Nel segno della pecora – Haruki Murakami

SINTESI DEL LIBRO:
Era un breve annuncio sul giornale
del mattino, un paragrafo soltanto. Un amico mi telefonò
e me lo lesse. Niente
di speciale. Una cosa così avrebbe
potuto scriverla un giornalista alle prime armi, appena
uscito dall'università, giusto per esercitarsi un po'.
La data, il nome di una strada, un
autista di camion, un
pedone, una vittima, un'indagine per
probabile omissione
di soccorso.
Suonava come una di quelle poesie
sulla carta dei cioccolatini.
« Dov'è il funerale? » chiesi.
« Lo sapessi », rispose lui. « Ma
qualche parente ce l'aveva, almeno? »
Certo che l'aveva.
Chiamai il dipartimento di polizia
per rintracciare l'indirizzo e il numero di telefono dei
genitori, dopodiché li
contattai per avere informazioni sul
funerale.
Vivevano in un vecchio quartiere di
Tokyo. Tirai fuori
la cartina ed evidenziai l'isolato con
un cerchio rosso. Era
pieno di linee metropolitane,
ferroviarie e di autobus che
si sovrapponevano come una specie
di tela di ragno sformata, l'intera zona un labirinto di
stradine e canali delle
fogne.
Il giorno del funerale presi un tram
da Waseda. Scesi quasi
al capolinea. La cartina mi fu d'aiuto
più o meno quanto
un mappamondo. Finii per comprare
un pacchetto di sigarette dopo l'altro, ogni volta
chiedendo informazioni.
10
Era una casa con la struttura di
legno, circondata da
uno steccato di assi marroni. Un
piccolo cortile e un braciere di ceramica abbandonato,
pieno di acqua piovana
stagnante. Il terreno era umido e
scuro.
A sedici anni era scappata, il che
forse spiega per quale
motivo la cerimonia fu tanto
malinconica. Vi parteciparono solo i familiari, quasi tutti
anziani, e fu presieduta dal
fratello maggiore, sui trenta, o forse
era suo cognato.
Il padre, un ometto basso, sui
cinquantacinque, portava una fascia a lutto intorno al
braccio. Rimase impalato
sulla soglia senza praticamente
muoversi. Mi faceva venire in mente una strada spazzata
dall'acqua, dopo il temporale.
Andandomene abbassai la testa in
silenzio, e lui abbassò la sua, in segno di risposta, senza
dire una parola.
La conobbi in autunno, nove anni fa,
quando io ne avevo
venti e lei diciassette.
Nei pressi dell'università c'era un
piccolo caffè che
bazzicavo con gli amici. Niente di
speciale, ma offriva
due elementi costanti: rock duro e
caffè cattivo.
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