Il giardino delle delizie – Joyce Carol Oates

SINTESI DEL LIBRO:
Arkansas. Quel giorno di molti anni
fa uno sferragliante furgone Ford
con a bordo ventinove braccianti e i
loro figli colpì di striscio un camion
di qualcuno del posto che stava
trasportando maiali a Little Rock su
una statale di campagna viscida di
pioggia. Era una giornata di fine
maggio verde iridescente, il furgone
Ford finì riverso su un fianco in un
canale di scolo profondo tre piedi, e
tutti quanti rimasero a vagare sulla
strada
sotto
una pioggerellina
nebulosa, tra i vetri rotti, il puzzo
familiare della benzina e gli
escrementi rovesciati dei maiali.
Eppure, tra quelli che non si erano
fatti male, il morale era piuttosto
gioioso.
Carleton Walpole se ne sarebbe
ricordato a lungo: la sbandata
sull’asfalto bagnato, il rumore dei
freni come lo strillo di una faraona,
la
sensazione nauseabonda di
assenza di peso prima di un impatto.
Le grida terrorizzate dei bambini e
delle donne, seguite dalle urla
furibonde degli uomini. Prima che il
furgone si ribaltasse nel canale, la
maggior parte dei braccianti più
giovani e agili si era levata di mezzo
con un salto, mentre i più vecchi, i
più lenti, quasi tutte le donne e i
bambini più piccoli dovettero lottare
con la copertura di tela cerata e
furono costretti a strisciare fuori,
trascinandosi sulle mani e sulle
ginocchia come bestie su per la riva
di soffice argilla rossa. Un altro
stramaledetto «incidente»: non era il
primo da quando avevano lasciato la
contea di Breathitt, Kentucky,
qualche settimana prima, ma non era
neanche il peggiore. Nessuno
sembrava
gravemente
ferito,
nessuno era svenuto o perdeva
sangue.
«Pearl? Dove diavolo sei?»
Carleton era stato uno tra i primi a
saltare giù dal furgone, ma era
preoccupato per sua moglie; era
incinta e il bambino, il loro terzo
figlio, sarebbe dovuto nascere a
breve. «Pearl! Pearl!» gridava
Carleton. Il cuore gli batteva come
qualcosa di intrappolato nella gabbia
toracica. Era arrabbiato, agitato. Si
prova
sempre
quel
piccolo,
meschino brivido di sollievo, tu non
ti
sei fatto niente… Anche se
Carleton, una volta, qualcosa si era
fatto. La prima stagione sulla strada,
il naso rotto in un incidente simile e
l’autista del camion che faceva
anche da reclutatore glielo aveva
rimesso a posto con le dita – «Vedi,
se un naso è rotto comincerà a
guarire subito. Mica è osso è
cartilagine. Se non lo raddrizzi te lo
ritroverai sformato come il naso di
un pugile». Carleton aveva riso
quando si era accorto che il suo
nuovo naso era guarito un po’ storto
sul ponte, ma in un modo che gli
pareva
conferisse
una
certa
personalità alla sua faccia, come se
qualcuno l’avesse scolpita; per il
resto, pensava, somigliava a tutti gli
altri,
alla
maggior parte dei
Walpole – visi lunghi e stretti,
capelli chiari e sottili, menti ispidi e
occhi pungenti di un azzurro slavato
che sembravano riflettere il cielo,
per sempre. Quando Carleton si
muoveva rapidamente, a scatti, la
sua faccia diventava affilata come
un coltello a serramanico, ma era
anche
capace
di
muoversi
lentamente; da qualcuno aveva
ereditato la grazia – anche se in lui
non era altro che un’opaca
resistenza, come un uomo che
avanza faticosamente nell’acqua.
Non che a Carleton Walpole
fregasse
qualcosa del proprio
aspetto. Aveva trent’anni, non era
più un ragazzino. Aveva delle
responsabilità . La gente scherzava,
diceva che con il naso rotto Carleton
era migliorato, ora aveva un’aria
spavalda come Jack Dempsey, il suo
eroe.
Questa volta, Carleton non si era
fatto assolutamente niente. Era un
po’ scosso, e incazzato nero, la sua
dignità aveva arruffato le penne
come un galletto preso a calci. Se ne
stava seduto sui talloni sul retro del
furgone con gli altri uomini,
masticava tabacco e lo sputava sulla
strada bitumata che si srotolava
dietro di loro come una lingua
sporca.
Dov’è
che
stavano
andando? – Texarkana. Era soltanto
una parola, un suono. Un posto su
una mappa che Carleton poteva
anche aver visto, ma che non
riusciva
a
ricordare.
Quante
settimane mancano ancora, avrebbe
dovuto chiedere. (Non a Pearl.
Prima lo faceva, Pearl teneva traccia
di dettagli simili, ora stava perdendo
colpi come le altre donne.) C’erano
comunque dei documenti – da
qualche parte. Un contratto.
Carleton non voleva pensarci, non
in quel momento. Ho un contratto,
non riusciranno a farmela era giÃ
una consolazione sufficiente, perché
c’era stata una stagione in cui un
contratto non lo aveva, ed era stato
ingannato. Poter pensare Ho un
libretto
di
risparmio era giÃ
abbastanza, perché era vero, nel
gruppo di bastardi derelitti su quel
camioncino Carleton era certo di
essere l’unico con un conto in banca,
custodito dalla First Savings & Loan
Bank di Breathitt, Kentucky. Non
che Carleton sentisse il bisogno di
parlarne, non lo faceva. Non era il
tipo da darsi delle arie, nessun
Walpole lo era. Ma il fatto restava,
come un ruscello sotterraneo.
Aspettavano l’arrivo delle forze
dell’ordine locali, aspettavano un
carro attrezzi che tirasse fuori il
furgone dal fosso, maledizione.
Erano tutti su di giri, parlavano ad
alta voce. Dove diavolo era finita
Pearl? Carleton stava aiutando le
donne a uscire dal camion. Una
donna che sembrava giovane come
se fosse stata anche lei una
ragazzina gli passò il suo bambino
di due anni; lui si buttò il bambino
sulla spalla con una risata e un
grugnito, non pesava più di un gatto.
I muscoli delle braccia di Carleton
erano forti, tesi come corde: aveva le
spalle strette, ma robuste; la schiena
e il collo stavano cominciando a
dargli dei problemi a causa di tutto
quel chinarsi e raccogliere, ma non
si sarebbe certo abbandonato a lagne
e lamenti da vecchio. «Ehi, pa’.»
Ecco i figli di Carleton, erano
ammaccati ma a posto. Sharleen
ridacchiava e si agitava. Mike,
appena tre anni, strillava come al
solito, ma non sembrava ferito – la
sua faccia non sanguinava. Carleton
lo afferrò e lo sollevò che scalciava,
poi lo mise a sedere in un posto
sicuro, vicino a un paio di donne che
potessero badare a lui. C’era odore
di whiskey rovesciato, misto alla
puzza di benzina e merda di maiale e
fango e sembrava che ci si potesse
sbronzare anche solo respirando,
ascoltando il proprio cuore che
batteva veloce. Carleton si toccò la
faccia. Cristo, sanguinava un po’. O
no? Caracollò giù per la sponda del
canale di scolo per lavarsi le mani e
bagnarsi la faccia. Forse aveva
sbattuto il labbro inferiore. O si era
morsicato il labbro inferiore. Era
molto probabile che fosse andata
proprio così, quando i freni avevano
cominciato a stridere e il furgone si
era messo a slittare, quei secondi in
cui non si ha idea di che cosa
diavolo succederà dopo.
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