Di tutto resta un poco. Letteratura e cinema  –  Antonio Tabucchi

SINTESI DEL LIBRO:

Elogio della letteratura
1.
Non avrei mai pensato di
assumermi un giorno il compito di
tessere l’elogio della letteratura.
L’averne prodotto una quantità che
mi pare addirittura eccessiva
trasforma il mio elogio in un
evidente pleonasmo. Ma fra i
privilegi concessi dall’età ci sono
soprattutto i pleonasmi: è bene
approfittarne.
Del resto oggi, come sempre
nella Storia, mi pare che la
letteratura meriti un elogio, e
soprattutto un sostegno. In fondo ha
gli stessi nemici di sempre, gli stessi
detrattori, gli stessi avversari esterni
ed interni, gli stessi sicari. La
fenomenologia dei suoi nemici
dispone di una vasta trigonometria.
Allo zenit stanno coloro che non si
limitano a perseguitarla perché ne
sono disturbati: preferiscono
assassinare direttamente i produttori
del disturbo. Il che risolve
evidentemente il problema alla
radice. In questa pratica lo
stalinismo fu esemplare. Il leader del
popolo sovietico, autore fra l’altro di
scritti di linguistica, si era reso conto
che la letteratura utilizzava un’altra
lingua, e che questa non coincideva
con la sua. O meglio, aveva capito
che non era strettamente un
problema di lingua, perché
Mandel’stam e Pasternak
utilizzavano anche loro il russo.
Aveva capito che non adoperavano
le stesse parole. Insomma, aveva
inteso perfettamente la lezione di
Saussure e ne aveva tirato le
conseguenze che sappiamo. La
pratica non è certo finita con Stalin.
Ne abbiamo preso coscienza
con un certo spavento nel 1990
quando a Strasburgo costituimmo il
Parlamento Internazionale degli
Scrittori e una rete di città–rifugio
dove accogliere quelli ai quali nei
loro paesi si ambiva a tagliare la
gola con recisione netta delle corde
vocali, luogo deputato alla
fonazione, cioè alla parola parlata
prima che scritta.
I nazisti hanno bruciato milioni
di persone. Ma hanno cominciato
col bruciare libri. Soprattutto quelli
di letteratura, quella letteratura da
loro definita ‘degenerata’.
Degenerata in quanto portatrice di
una parola diversa dalla loro: una
diversa visione del mondo.
La letteratura è sostanzialmente
questo: una visione del mondo
differente da quella imposta dal
pensiero dominante, o per meglio
dire dal pensiero al potere, qualsiasi
esso sia. E il dubbio che ciò che
l’istituzione vigente vuole sia così,
non sia esattamente così. Il dubbio,
come la letteratura, non è
monoteista, è politeista. Peraltro le
conseguenze dei pensieri monoteisti,
che non nutrono alcun dubbio, sono
sotto gli occhi di tutti.

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