Il giardino dell’arte – Il romanzo di un viaggio fra le meraviglie d’Italia – Claudio Strinati

SINTESI DEL LIBRO:
Sono stanco.
Non sono le dodici ore di aereo.
Sono stanco di essere solo me stesso, ho voglia di essere tutti,
tutti gli esseri che sono, furono e saranno, solo così potrò capire chi
io sia e cosa potrei essere.
Devo parlare con me stesso e con tutti gli altri, da Adamo al tipo
che è tutto il viaggio che occupa il mio bracciolo. Magari non proprio
con lui, visto le letture che fa: qualcuno alla mia altezza.
«Cos’hai da sorridere, ragazzino?»
«Io? Mi scusi, niente, io non…»
«È perché tu hai in mano Goethe e io una favola?»
«No, assolutamente, io…»
«Tu conosci Pinocchio?»
«Il burattino di legno diventato bambino? È una delle favole che mi
raccontava mia nonna da piccolo, ora mi occupo di letture più da…
adulto».
Mi guarda con profonda compassione, chiude il libro, lo volge
verso di me, accarezza la copertina e mi devasta: «Caro ragazzo,
Carlo Collodi intese insegnare qualcosa di profondo ai suoi piccoli
lettori del 1883 e di oggi e probabilmente, attraverso il velo della
favola, voleva far comprendere loro anche il significato del grande
mistero cristiano della morte e resurrezione. Tu sapevi che la favola
di Pinocchio è stata paragonata alla storia di Gesù Cristo per come
la raccontano i Vangeli?»
Riesco solo a scuotere la testa in un umiliante ‘no’.
«Appunto. Collodi innanzitutto voleva far comprendere quanto sia
importante per ognuno di noi il momento della formazione: andare a
scuola, evitare le cattive compagnie, imparare a vivere. Perché a
vivere, caro ragazzo, si impara e capita spesso che vi siano persone
che arrivano fino a novanta o cento anni e forse non hanno mai
imparato a vivere, trascorrendo la vita intera senza accorgersene. Tu
quanti anni hai? Venti? Ventidue?»
«Ventuno».
«Studi o lavori?»
«Studio, cioè… Mi sto laureando in Storia dell’arte…»
«Bene! Chi si applica agli studi, e specialmente a quelli matematici
e artistici, imparerà a vivere, e ciò sarà un beneficio per la società ».
Non riesco a credere a ciò che mi sta accadendo: una lezione di
vita, uno schiaffo morale, un segno che la mia scelta è stata giusta,
riesco solo a bofonchiare: «Pinocchio e Gesù?»
«Rifletti: Pinocchio è figlio di un falegname, Geppetto, e quindi,
proprio come Gesù Cristo, crebbe in una famiglia di un artigiano che
possiamo immaginare valente. E ciò è positivo per la formazione
perché è bene crescere in una famiglia di gente che sappia fare
qualche cosa e possieda degli strumenti di lavoro. E saper fare
qualche cosa vuol dire in primo luogo saper fabbricare o costruire e,
bada bene, ci rientrano anche i pensieri e i concetti, perché si
fabbricano, anche se non con le mani. Ma un conto è fabbricare
idee, un conto è inondare il mondo di opinioni, proprio come hai fatto
tu con me, di rispettabili opinioni ben inteso, credendo, magari in
perfetta buona fede, che siano la verità assoluta».
Vorrei sparire… devo recuperare: «Mi diceva del parallelo
Giuseppe-Geppetto… Si assomigliano anche i due nomi».
La sua compassione si sta trasformando in commiserazione:
«Come il Cristo viene protetto e accompagnato al martirio dalla
madre, la Vergine Maria, così Pinocchio è assistito dalla fata dai
capelli turchini che, in questo simile a Maria, è una eterna bambina
perché pura e innocente. Ma Pinocchio, come burattino, vive
un’esistenza che lo costringe a coinvolgersi nel peccato. Del resto è
necessario perché deve diventare grande secondo un criterio ben
noto anche agli uomini primordiali quando appresero come vivere,
iniziandosi alla conoscenza proprio attraverso il mistero che ci
sovrasta. L’iniziazione è uno dei principi supremi della storia umana
in qualunque civiltà e in qualunque situazione sociale o tribale. Ma
secondo te cos’è l’iniziazione?»
«I signori gradiscono qualcosa?»
Per fortuna la domanda di rito della hostess ha trasformato il mio
panico in una domanda retorica.
«Acqua, grazie».
«Subito, signore. E per lei?»
«A posto, la ringrazio… ti stavo dicendo… ah sì… l’iniziazione è
l’accesso, tramite prove ardue e dolorose, a conoscenze ed
esperienze che permettano all’essere umano di passare dalla fase
adolescenziale a quella adulta, conseguibile solo attraverso una
esperienza fisica e culturale per esercitare un potere che consenta
all’individuo singolo e alla civiltà stessa di progredire. Attraverso una
iniziazione Pinocchio muore in quanto burattino e rinasce come
essere umano e, rinato, contempla il burattino inerte che era e lo
trova buffo, ridicolo, così che comincia a vivere in allegria.
Ora, nel mistero cristiano, Gesù muore e risorge per riscattare
l’Umanità , restituendo quella felicità originale del vivere, sottratta a
Adamo ed Eva a seguito di una colpa insanabile…»
«Certo, l’aver mangiato la famosa mela…» Pensavo così di aver
recuperato un po’ di credibilità .
«Non è proprio così, la colpa insanabile era l’accesso alla
conoscenza della distinzione del Bene dal Male contenuta nel frutto
proibito di cui tu hai parlato. Ti spiego meglio: è la storia celeberrima
del libro della Genesi, Dio crea l’uomo e la donna, e li crea uguali,
non è vera la storia della donna estratta dalla costola di Adamo
come dice una lettura fantasiosa del sacro testo, e li mette a vivere
dentro un magico e beato recinto, il Paradiso terrestre».
«Sì, il Paradeisos greco, in latino si dice Hortus Conclusus, cioè
giardino chiuso».
Forse ho recuperato punti…
«Esatto… qual è il tuo nome?»
«David».
«L’unto del Signore… Lupus in fabula… Ti dicevo… In questo
recinto paradisiaco i progenitori stanno bene perché non hanno
bisogno di imparare. Dio li ha dotati, come ogni altro animale, di
istinto. Sanno di istinto ciò che serve per vivere ed essere felici. Non
lavorano perché non serve lavorare; non leggono perché non ci sono
i
libri e meno che mai contemplano la bellezza della natura e
dell’arte perché l’arte non esiste e la natura sono loro stessi quindi
non è esterna. La Natura coincide con l’istinto. Questo, almeno
secondo me, è il mirabile significato della Torah, anche se ogni
rabbino potrebbe dirti che questa è soltanto una interpretazione
possibile.
Però nel Paradiso, apparentemente inviolabile, entra la tentazione.
Dio ha ammonito i progenitori che possono fare quello che gli pare
tranne una cosa: non possono mangiare il frutto dell’albero della
conoscenza del Bene e del Male. Chi lo mangia sarà privato
dell’amore totale e assoluto di Dio verso le sue stesse creature. Ciò
nonostante i progenitori mangiano quel frutto e acquistano la
conoscenza del Bene e del Male, iniziando un percorso che si
chiamerà poi lavoro, cultura, filosofia, scienza, arte. Tante volte ho
visto rappresentato nell’arte questo episodio fatale della cacciata».
«Secondo il mio professore di Storia dell’arte, Masaccio è colui
che lo rappresenta meglio».
«Adesso non mi sovviene a quale opera tu ti riferisca…»
Il mio petto si espande, ritorno al mio metro e ottantasette dopo
che la vergogna mi aveva obbligato a chiudermi in me stesso e a
rannicchiarmi ancora di più di quanto i sedili economy mi abbiano
costretto…
«Ovviamente mi riferisco alla Cappella Brancacci della chiesa del
Carmine a Firenze, mi creda: è un’opera d’arte ammirevole e
commovente. Sarà la mia prima tappa quando arriverò a Firenze. I
progenitori vengono cacciati, Dio li punisce ed Eva nell’affresco di
Masaccio piange urlando, i tratti del suo viso si deformano
orribilmente. Un prodigio artistico, autentico emblema universale, in
cui la rappresentazione del Brutto appare bellissima».
Non so come mi sia ricordato a memoria la frase del prof.
«Ma certo, ottimo riferimento e, a proposito di bellezza e bruttezza,
mi hai fatto tornare alla mente un mito profondamente significativo,
ma ne parleremo dopo… In realtà , pensandoci bene, nel
cristianesimo l’elemento centrale e fondamentale della ritrovata
felicità e della gioia del vivere è chiaro e comprensibile. La
prospettiva della felicità , a questo punto, è spostata tutta sul Regno
dei Cieli. Gesù non è venuto a ripristinare il Paradiso terrestre. Per
vivere la fede cristiana i credenti dovranno affrontare a loro volta il
martirio o, perlomeno, patimenti di ogni genere e sacrifici terribili…»
«Ecco a lei, signore…»
«Grazie!»
«Tutto questo non porterà in ogni caso alla felicità in questo
mondo, perché viene insegnato ai fedeli che la felicità , come la
giustizia, è inattingibile in terra. La felicità , stabilisce la Chiesa e
concordano i fedeli, è l’attesa del Regno. Su questa terra c’è solo
l’attesa della felicità . Il Paradiso, quindi, da terrestre che era
all’origine è spostato definitivamente in cielo. La cacciata resta
dunque eterna. Così come eterna potrebbe essere allora l’attesa
della felicità , ed eterno resterà il dubbio nelle menti degli uomini a
proposito del grande quesito del Bene e del Male. Forse in quel
frutto mangiato nel Paradiso terrestre era contenuta una conoscenza
incerta e sfuocata dell’argomento. Infatti Adamo ed Eva non
appresero come distinguere sul serio il Bene e il Male. Ne appresero
l’esistenza, questo sì, ma senza capirne il senso.
E non lo capirono nemmeno gli uomini e le donne che vennero
dopo il Cristo risorto. Poterono certamente riflettere a fondo su quel
mistero ed elaborare le più sottili e complesse teorie per giustificare
una nozione da un lato evidente e dall’altro incomprensibile: il libero
arbitrio. La libera scelta dell’essere umano. La ricerca del sapere. Il
contrasto tra Fede e Scienza. Il contrasto tra Fede e Arte. Contrasti
che esistono e nutrono di bellezza la storia dell’Umanità .
E l’Umanità impara sempre qualcosa in più e produce sempre
qualche riflessione in più. Vedi, David, ti sarà utile tenere a mente
che in questo l’Arte e la Scienza non sono contrapposte perché
entrambe ci suggeriscono riflessioni e quindi scoperte e invenzioni,
con cui viviamo e formiamo le generazioni che si succedono. Gli
antichi, ben prima dell’era cristiana, vi hanno riflettuto molto».
«Intende i filosofi?»
«Sto pensando sempre ai colleghi di Collodi, che ben prima di lui
hanno raccontano di morte e resurrezione. Le favole ci parlano
sempre di trasformazioni, perché se restiamo sempre uguali a noi
stessi non c’è nulla da raccontare o da rappresentare. L’arte esiste
perché ci racconta, nel caso dell’arte letteraria, o ci fa vedere, nel
caso dell’arte figurativa, una trasformazione.
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