La piccola casa in riva al mare- Carole Matthews

SINTESI DEL LIBRO:
Destinazione», annuncia la voce melodiosa del navigatore satellitare.
«Destinazione».
Harry inchioda e si ferma in mezzo alla strada. Non c’è nulla intorno a lui,
a perdita d’occhio. «Ma quale, maledetta stupida?», chiede all’apparecchio,
con una mano in aria, come a volerlo supplicare. «Quale?».
«Destinazione», insiste. «Destinazione».
Il navigatore ha lo stesso tono di voce sprezzante e altezzoso della mia
vecchia insegnante d’inglese. Anche lei mi odiava. Di solito chiamiamo
l’apparecchio “zia Flossie”. Oggi però nessuno dei due le rivolge la parola.
«Vedi niente, Grace?», mi chiede.
Scruto fuori dal finestrino. Qui è bellissimo. La strada si estende davanti a
noi senza interruzioni, e non arrivano auto da nessuna parte. I campi
verdeggianti sono una distesa immacolata sotto l’azzurro infinito del cielo.
Non c’è una sola costruzione umana in vista a rovinare il paesaggio. È tutto
così selvaggio, distante. E immagino sia proprio questo il problema.
«Non direi», ammetto. Ma è favoloso, e mi accorgo che ho sospirato di
felicità.
«Be’, secondo lei ci siamo». È evidente che Harry si sta deprimendo.
«Potresti guardare la mappa, per favore?».
Cerco sullo stradario che ho sulle gambe, un fascicolo mezzo distrutto:
quel che resta della copertina mi dice che l’abbiamo comprato in un
supermercato nel 1992. Per fortuna all’interno c’è una mappa con tutte le
succursali indicate da un circoletto rosso, ma ovviamente nessuna delle strade
principali costruite dopo di allora è riportata. Mi preoccupa un po’ notare che
nei pressi di quest’area non c’è alcun simbolo che segnali la presenza di un
supermercato. A quanto pare, siamo finiti in un deserto dei supermarket.
In realtà non siamo proprio in mezzo al nulla. Ci sono chilometri e
chilometri di campi a perdita d’occhio, siepi cariche di fiori e pecore. Di
pecore ce n’è in abbondanza.
«Che posto del cazzo», si lamenta Harry.
Non è un uomo felice. Sta di nuovo stringendo il volante tanto forte da
sbiancarsi le nocche. Il suo bel viso invece ha preso un colore scarlatto,
tendente al paonazzo. So che mio marito in questo momento preferirebbe
essere in Toscana, in Thailandia o perfino a Timbuctu. Ovunque, pur di non
trascorrere una settimana in un cottage nel Galles.
«Non possiamo essere poi così lontani», tento, mantenendo un tono
conciliante.
Sono l’estremo opposto di Harry, felicissima di essere qui. La mia più cara
amica, Ella Hawley, ci ha invitati a trascorrere una vacanza insieme a lei e il
suo compagno, Art. Ella passerà tutta l’estate nel Galles e non vedo l’ora di
vederla. Ha ereditato il cottage solo da poco, ma negli anni ne ho sentito
parlare così tanto che nemmeno una mandria di cavalli selvaggi, e meno che
mai un marito brontolone, potrebbero tenermi lontana. Ella ha invitato anche
la nostra amica Flick, ma se arriverà o meno è tutto da vedere. Flick è
imprevedibile. Spero che venga perché non la vedo da secoli e sarà bellissimo
aggiornarci sulle nostre vite.
Fuori dal gelo della Bentley – solo in parte dovuto all’effetto
dell’iperefficiente condizionatore – il cielo è di quell’azzurro tipico dei Paesi
mediterranei. Sotto di esso, in fondo all’orizzonte, il mare scintilla come un
nastro argentato, chiamandoci a sé. Non possiamo essere lontani perché il
cottage di Ella si trova sul mare, e se andiamo troppo avanti rischiamo di
finirci dentro.
«Destinazione», ripete il navigatore.
Adesso sembra un po’ più stanca della vita. Come me.
«Dacci un taglio, donna. Non siamo a destinazione», dichiaro convinta.
«L’ho capito perfino io».
«Grace», dice Harry a denti stretti, «ti spiace? Non possiamo restare qui in
mezzo alla strada per tutto il giorno».
A dire il vero, Harry e io non abbiamo parlato granché da quando ci siamo
fermati al Magor Services, subito prima del ponte di Severn. La stazione di
servizio è stata una specie di inferno, con file chilometriche per qualsiasi
cosa, l’interno pieno di famiglie litigiose. Harry è riuscito a prendere solo un
panino al prosciutto preconfezionato, e lui è più il tipo da salmone affumicato
con pane integrale. È stato allora che il suo carattere collerico, già messo a
dura prova dal traffico vacanziero, ha raggiunto l’apice.
Non è stato d’aiuto nemmeno il fatto che ci siamo messi in marcia a un’ora
antelucana, trovando comunque un ingorgo assurdo per superare il ponte e
raggiungere il Sud del Galles. Inoltre, il pedaggio ci è costato una fortuna,
con Harry che borbottava che la gente dovrebbe pagare per andarsene dal
Galles, non certo per entrarci.
«Potevamo essere a metà strada per le Seychelles, a quest’ora», brontola
cupo.
In teoria è vero, ma quando c’è da prendere un aereo ci sono tante altre
cose a cui pensare. Intanto ci sono le vaccinazioni – che costano quasi quanto
il soggiorno – e invariabilmente mi tocca prendere le compresse per la
malaria, cosa che mi terrorizza. Trovo sia un’esperienza davvero stressante.
Inoltre il lusso dei viaggi in aereo non esiste più: quando affronto un volo di
tredici ore o più per tornare a casa da chissà dove, ho sempre la sensazione di
aver bisogno di un’altra vacanza per riprendermi. I ricordi dell’isola da sogno
svaniscono in fretta quando devi fare una fila di quattro ore al controllo
passaporti di Gatwick o Heathrow. Per non parlare del jet lag.
«Sai benissimo che odio i voli troppo lunghi. Per una volta non è bello
poter mettere le valigie nel portabagagli e partire?».
In risposta ottengo solo un grugnito.
Nonostante la reticenza di mio marito sono felicissima di questa vacanza,
la desideravo da morire. Quest’anno il lavoro è stato solo causa di stress: la
crisi costringe tutti a tirare la cinghia, e da noi non si fa eccezione. Sono socia
di un piccolo studio di commercialisti ben avviato che ha sede nella parte
settentrionale di Londra, e mi occupo della gestione del personale. Abbiamo
solo dieci dipendenti, ma credetemi, il mio è davvero un lavoro a tempo
pieno. Ho appena dovuto far fronte a un piccolo ammutinamento quando
abbiamo dovuto comunicare che quest’anno la società non organizzerà il
viaggio di Natale. In genere portiamo lo staff e i loro compagni in gita per un
weekend lungo poco prima delle vacanze. Siamo stati a Parigi, a Roma, a
Bruges, tutte città deliziose, tutto spesato. Quest’anno però dovremo
rinunciare. Tutti i nostri clienti guardano anche il centesimo, e credo sia
giusto che anche noi facciamo lo stesso.
La penso così anche sulle nostre vacanze all’estero. Harry e io facciamo
almeno due viaggi l’anno, di solito. Come può essere una cosa ragionevole
quando tanta gente fatica a pagare il mutuo? Sono più che felice di poter
passare l’estate a casa, anche se non credo che Harry sia d’accordo. Per
questo, quando Ella ci ha chiesto di andare a trovarla e stare qualche giorno al
cottage da lei, mi è sembrata la soluzione ideale. Almeno per me.
Ovviamente, Harry non ne era affatto entusiasta. Anche durante i
preparativi si è lamentato di continuo del fatto che sarebbe stato un soggiorno
troppo “spartano”per i suoi gusti. La mia metà adora starsene su una sedia a
sdraio per due settimane, viziato e coccolato. Non gli interessano la cultura e
il paesaggio, tutto ciò che desidera è il caldo, una piscina e alcol a fiumi. Gli
piace avere il servizio in camera, e magari trovare un cioccolatino e un fiore
esotico sul cuscino tutte le sere. Sono cose che a me non interessano affatto.
Non mi fraintendete: anch’io mi sono goduta le vacanze di lusso. A volte
però diventano un po’ troppo noiose. Sembro un’ingrata? Se siete inglesi
purosangue e avete la pelle troppo chiara, non potete stare al sole tanto a
lungo senza finire per somigliare a delle aragoste bollite. Quindi, quest’anno
non vedo l’ora di poter trascorrere una vacanza nel mio Paese, per la prima
volta dopo tanti anni. Rivedrò le mie amiche più care, e io e Harry potremo
trascorrere insieme del tempo di qualità senza dover girare mezzo mondo.
Sarà divertente, ne sono sicura. È la sferzata di energia di cui abbiamo
bisogno.
«Ce la faremo ad arrivare prima di sera, Grace?», chiede lui, infastidito.
Torno a concentrarmi sulla mappa e cerco di capire dove ci troviamo di
preciso
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