Diritti e libertà nella storia d’Italia – Stefano Rodotà

SINTESI DEL LIBRO:

  «Rischi di populismo e di personalizzazione della politica; difesa
della legalità e rapporti tra magistratura e politica; riduzione delle
tutele sociali; concentrazione delle garanzie fondamentali nella Corte
costituzionale.
Se si vuole indicare un tratto distintivo di questi ultimi 15 anni, si
può ben dire che il conflitto intorno ai diritti si è fatto in Italia più
aspro».
Diritti e libertà accompagnano la nascita del cittadino moderno,
definiscono un ordine politico e simbolico interamente nuovo: essi
divengono il connotato di un'età, appunto «l'età dei diritti», come l'ha
definita Norberto Bobbio.
La dimensione dei diritti, però, ci appare al tempo stesso fondativa
e fragilissima, perennemente insidiata da restaurazioni e repressioni,
tese a cancellare o limitare proprio l'insieme degli strumenti che
dovrebbero garantire al cittadino le massime possibilità di sviluppo
autonomo. In particolare, negli ultimi quindici anni si è assistito nel
nostro paese a un processo graduale che ha portato la classe politica di
centro-destra, dall'iniziale tentativo di delegittimazione, a un vero e
proprio attacco frontale alla Costituzione. Con il risultato di provocare
un conflitto istituzionale senza precedenti nella storia della
Repubblica. In questo quadro rientrano le ripetute proposte di riforma
costituzionale che vengono agitate da più parti: prive di quella visione
organica necessaria a qualunque tentativo di modifica, tali proposte
rischiano di alterare delicati equilibri perché non tengono in conto il
fatto che «la Costituzione non può essere smembrata, tagliata a fette»,
e non si può pensare di intervenire anche solo sulla seconda parte
senza con ciò incrinare i princìpi contenuti nella prima.
L'esperienza del Novecento ci ha mostrato come la semplice
proclamazione costituzionale di libertà e diritti possa risolversi in un
inganno. Ogni riferimento a essi si presenta così non solo come
l'elencazione di quel che dovrebbe caratterizzare un regime
democratico; ma diviene un potente strumento per un'analisi realistica
che voglia disvelare la trama effettiva dei rapporti politici e sociali in
un determinato contesto storico.
La ricostruzione sintetica che Rodotà qui propone vuole obbedire
proprio a questa logica. Non segue e discute le idee sui diritti, ma
analizza politiche e comportamenti dai quali è dipesa la loro
affermazione o negazione, cercando di rendere evidenti gli intrecci tra
riconoscimenti formali di libertà e diritti e condizioni materiali per la
loro attuazione.
Le vicende delle libertà e dei diritti mostrano la lenta inclusione di
un numero crescente di cittadini nel "demos" e le modalità attraverso
le quali si costruisce la moderna cittadinanza, nel succedersi delle
diverse «generazioni» dei diritti. Ma rivelano anche tenaci resistenze
all'effettività dei diritti proclamati.
Serve una grande fede per affermare i diritti nei tempi difficili. E di
questo la vicenda delle libertà, che è poi vicenda concretissima di
donne e di uomini, è testimonianza continua.
Stefano Rodotà (Cosenza 1933) è ordinario di Diritto civile
all'Università «La Sapienza» di Roma e dal 1997 al 2005 è stato
presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali.
Tra le sue pubblicazioni: "Repertorio di fine secolo" (Laterza, 1999);
"Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie dell'informazione"
(Laterza, 2004); "La vita e le regole. Tra diritto e non diritto"
(Feltrinelli, 2006); "Perché laico" (Laterza, 2010).
INDICE
Premessa: La lotta per i diritti.
Capitolo 1. La cittadinanza della borghesia.
1. Il codice dei proprietari.
2. La tutela dei diritti.
3. Persone e famiglia.
4. La macchina delle procedure.
5. Nel mondo del lavoro.
6. Tra Stato e Chiesa.
7. La questione sociale.
8. Lo Stato di diritto.
9. L'intervento dello Stato.
10. Le iniziative del dopoguerra.
Capitolo 2. La negazione dei diritti.
1. L'asservimento del cittadino.
2. Tra esclusioni e concessioni.
3. Una nuova codificazione.
Capitolo 3. Costituzione e democrazia.
1. I nuovi princìpi.
2. La cittadella assediata.
3. Politiche sociali e disgelo costituzionale.
4. Costituzione, legalità, mercato.
Capitolo 4. Gli ultimi quindici anni: una transizione irrisolta.
1. Un quadro costituzionale.
2. La vita, l'etica, i diritti.
3. La legalità, i giudici, i diritti.
4. L'altro, la paura, i diritti.
5. Una considerazione finale.
Bibliografia.
Note al capitolo 1.
Note al capitolo 2.
Note al capitolo 3.
***
Premessa
LA LOTTA PER I DIRITTI
Libertà e diritti accompagnano la nascita del cittadino moderno,
definiscono un ordine politico e simbolico interamente nuovo. Tra
resistenze ed esitazioni, certamente: i nostalgici e i teorizzatori d'ogni
ordine comunitario o gerarchico li respingono; e una ripulsa, sia pure
ben diversamente connotata, viene da chi professa un realismo
politico senza scorie, e per ciò aborre la signoria degli
«pseudoconcetti» giuridici e mette in guardia contro le seduzioni delle
dichiarazioni dei diritti. Ma essi divengono il connotato d'una età,
appunto «l'età dei diritti» (Bobbio 1990); le definizioni non ci parlano
soltanto di uno «Stato di diritto», bensì di uno «Stato dei diritti»;
l'istituzione di uno «spazio dei diritti» individua un connotato
essenziale dello Stato costituzionale (Fioravanti 1995, p. 436); e la
fondazione stessa della democrazia, dopo il discredito caduto sulla
sovranità popolare per l'esperienza delle democrazie «popolari»,
potrebbe essere cercata soltanto nella categoria dei diritti
fondamentali dell'uomo (Touraine 1992, p. 377). La dimensione dei
diritti, però, ci appare al tempo stesso fondativa e fragilissima,
perennemente insidiata da restaurazioni e repressioni, tese a
cancellare o limitare proprio l'insieme degli strumenti che dovrebbero
garantire al cittadino le massime possibilità di sviluppo autonomo.
Libertà e diritti sono iscritti in testa alle costituzioni. La storia di
ieri e di oggi, tuttavia, ci parla di sospensioni delle garanzie
costituzionali, di ragion di Stato e di emergenze che giustificano la
limitazione o la cancellazione di diritti fondamentali, di pieni poteri
concessi ai governi, di tentativi continui di considerare le libertà
riconosciute «eccessive» rispetto a esigenze di controllo sociale o di
sviluppo economico. La lotta per i diritti non può mai concedersi
appagamenti, pause o distrazioni.
L'esperienza del Novecento ci ha poi mostrato come la sola
proclamazione costituzionale di libertà e diritti possa risolversi in un
inganno, in un'inesistente barriera contro l'oppressione. Seguendo la
traccia delle costituzioni dei paesi a «democrazia socialista», a
cominciare da quella sovietica del 1925, ci si avvede agevolmente dello
scarto enorme - e crescente, via via che si consolidavano le logiche
autoritarie - tra altisonanti promesse di diritti e pratiche oppressive
d'ogni libertà individuale e collettiva. Quelle proclamazioni,
comunque, rimangono lì come una pietra di paragone, come la
testimonianza continua d'una cattiva coscienza.
Il riferimento alle libertà e ai diritti si presenta così non solo come
l'evocazione d'un alto momento della coscienza, come l'elencazione di
quel che dovrebbe caratterizzare un regime democratico. Diviene un
potente strumento per un'analisi realistica che voglia disvelare la
trama effettiva dei rapporti politici e sociali in un determinato
contesto storico.
La ricostruzione sintetica, che qui si è tentata, vuole obbedire
proprio a questa logica. Non segue e discute le idee sui diritti, ma
analizza politiche e comportamenti dai quali dipende la loro
affermazione o negazione, cercando di rendere evidenti gli intrecci tra
riconoscimenti formali di libertà e diritti e condizioni materiali per la
loro attuazione. Lo sfondo è quello che conosciamo, nel succedersi
delle «quattro costituzioni» che hanno accompagnato lo Stato
unitario: quella oligarchica, quella liberal-democratica, quella fascista
e quella democratico-repubblicana (Giannini 1961). Sono, queste, già
scansioni diverse dalla formale sostituzione dello Statuto del Regno
con la Costituzione repubblicana, ma pure esse non liberano
dall'obbligo di ritrovare continuità che scavalcano epoche peraltro ben
differenziate. Così come, viceversa, discontinuità e lacerazioni si
possono riscontrare anche nell'ambito della stessa vicenda
repubblicana, come mostra tutta la questione della cosiddetta
«seconda Repubblica» e la relativa discussione sugli assetti e le
contraddizioni più recenti, di cui si tratterà dettagliatamente nel
capitolo finale.
Come testimonia, in particolare, la storia di quest'ultimo
quindicennio, le vicende delle libertà e dei diritti mostrano la lenta
inclusione di un numero crescente di cittadini nel "demos" e le diverse
modalità attraverso le quali si costruisce la moderna cittadinanza, nel
succedersi delle diverse «generazioni» dei diritti. Ma rivelano anche
tenaci resistenze all'effettività dei diritti proclamati, difficoltà materiali
nelle apparenze invincibili, sconfitte. Serve una grande fede per
affermare i diritti nei tempi difficili. E di questo la vicenda delle
libertà, che è poi vicenda concretissima di donne e di uomini, è
testimonianza continua.
Il Novecento è stato anche il secolo nel quale ai diritti civili e
politici si sono affiancati quelli sociali, così giungendo a connotare una
forma di Stato, appunto lo Stato «sociale». Anche qui dati formali e
materiali si intrecciano, e la crisi dello Stato sociale spinge ora a
revocare in dubbio la natura di «diritti» di molte delle situazioni alle
quali i poteri pubblici avevano esteso la loro garanzia. Altri
interrogativi si affacciano, la stessa «grammatica dei diritti» viene
messa in discussione, ci si chiede fino a che punto il diritto statuale, sia
pure con l'intento di accrescere la tutela degli individui, possa
penetrare nei «mondi vitali». L'età dei diritti sarebbe avviata verso il
tramonto?
Intanto, però, non si arresta la marcia dei diritti, e da tempo si
parla di una loro «quarta generazione», dove confluiscono la
sensibilità planetaria per i temi ambientali, i dilemmi della vita e della
morte che accompagnano la bioetica, la «cittadinanza elettronica»
associata alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Non
si tratta soltanto di allungare un «catalogo», ricorrendo magari a una
logica compensativa che vedrebbe i nuovi diritti prendere il posto dei
non più sostenibili diritti sociali. Proprio la ricostruzione storica, sia
pure sintetica, ci mostra, da una parte, che il tema delle libertà e dei
diritti fa corpo con l'intera vicenda dei soggetti che concretamente
l'incarnano; e, dall'altra, che il loro riconoscimento formale può
rappresentare prima il consolidamento di risultati ottenuti grazie
all'azione politica e sociale e, poi, il punto d'avvio per una nuova e più
esigente rivendicazione di diritti

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