Il Tridente di Shiva – Valentina Marcone

SINTESI DEL LIBRO:
Non avevo mai volato prima e la cosa mi avrebbe eccitato davvero
molto, se non avessi avuto costantemente fissa in testa la
destinazione finale. Stavo andando da quello che sarebbe dovuto
essere il mio carnefice, dall'uomo che aveva progettato tutto, dal
capobranco che aveva dato inizio alla rivolta dei licantropi.
Partimmo poche ore dopo, sapevo che per i vampiri era uno
sforzo enorme muoversi nelle ore di sole, ma non potevamo
aspettare che calasse la notte altrimenti avremmo sprecato del
tempo prezioso, in quel modo invece saremmo arrivati giusto dopo il
tramonto.
Il jet privato ci aspettava in un hangar poco distante da casa
nostra; sapevo già che i fratelli Sincore erano ricchi, ma non credevo
avessero anche un aereo. Ovviamente la cosa era abbastanza
logica visto che viaggiavano molto tutti e tre, soprattutto prima che
arrivassi io, e per un vampiro prendere un volo di linea non doveva
essere così semplice.
Ero rimasta basita non poco quando, prima di uscire di casa,
avevo capito che Clara sarebbe rimasta a casa. Ovviamente non da
sola, Ranika e altri due vampiri che non conoscevo sarebbero
rimasti a casa con lei.
Il nostro aereo era il classico jet privato, poltrone in pelle chiara a
gruppi di quattro, due da un lato e due dall'altro divise da un tavolino
di legno e interni completamente rivestiti di legno color mogano; i
vetri erano oscurati, molto probabilmente con lo stesso sistema di
serrande elettriche che avevamo a casa. L'equipaggio era composto
da due piloti e una hostess che continuava ad affannarsi per
rendersi utile; la ragazza doveva avere poco più della mia età, ma
l'uniforme e lo chignon incastrato ad arte sotto il cappello, la
facevano sembrare molto più matura e sofisticata. Non che ci
volesse molto, visto che indossavo un paio di jeans, una canottiera e
una felpa, ma io dovevo pensare alla comodità e non a far colpo sui
miei datori di lavoro.
Salii dopo Michele e mi sedetti su una delle poltrone panna
accanto al finestrino di fronte a lui; Gabriel, subito dietro di me,
occupò il posto accanto al mio e Raffaele si accomodò nell'unico
posto rimasto libero di fronte al secondogenito. Vidi la ragazza in
questione spalancare gli occhi quando salirono anche Brian,
Duncan, l'armadio e Xena, ma a suo favore c'era da dire che si
riprese quasi subito. La ascoltai distrattamente mentre ci diceva di
allacciarci le cinture, rassicurandoci sul fatto che si prometteva bel
tempo e che quindi saremmo andati incontro a un viaggio tranquillo.
Il decollo fu alquanto strano, non spiacevole, ma nemmeno così
indolore come mi aveva detto Raffaele; lui mi assicurò che era
perché l'aereo era piccolo, in uno più grande non avrei sentito
assolutamente nulla, ma la sensazione che avevo provato allo
stomaco non mi era piaciuta per niente. Che stupida che ero: potevo
volare quando volevo, anzi, di solito più in alto andavo più mi sentivo
libera, e adesso mi spaventava un decollo. Okay, proprio spaventata
non ero, diciamo che era solo una sensazione un po' molesta.
Fortunatamente durò pochissimo, la stessa hostess di prima tornò
da noi all'istante per offrirci da bere e dal sorriso che vidi sulla faccia
di Brian capii che avrebbe preferito bere lei più che lo champagne.
Scossi la testa e mi rilassai, sentii gli occhi di Gabriel su di me e
alzai gli occhi per incontrare i suoi, lui mi guardava stringendo le
labbra, che aveva? Stavo per chiederglielo quando lui abbassò
eloquentemente lo sguardo verso il bracciolo che divideva le nostre
poltrone dove c'erano le nostre dita intrecciate. Più che intrecciate,
era la mia mano a stringere la sua in una morsa stritolante, quando
me ne accorsi lasciai la presa di scatto e mi sgranchii le dita.
«Tranquilla, la prima volta non piace a nessuno.» Disse Brian
ridendo, lo guardai stringendo gli occhi, a volte era davvero
inopportuno. Non seppi trattenermi e gli feci la linguaccia, lui rise
ancora di più.
Gli altri parlottavano a bassa voce, ma io non ero interessata a
fare conversazione, odiavo svegliarmi presto.
Beh, ci aspettavano parecchie ore di viaggio, quindi mi tolsi la
felpa e la appallottolai per usarla a mo' di cuscino.
Dopo svariati tentativi fallii miseramente nel trovare una posizione
comoda, sbuffai e Gabriel si voltò fissandomi perplesso, alla fine
premette un pulsante che non avevo assolutamente notato sotto il
bracciolo che divideva le nostre poltrone e lo alzò finché questo non
fu in posizione verticale e riempì lo spazio vuoto tra i due schienali,
poi si abbassò passandomi un braccio sotto le ginocchia e
posandosi le mie gambe in grembo; io ruotai il busto, recuperai la
felpa e la usai come cuscino che poggiai sulla spalla di Gabriel, gli
passai un braccio intorno alla vita e inspirai a pieni polmoni il
profumo della sua pelle strofinando il naso sul suo collo mentre lui mi
cingeva le spalle con un braccio.
Sentendomi osservata, riaprii gli occhi e voltai leggermente la
testa per vedere la ragazza guardarci con occhi sgranati, ma distolse
subito lo sguardo. Evidentemente pensava fossi tipo sua sorella,
avrei potuto facilmente verificare la mia ipotesi se avesse di nuovo
incontrato il mio sguardo, ma lei non lo fece, anzi, si eclissò dietro la
tendina che portava alla porta della cabina di pilotaggio.
Poco male, anzi meglio per lei visto che se voleva tenersi il posto
avrebbe dovuto far colpo anche su di me. Mi girai di nuovo e chiusi
gli occhi sperando di prendere presto sonno.
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