I conquistatori dell’Antartide – Francisco Coloane

SINTESI DEL LIBRO:
I bagliori dei lampi risiaravano la cabina della stazione radio di Walaia,
mentre all’interno il sergente Ulloa passeggiava irrequieto davanti al tavolo
delle trasmissioni, accanto al quale il radioperatore Alejandro Silva restava
al proprio posto con gli auricolari e un’espressione disperata sul volto.
«Nient’altro e questo?» iese il sergente.
«Nient’altro» rispose Silva, rimarcando con la matita blu, con cui era
solito scrivere direamente i messaggi radiotelegrafici, tre grandi e
impressionanti leere sul foglio: SOS.
Eeggiò un tuono come se dalla frontiera rotolasse rovinosamente una
gigantesca catasta di troni, oltrepassandoli a distanza, con un rombare e
si spegneva lentamente, direo verso un’altra frontiera lontana.
«Esse o esse!» ripeté il sergente Ulloa quasi fosse un ultimo vagito del
tuono.
«Esse o esse!» gli fece eco il radioperatore, premendo gli auricolari sulle
orecie con un’espressione accigliata, e aggiunse, riprendendo in mano la
matita e ripassandola nervosamente sulle tre leere già profondamente
segnate di blu sul foglio: «Nient’altro! SOS!»
SOS, le tre leere e a livello internazionale significano «Aiuto!», per
tue le orecie del mondo senza distinzioni di razza o di lingua,
costituivano l’unico messaggio e la stazione radio di Walaia era riuscita a
ricevere, nel mezzo della tempesta, quando un fulmine, all’improvviso,
aveva distruo l’antenna, interrompendo l’angosciosa comunicazione.
La stazione radio di Walaia, della Marina militare cilena, è situata in uno
dei punti più impervi, solitari e australi del mondo: allo sbocco dello streo
Murray, di fronte a Capo Horn.
Tale streo o canale è un vero e proprio taglio neo tra le cordigliere,
corto e profondo, e fornisce uno sbocco alle acque del canale Beagle verso
Capo Horn. La natura in quella parte della fine del mondo è ostile e
tempestosa. Le coste non offrono spiagge peré le montagne si precipitano a
strapiombo nel mare; la vegetazione è costituita da roveri rarappiti e
quale ciuffo d’erba e lieni e aeciscono nelle zone più basse, mentre
i pici di roccia si innalzano privi di qualsiasi forma di vita, simili alla
rugosa pelle di paidermi colossali.
Tra quelle alture, sul margine est dello streo Murray, approfiando della
lieve spianata di una insenatura, sorge la costruzione della stazione radio di
Walaia, un accogliente alet a due piani e contrasta in modo stridente
con la desolazione del paesaggio.
Il radioperatore Alejandro Silva si trovava di turno quando si era
scatenata la tormenta, in mezzo alla quale il ricevitore aveva cominciato a
trasmeere l’SOS lanciato da una nave e non era riuscita a comunicare la
posizione peré un fulmine aveva centrato una delle antenne,
interrompendo la ricezione.
«Una nave in pericolo! Ma dove, da e parte?» sboò il sergente Ulloa,
un uomo moro, alto e ossuto, e camminando avanti e indietro ondeggiava
come un albero maestro.
«Non possiamo fare altro e aspeare!» disse Alejandro, appoggiando gli
auricolari, ormai inutili, sul tavolo.
«Il soufficiale Poblete mi ha deo e entro un’ora dovrebbero sistemare
tuo; sta riparando i danni con il meccanico Frías e il radioperatore
Sagredo» aggiunse Ulloa.
«Se non ci colpisce un altro fulmine!»
«Sì, è pericoloso tenere in funzione la corrente elerica con questa
tempesta; ma è nostro dovere tentare a tui i costi di meerci in
comunicazione con la nave e iede aiuto!» disse il sergente.
I due uomini si avvicinarono alle grandi finestre della cabina, il cui teo si
protendeva in avanti come una visiera, conferendole l’aspeo di un’elevata
postazione d’avvistamento in mezzo alle montagne. Ogni tanto un bagliore
illuminava l’interno, e subito dopo un tuono cominciava a rotolare
rombando da una frontiera all’altra. Fuori, l’orizzonte coperto di nubi, nero e
vicino, veniva squarciato soltanto dalle sciabolate gialle, rosse o azzurre dei
lampi o dal lacerante serpente celeste, laiginoso, di un fulmine e
palpitava per quale istante nello spazio e poi si abbaeva con uno siocco
assordante contro la parete rocciosa di una montagna. Sembrava e la furia
delle forze atmosferie si fosse concentrata in quel punto della terra per
ferirla e smembrarla!
«È strana questa tempesta elerica» disse Ulloa. «In quaro anni e sono
in questa stazione è la prima volta e vedo qualcosa del genere.»
«Il registro di servizio riporta solo tre tormente in dieci anni; ma una di
queste ha frantumato addiriura un picco di roccia» soolineò Alejandro.
«i siamo alla fine della cordigliera delle Ande» continuò Ulloa «e io ho
sempre pensato e l’enorme spina dorsale e araversa le Amerie, e e
termina proprio in questo punto, deve per forza produrre quale scompenso
atmosferico per la rotazione della terra nello spazio. È come se al globo
terracqueo fosse fuoriuscita una costola, interrompendone la rotondità.»
«E il Cile è sul bordo della costola» disse Alejandro. «E forse è per questo
e ha subìto tanti terremoti.»
«Non so se quello e dico può avere un valore scientifico; ma è l’idea e
mi sono fao» ammise il sergente Ulloa e, nonostante fosse uno studioso
dotato di notevole cultura, preferiva ragionare come un contadino, tirando
conclusioni semplici e personali.
«Dev’essere proprio così» disse Alejandro, e considerava sempre
istruivo e interessante conversare con il sergente, e aggiunse, tornando
all’argomento e più lo preoccupava: «E a Capo Horn credo sia ane
peggio. Una volta, quando ero mozzo sulla Baquedano, ci siamo passati
davanti, ma appena arrivati in vista del suo naso, abbiamo virato in tondo
per evitare la sua furia. Magari è proprio da lì e la nave in difficoltà ha
iesto soccorso».
«Sarà sicuramente lì» confermò Ulloa. «Capo Horn è il luogo più
pericoloso di tuo il pianeta. Le imbarcazioni scompaiono senza lasciare
traccia. Un paio di anni fa la nave scuola della marina tedesca Admiral
Karlfanger è sparita nel nulla con i suoi trecento cadei senza e si sia
potuto ritrovare neppure una seggia di legno. Inghioita misteriosamente.
Un pomeriggio ha dato la sua posizione per l’ultima volta, riferendo e la
navigazione non presentava alcuna novità di rilievo, e poi a tu’oggi non se
ne è saputo più niente.»
In quell’istante un fulmine serpeggiò dalla nera lavagna del cielo fino alle
vicinanze della finestra; così vicino, e Alejandro si geò istintivamente
indietro iudendo gli oci, e il sergente strinse le labbra controllando il
timore; ma il serpente di luce sioccò una frustata al suolo a quale metro
dall’edificio, con uno sfrigolio simile a quello dell’acqua geata nell’olio
bollente
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