Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia. Gli dei che giunsero dallo spazio?  – Mauro Biglino

SINTESI DEL LIBRO:

Anaqiti: gli Anunnaki?
Per analizzare gli scritti anticotestamentari è sicuramente utile sapere che essi
derivano, in parte non indifferente, da racconti prodotti da altri popoli, come i
Sumeri, e il cui esame ha portato all’elaborazione di teorie che vengono
normalmente definite alternative, con un termine che non rende però merito
alla concretezza dei loro contenuti.
Questo primo capitolo vuol essere una sintesi di queste teorie – o forse
sarebbe meglio dire di verità – che quando saranno definitivamente
confermate determineranno la fine di una grande illusione: la fine di un
pensiero religioso basato su concetti elaborati da uomini che hanno utilizzato
dei testi definiti pretenziosamente “Sacri” al fine di costruire una struttura di
potere e di controllo delle coscienze.
Proprio per affermare sin da ora la libertà che si raggiungerà in quel
momento, nel titolo abbiamo usato il termine ebraico Anaqìm: ciò che
interessa a noi è infatti sapere come, dove e quando la Bibbia parla di questi
esseri materiali venuti da altri mondi (fatto riconosciuto anche dalla Chiesa
romana: il lettore vedrà a questo proposito il Box inserito nel decimo
capitolo) e che solo il successivo pensiero religioso ha ingannevolmente
presentato come entità spirituali.
Noi analizziamo qui l’Antico Testamento e quindi li identifichiamo con il
loro nome ebraico (Anaqiti) prima ancora che con il termine con cui sono
universalmente conosciuti, gli ANUNNAKI: termine sumerico col quale si
indicavano “Coloro che dal cielo sono scesi sulla terra”.
Uno degli elementi di novità è dato dal trovare i riscontri di questa storia
apparentemente fantastica proprio lì dove non lo si penserebbe mai, cioè nel
testo sacro della più diffusa religione del mondo: il Cristianesimo.
Una storia che per alcuni potrà essere sconcertante, ma che per tutti è
sicuramente ricca di fascino e portatrice di un potenziale liberatorio
straordinario per chi ama percorrere le vie del pensiero libero da dogmi, da
illusioni, da interpretazioni forzate e adattate a una visione precostituita della
divinità: quella che, in presenza del termine “Dio”, ci fa pensare
immediatamente alla trascendenza, a un mondo “altro”, a una divinità lontana
dall’uomo nella sostanza e nella forma, indefinibile, non rappresentabile...
Vedremo presto che di ben altre “divinità” parla la Bibbia nei suoi testi più
antichi, quelli che raccontano la storia delle origini dell’uomo e del popolo
ebraico. I testi le cui vicende sono le più vicine a quei periodi della storia in
cui gli uomini camminavano ancora con gli dèi (gli Anaqìm/Elohìm
appunto): con loro parlavano e mangiavano, stipulavano accordi, li servivano
ma anche se ne servivano, li tradivano, li seguivano e li abbandonavano, in
funzione degli interessi del momento e delle situazioni contingenti.
Un periodo storico in cui gli uomini sceglievano i loro “dèi” tra i tanti
possibili, senza porsi mai il problema del dio unico.
Insomma, una visione del divino totalmente diversa da quella che
successivamente è stata costruita, quando è venuto a mancare il contatto
diretto.
L’ipotesi di base
Nel ricostruire la storia dell’uomo gli studiosi hanno progressivamente
retrodatato le origini della civiltà: prima ritenute frutto della cultura greca,
sono state poi rinvenute nella grandezza dell’antico Egitto, almeno fino a
quando non si è riconosciuto che Babilonia e Assiria, ma soprattutto i Sumeri
di cui sono figlie, risalgono a periodi ancora antecedenti: intorno al 3000 a.C.
E proprio i Sumeri sono la fonte di quelle teorie
2 di cui si diceva in apertura
di capitolo.
• Che cosa ci raccontano allora i fondatori di tutta la civiltà umana?
Ci raccontano che esiste nel Sistema solare un pianeta di cui noi
ufficialmente non conosciamo ancora l’esistenza; un pianeta chiamato NIBIRU
che ha un’orbita retrograda rispetto a quella di tutti gli altri pianeti e la cui
durata è pari a 3.600 anni terrestri. Il nome NIBIRU significherebbe “Pianeta
dell’attraversamento” proprio perché questo corpo celeste attraversa in senso
contrario le ellissi percorse dai suoi “colleghi” (quelle di Marte e Giove in
particolare).
L’orbita retrograda ci fa pensare che NIBIRU non può essere stato generato
con il Sole, come gli altri pianeti, per cui deve necessariamente essere stato
“attratto e catturato” dalle forze gravitazionali del nostro Sistema solare:
questo è proprio ciò che affermano i racconti dei Sumeri (secondo le
interpretazioni degli autori considerati “alternativi” rispetto alla scienza
ufficiale).
Un satellite di questo pianeta avrebbe addirittura impattato con la Terra,
producendo la grande depressione che si trova sotto l’Oceano Pacifico: nel
corso di questo scontro dalle dimensioni cosmiche si sarebbero originate
l’orbita attuale della Luna e la fascia degli asteroidi.
Ma che cosa dice la scienza moderna?
Ecco di seguito un breve riassunto delle scoperte e delle posizioni
ufficiali della comunità scientifica che in qualche modo confermano le
“incredibili”, “inaccettabili” ipotesi astronomiche appena esposte.
• Nel 1999 Mario Di Martino, astronomo presso l’Osservatorio
Astronomico di Torino, ha scoperto che le deviazioni dell’orbita
di 82 comete (tra cui la “famosa” cometa di Halley) sono dovute
a un pianeta grande circa tre volte Giove, con orbita retrograda
inclinata rispetto ai piani orbitali degli altri pianeti a 25 UA (Unità
Astronomiche) dal Sole.
• Nel corso del 1972, esaminando la traiettoria della cometa di
Halley, J. Brady (del Lawrence Livermore Laboratory,
California) scoprì che anche l’orbita di questa cometa, come
quelle di Urano e Nettuno, era perturbata. Per spiegare questo
fenomeno ipotizzò l’esistenza di un “Pianeta X” alla distanza di
64 UA dal Sole (Plutone ne dista 39), con periodo orbitale di 1800
anni terrestri (la metà della durata indicata dai Sumeri...), dotato
di un’orbita retrograda.
• I dati raccolti dalle missioni Pioneer della NASA hanno
sostanzialmente confermato che ci deve essere un corpo celeste,
grande circa il doppio della Terra, in orbita solare, a una distanza
di almeno 2,4 miliardi di km oltre Plutone e con periodo orbitale
superiore ai 1000 anni.
• James Christie dell’Osservatorio navale USA ha ipotizzato che
l’inclinazione di Plutone e di Urano, lo spostamento di Plutone e
l’orbita retrograda di Tritone (una luna di Nettuno) sono dovuti al
passaggio di un “pianeta intruso” nel Sistema solare: grosso da
due a cinque volte la Terra, con un’orbita inclinata, posto alla
distanza di circa 2,4 miliardi di km oltre Plutone.
• Ray Reynolds, del Centro ricerche Ames, sostiene che «gli
astronomi sono talmente sicuri dell’esistenza del Pianeta X che
non rimane che dargli un nome»...
Viene chiamato Pianeta X non solo perché ancora formalmente
sconosciuto, ma perché sarebbe il decimo pianeta del Sistema
solare dopo i nove già noti: Mercurio, Venere, Terra, Marte,
Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone.
• A seguito delle ricerche effettuate con l’IRAS (Osservatorio
astronomico a infrarossi) è stata rilevata col calore la presenza di
un grosso corpo nella zona della costellazione di Orione, che si
muove molto lentamente. Nel 1983, nel corso di un’intervista
concessa dai responsabili del progetto IRAS alla rubrica scientifica
del “Washington Post”, venne data una notizia, immediatamente
riportata da vari quotidiani americani con espressioni di grande
effetto: scrissero infatti che gli astronomi erano “confusi” da un
oggetto gigantesco, un corpo celeste misterioso presente nel
Sistema solare e che rappresenta un enigma di dimensioni
cosmiche.
In quell’occasione il direttore del Progetto IRAS, G. Neugebauer,
dichiarò di non sapere di che cosa si trattasse, ma la NASA rese
pubblica una dichiarazione nella quale affermava che l’oggetto
celeste rilevato dall’IRAS «potrebbe trovarsi in fase di
avvicinamento alla Terra e potrebbe trattarsi del decimo pianeta
che gli astronomi cercano da tempo».
• William Gutsch, presidente del Planetario di New York, sostiene
che è possibile che un decimo pianeta sia già stato trovato anche
se non è ancora stato osservato coi telescopi ottici. Il pianeta
viene cercato nei cieli meridionali a una distanza pari a circa 2,5
volte quella di Nettuno. È stato anche visto un corpo celeste scuro
(pianeta o stella nana bruna?) orbitare nella zona di Sigma
Orionis: è stato chiamato “S.ori72”.
• I ricercatori dell’Istituto di Ricerca Sud-Occidentale (Colorado) e
dell’Università della California (Santa Cruz) nell’agosto del 2000
hanno elaborato dei modelli di simulazione computerizzata dai
quali risulta che circa 4,5 miliardi di anni fa la Terra è stata
colpita da un corpo celeste grande almeno quanto Marte (o forse
di dimensioni ancora superiori!): dall’impatto sarebbe nata la
Luna e sarebbe stata proiettata nello spazio una grande quantità di
detriti.
• J. Murray (della UK’s Open University) e J. Matese (University
of Louisiana) sostengono che l’uscita delle sonde terrestri dal
Sistema solare sarebbe fortemente rallentata dalla gravità
esercitata da un corpo attualmente invisibile, ma di grandi
dimensioni.
Questo pianeta, proseguono i racconti dei Sumeri, sarebbe abitato da quelli
che loro definiscono ANUNNAKI (Sitchin traduce letteralmente questo termine
con un’espressione che indica “coloro che dal cielo sono scesi sulla Terra”,
corrispondente agli Anaqìm della Bibbia).
Questi individui sarebbero giunti sul nostro pianeta in cerca di oro perché
questo metallo era indispensabile per creare una sorta di effetto serra sul loro
pianeta: polverizzato e diffuso nell’atmosfera avrebbe rallentato il processo di
progressivo raffreddamento che NIBIRU stava subendo.
Come non pensare immediatamente ai miti diffusi pressoché in ogni angolo
della Terra (in Occidente ricordiamo Esiodo, Platone, Ovidio...) che
affermano come ci sia stata una non meglio precisata “Età dell’Oro”, l’epoca
degli dèi, il tempo in cui Essi erano qui tra noi...
Se questi racconti sono veritieri, sarebbe facile identificare questo tempo
primordiale come quello in cui gli “dèi”, cioè questi esseri venuti dall’alto,
erano sulla Terra a cercare l’oro!
In questo caso non sarebbero miti elaborati per fantasticare di una
inesistente ma desiderata epoca felice, bensì il ricordo di eventi precisi, il
ricordo cioè di quando gli “dèi” erano veramente sulla Terra e l’oro era il
motivo concreto della loro presenza. Un’età dedicata interamente alla sua
ricerca, estrazione e lavorazione; un’età in cui gli uomini avevano con loro un
rapporto diretto.
Stando a queste “incredibili” teorie, gli ANUNNAKI/ANAQITI scesero sul nostro
pianeta in gruppi di 50 (fino a raggiungere il numero complessivo di 600, per
un totale finale dunque di 12 gruppi) e costruirono la loro prima base in
ERIDU: un avamposto situato all’estremo Sud della Mesopotamia e il cui
nome significherebbe, sempre secondo il già citato studioso, “casa del mondo
lontano” o “casa lontano da casa”.
3
Sorgeva su una collina eretta artificialmente alla foce dell’Eufrate: che sia
questo il ricordo di quando il Dio della Genesi biblica (cfr. Cap. 1) divise le
acque per ricavarne l’asciutto e rendere possibile la vita sulla terra, resa in
questo modo disponibile?.

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