Momenti di trascurabile infelicità- Francesco Piccolo

SINTESI DEL LIBRO:
L’anno scorso, mia moglie mi ha allungato un pacchettino avvolto da
carta colorata e un fiocchetto dorato: il mio regalo di Natale. All’inizio, ho
provato a sciogliere il nodo e a scartare il pacchettino con delicatezza, ma
non c’era modo che si aprisse; solo dopo tanto tempo, e molto innervosito,
ho strappato la carta con le unghie e con i denti. Mia moglie mi guardava
fisso negli occhi, curiosa e ansiosa – ma anche spaventata per quella
violenza – perché aspettava di capire se mi piaceva.
L’ho aperto, l’ho guardato e ho sfoderato un sorriso molto ampio e ho
detto grazie. Ti piace?, ha detto lei. Moltissimo, ho detto io.
Ma non ho capito cos’era.
Era un oggetto strano, con colori belli e una forma particolare, ma non
era possibile capire cosa fosse. Intanto che lo mostravo agli altri, lei mi
chiedeva: hai capito a cosa serve? Hai indovinato? E io rispondevo: sí,
certo; ma sempre piú esitante. Poi chiedevo anche agli altri se avevano
capito, con la speranza segreta che qualcuno rispondesse sí con
convinzione, cosí finalmente me lo facevo spiegare; per poi dire come se
già avessi capito: bravo, hai indovinato.
Ma nessuno ha capito di cosa si trattava. E soprattutto, a cosa serviva;
perché a qualcosa doveva servire. O poteva anche essere soltanto un
soprammobile, una roba da appendere al muro, o ancora da tenere in cucina,
o sul comodino. Ma non era chiaro nemmeno questo.
Poi la notte, nel letto, ho ribadito a mia moglie che il regalo mi era
piaciuto moltissimo, però dovevo confessarle una cosa: non avevo capito
cos’era. Mi sono affrettato ad aggiungere che questo non c’entrava, perché
era un regalo proprio bello, aveva dei colori belli e una forma particolare.
Questo è quello che conta. E non importa se non ho capito cosa sia, perché
non lo hanno capito nemmeno gli altri. Nessun altro a cui l’ho mostrato. E
cosí, nell’intimità della notte e del letto, ho potuto chiederle, cercando di
controllare l’esasperazione nella voce: insomma, cos’è? A cosa serve?
Mia moglie, nell’intimità della notte e del letto, mi ha confessato di non
avere la minima idea di cosa fosse. Anzi, sperava molto, quando l’ho visto e
ho detto che era bello, che le dicessi cos’era. Per questo continuava a
chiedermelo. Però lo ha visto nel negozio, quando l’ha visto ha pensato
subito a me, ha immaginato che mi sarebbe piaciuto, e l’ha comprato.
Non le ho chiesto perché ha pensato subito a me. Non gliel’ho chiesto
perché non lo volevo sapere.
Quindi, abbiamo aspettato il giorno di riapertura dei negozi e siamo
andati lí dove lo aveva comprato. Ma il negoziante non ha saputo
rispondere alla nostra domanda, e anzi ha detto in modo piuttosto arrogante:
se dovessi sapere a cosa servono tutte le cose che vendo…
Ma noi non ci siamo arresi. Abbiamo trovato l’indirizzo mail della
fabbrica, e abbiamo scritto, nella sostanza: abbiamo acquistato il vostro
coso, lo troviamo molto bello, ma cos’è?
Dalla fabbrica hanno risposto con prontezza e gentilmente. Ci hanno
spiegato che questa è la loro filosofia, in sintonia con la particolare
predisposizione dei clienti riguardo ai regali di Natale: se è bello, se vi
piace, non importa cos’è. Usatelo come vi pare. E infatti, ci hanno spiegato
quelli della fabbrica, il fatto di non sapere cosa fosse non ha impedito al
negoziante di ordinarlo e di esporlo, a mia moglie di comprarlo (perché ha
pensato subito a me), a me di riceverlo e apprezzarlo.
Il ragionamento ci è sembrato abbastanza convincente. Soprattutto,
definitivo. Ci è rimasto solo il sospetto che potesse essere un modo molto
brillante per giustificarsi del fatto che non avessero capito nemmeno loro
cosa fosse. Ma era solo un sospetto.
Da quando abbiamo smesso di indagare, ho tenuto il mio regalo sempre
a portata di mano. Se non riuscivamo ad aprire un recipiente, se volevo
specchiarmi, se volevamo svitare o avvitare, accendere una sigaretta o
lavare l’insalata, a un certo punto dicevo a mia moglie: proviamo con quel
coso che mi hai regalato a Natale. Ma non funzionava. Per tutto l’anno ho
provato a usarlo in molti modi, perfino per lavare la macchina, stampare un
file, portarcelo a letto per farlo partecipare alla nostra vita sessuale; ho
provato a usarlo come scatola di biscotti, microonde, ho provato a vedere se
si alzava al posto mio per rispondere al citofono, l’ho cucinato con il riso, ci
ho versato dell’acqua sopra, l’ho messo sui termosifoni, o in testa sotto la
pioggia. Gli ho perfino comprato i croccantini per gatti, non so perché. E,
questo è ovvio, ho provato anche a lasciarlo per un po’ su una mensola o
appeso in corridoio.
Ma nulla di tutto questo ha funzionato.
Poi è arrivato di nuovo il Natale. E mia moglie mi ha allungato un
pacchettino avvolto da carta colorata e un fiocchetto dorato. Mi ha
raccomandato: aprilo con delicatezza, si può rompere. Era un modo per
dirmi che non avrebbero tollerato, né lei né il regalo, un attacco di nervi
come quello che mi aveva preso l’anno prima.
Ho provato ad aprire la carta, la scatola, il fiocco in tutti i modi possibili,
e non ci sono riuscito. Allora ci ha provato lei, e poi tutti i parenti e gli
amici. Niente. Mia moglie continuava a dire: fate piano, si può rompere. A
un certo punto ho detto: proviamo con quello. Gli altri non hanno capito
cosa fosse quello, lei sí. Sono andato a prendere il regalo di Natale
dell’anno precedente e l’ho usato con tutta la delicatezza possibile per
aprire il regalo di Natale di quest’anno. E ci sono riuscito con una certa
facilità.».
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