Massa e potere – Paolo Nori

SINTESI DEL LIBRO:
Ho sentito dire che chi non va a votare priva del diritto di andarci
anche tutti gli altri e io, scusatemi, sono vent'anni che sto a casa,
quindi sono vent'anni che privo la gente dei loro diritti, e io pensavo, e,
vi confesso, penso ancora, che fosse e che sia un mio diritto, stare a
casa, e devo dire, scusatemi, che da quando, vent'anni fa, ho smesso di
credere che qualcuno che andrà in parlamento farà il mio bene, da
quando ho cominciato a pensare che il mio bene era bene non
delegarlo a nessuno ma farlo da solo, e che la politica non è una cosa
che si fa quando si va a votare, ma che la politica si fa tutti i giorni, e
che è politica il modo in cui si parla, il modo in cui ci si muove, che è
politica il grado di gentilezza con cui si parla coi propri figli, e coi
propri genitori, ecco io sto molto meglio, da quando ho scoperto
queste cose."
Paolo Nori
Cos'è Mo mama? È una disposizione mentale, un modo di vedere il
mondo,un metodo che lo scrittore Paolo Nori applica alla sua città,
Parma, ai tempi del Movimento 5 stelle, e all'Italia di oggi. Provare a
vedere le cose come se le si vedesse per la prima volta. Un libro che
diverte e fa pensare a tutto quello che abbiamo perso per strada
quando parliamo di politica e di chi ci governa.
Paolo Nori, nato a Parma nel 1963, abita a Casalecchio di Reno e,
come ha già detto anche un'altra volta, non sa mai cosa scrivere in
queste note biografiche dove dovrebbe far finta di non essere lui, e far
capire che è bravo, e intelligente, e modesto, e magro, perfino.
Erano i giorni migliori, erano i giorni peggiori, era un'epoca di
saggezza, era un'epoca di follia, era tempo di fede, era tempo di
incredulità, era una stagione di luce, era una stagione buia, era la
primavera della speranza, era l'inverno della disperazione, ogni
futuro era di fronte a noi, e futuro non avevamo.
Charles Dickens
Allora
Allora.
Giovedì 11 ottobre 2012, verso le sette di sera, a Parma, in piazza
Duomo, ero con un ragazzo di Piacenza che si chiama Matteo.
Dovevamo andare al circolo Arci Fuori Orario di Taneto di Gattatico a
fare un servizio sul sindaco di Parma, e ci siam messi a parlare ci siam
trovati d'accordo sul fatto che il prosciutto buono, lo fanno a Parma, la
coppa buona, la fanno a Piacenza. Sul salame, non ci siamo trovati
d'accordo. Lui diceva che il salame buono lo facevano a Piacenza, io
dicevo che lo facevano a Parma.
Allora a me è venuto in mente un mio amico armeno che, quando
l'avevo conosciuto, quindici anni prima, a Erevan, mi aveva detto che
lui, quand'era piccolo, gli leggevano Shakespeare in armeno, ed era
così bello che lui pensava che Shakespeare fosse armeno avesse scritto
le sue opere in armeno e ci era rimasto malissimo, quando si era
accorto che Shakespeare era inglese aveva scritto in inglese. E mi
aveva detto che lui, che aveva cinquant'anni, l'inglese non l'aveva mai
imparato, ma se avesse imparato l'inglese e avesse letto Shakespeare
in inglese lui era convinto, ancora a cinquant'anni, che non sarebbe
mai stato bello come quello tradotto in armeno che gli leggevano
quando era piccolo.
«Secondo me io - avevo detto a quel ragazzo di Piacenza, - eran così
buoni, i salami che ho mangiato da piccolo, che non posso credere che
da nessuna parte nel mondo se ne faccian di più buoni.» Ecco.
Dopo forse son io, forse è la mia famiglia, forse è la mia
educazione, ma secondo me, Parma, non so, io ho l'impressione che
Parma è una città dove, quand'ero piccolo io, negli anni sessanta e
settanta, non succedeva niente.
C'era come una bolla che teneva tutto sotto controllo, come se
l'aria, a Parma, fosse più rarefatta, come se a Parma, le cose, andassero
più lentamente che nel resto del mondo e noi, che abitavamo a Parma,
era come se pensassimo che le cose che succedevano a Parma, le
poteva capire solo uno di Parma.
Cioè, non è neanche che lo pensassimo, era evidente.
Che quelli che non eran di Parma, cosa vuoi che capissero, di
Parma? Quando facevan dei film ambientati a Parma, per dire, ai
parmigiani li facevano parlare in bolognese, ma si può? Come se
Parma e Bologna fossero la stessa cosa, ma scherziamo? Nell'ottocento
c'erano due frontiere, tra Parma e Bologna, eran due stati che non
confinavan neanche e Parma, tra l'altro, era capitale, Bologna no,
pensavamo a Parma negli anni sessanta e settanta e qualcuno, a
Parma, lo pensa ancora.
Che noi parmigiani, delle volte, in Emilia, la gente nel mondo è
abituata a pensare che in Emilia la città principale è Bologna, ecco noi
a Parma non è che siamo proprio tutti d'accordo. Un po' perché a noi,
a Parma, essere i primi è una cosa che ci sembra che ci vien naturale:
si dice Parmigiano Reggiano, non Reggiano Parmigiano, e non
potrebbe essere altrimenti, sembra a noi parmigiani. E nel 1545,
quando il papa Paolo III crea, per suo figlio Pier Luigi, un ducato, lo
chiama ducato di Parma e Piacenza, non ducato di Piacenza e di
Parma, e non potrebbe essere altrimenti, sembra a noi parmigiani. E
recenti studi, pubblicati sulla stampa parmigiana, attestano senza
ombra di dubbio che il più antico giornale d'Italia è la «Gazzetta di
Parma», non la «Gazzetta di Mantova», e non potrebbe essere
altrimenti, pensiamo noi parmi giani. E la prima radio libera italiana,
quale può essere stata, se non Radio Parma? Che per Radio Parma, tra
l'altro, qualche anno fa, hanno detto per radio che erano stati scoperti
degli antichissimi documenti che avrebbero dimostrato che la più
antica università del mondo non era, come si era pensato,
erroneamente, fino ad allora, l'università di Bologna, o quella di Parigi,
no, era quella di Parma. Noi parmigiani, io, per esempio, come
parmigiano, il prosciutto San Daniele io non so neanche se esiste. Fan
dei prosciutti, a San Daniele? Con quel freddo lì che c'è là in Friuli? Ma
saran buoni?.
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