viveva nel
Minnesota e faceva l'analista di
sistemi all'IBM. Non scriveva
spesso, e l'ultima volta che Stu
l'aveva visto era stato in occasione
di un funerale, quello della moglie di
Stu, morta esattamente dello stesso
tipo di cancro che aveva portato alla
tomba sua madre. Stu si diceva che
forse anche Bryce aveva il suo senso
di colpa da sopportare... e che forse
Bryce provava un po' di vergogna
per il fatto che suo fratello era
diventato solo uno dei tanti bravi
ragazzi di una moribonda cittadina
del Texas, che passava le giornate a
tirare l'ora di chiusura alla fabbrica
di calcolatrici e le sere o giù da Hap
o all'Indian Head a bere birra Lone
Star

SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :

Commento all'articolo

Potresti aver perso questo