Body Art- Don Delillo

SINTESI DEL LIBRO:

 Capitolo primo
Il tempo sembra passare. Il
mondo accade, gli attimi si
svolgono, e tu ti fermi a guardare un
ragno attaccato alla ragnatela. C’è
una luce nitida, un senso di cose
delineate con precisione, strisce di
lucentezza liquida sulla baia. In una
giornata chiara e luminosa dopo un
temporale, quando la più piccola
delle foglie cadute è trafitta di
consapevolezza, tu sai con maggiore
sicurezza chi sei. Nel rumore del
vento tra i pini, il mondo viene alla
luce, in modo irreversibile, e il
ragno resta attaccato alla ragnatela
agitata dal vento.
Quell’ultima mattina accadde
che fossero insieme in cucina, e si
sfiorassero di continuo per prendere
oggetti dagli armadi e dai cassetti, e
poi si fermassero al lavandino o al
frigorifero l’uno in attesa dell’altra,
ancora un po’ vischiosi della materia
dei sogni, e lei fece scorrere l’acqua
del rubinetto sui mirtilli che teneva
in mano e chiuse gli occhi per
inalarne il profumo.
Lui era seduto con il giornale,
mescolava il caffè. Il suo caffè, nella
sua tazza. Il giornale lo dividevano
ma apparteneva, senza bisogno di
precisarlo, a lei.
- Volevo dire qualcosa ma non.
Lei fece scorrere l’acqua dal
rubinetto e sembrò accorgersene.
Era la prima volta che se ne
accorgeva.
- Sulla casa. Ecco cosa, – disse
lui. – Ecco cosa volevo dirti.
Si accorse che l’acqua del
rubinetto diventava opaca dopo
pochi secondi. Scendeva limpida e
argentea e poi nel giro di qualche
secondo diventava opaca e sembrava
così strano che in tutti quei mesi e
tutte quelle volte che aveva fatto
scorrere l’acqua dal rubinetto non si
fosse mai accorta di come da
principio sgorgasse limpida e poi
diventasse non proprio torbida ma
opaca, o forse non era mai successo
prima, oppure se n’era accorta e
dimenticata.
Andò all’armadietto con i
mirtilli bagnati in mano, prese la
scatola dei cereali e la portò al piano
di lavoro, la scatola essenzialmente
bianca e marrone, e in quel
momento l’aggeggio del tostapane
scattò e lei lo spinse giù di nuovo
perché ci volevano due scatti per
tostare bene il pane e lui annuì
distratto dato che era il suo pane
tostato, e il burro era il suo burro,
poi accese la radio e cercò le
previsioni del tempo.
I passeri erano intorno al
beccatoio, battevano le ali, si
contendevano lo spazio sui posatoi
curvi.
Prese una ciotola
dall’armadietto vicino, ci versò
dentro i cereali scuotendo la scatola,
poi sparse sopra i mirtilli. Si asciugò
la mano strofinandola sui jeans,
provando una vaga sensazione di
colore blu e di sbiadito.
Come si chiamava, la levetta.
Aveva tirato giù la levetta per tostare
al punto giusto il pane di Rey.
Il pane tostato era di Rey, le
previsioni del tempo invece erano
sue. Le ascoltava alla radio e spesso
anche al telefono, all’apposito
numero, e a volte andava a mettersi
davanti alla casa e scrutava il cielo
della costa, assaporava la brezza in
cerca di implicazioni latenti.
- Sì, esattamente. So cosa
volevo dirti, – disse lui. Lei andò al
frigorifero e aprì lo sportello. Restò
ferma, cercando di ricordare
qualcosa.
Disse: – Che cosa? – Voleva
dire che cos’hai detto, non che cosa
volevi dirmi.
Ricordò, i granuli di soia.
Attraversò la stanza fino
all’armadietto e prese la scatola, poi
tenne fermo lo sportello del
frigorifero perché non si chiudesse
automaticamente. Tirò fuori il latte,
rendendosi conto di quello che lui
aveva detto e lei non aveva sentito
circa otto secondi prima. Tutte le
volte che doveva chinarsi a prendere
qualcosa nelle parti inferiori e
remote del frigorifero lasciava
andare un gemito – non proprio tutte
le volte – che sembrava il lamento di
una vita. Era troppo snella e agile
per provare fatica e gemeva solo per
fare eco a Rey, identificandosi con
lui, Rey, con quel suo modo di
gemere così naturale e profondo che
la fatica si trasmetteva anche a lei

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