Il compagno prescelto – Grace Goodwin

SINTESI DEL LIBRO:
Avevo la mente annebbiata, come se mi fossi appena svegliata o avessi
avuto troppo alcol in circolo. Ma la nebbia fu presto diradata dalla
percezione. Ero nuda e piegata in avanti sopra una specie di panca dura. I
miei seni ondeggiavano sotto di me a ogni poderosa spinta che un uomo
mi assestava dentro con il suo cazzo. Il calore che si espandeva lungo il
mio corpo mi fece gemere e chiusi gli occhi per gustare la sensazione della
mia fica che si serrava e pulsava attorno al suo affare lungo e grosso. Stava
in piedi dietro di me, ed io desideravo vedere il suo volto per sapere chi
potesse essere a darmi così tanto piacere.
“Sembra che le piaccia essere scopata in questo modo. Alla maggior
parte non piace stare china e bloccata su un supporto.” Una profonda
voce maschile parlò da qualche parte dietro di me, ma ero troppo distratta
dal cazzo che scivolava bruscamente dentro e fuori dal mio corpo per
guardare. Non era l’uomo che mi stava scopando, per cui non contava
nulla per me. Nulla. Solo il mio padrone aveva importanza.
Padrone? Da dove era venuto quel pensiero?
“Sì, la sua fica è incredibilmente stretta e bagnata. Ti piace essere
presa così, gara?” La seconda voce era ancora più profonda e veniva da
dietro di me, direttamente dietro.
Mi fece una domanda, ma tutto quello che potei fare fu gemere per
quanto incredibilmente mi stesse spalancando. Non ero mai stata trafitta
da un cazzo di queste dimensioni. Ad ogni colpo dei suoi fianchi contro il
mio culo sentivo quel duro calore penetrarmi fino in fondo. Il suono di
pelle contro pelle e della mia umidità che gli facilitava il passaggio
riempiva la stanza. Cambiò angolazione, con la cappella dura che
strofinava da qualche parte in fondo a me, ed io mi misi a piagnucolare. Il
suo cazzo era come un’arma, uno strumento che io non potevo
combattere.
Com’ero finita qui? L’ultima cosa che ricordavo era che mi trovavo
sulla terra, al centro di smistamento.
Ora ero legata a una specie di panca a quattro gambe, con le caviglie
legate a un lato e le mani strette in delle piccole maniglie attaccate
all’altro. Era abbastanza stretta da far penzolare i miei seni fuori, con
qualcosa che non riuscivo a vedere che mi tirava i capezzoli. La
combinazione di piacere e dolore era come corrente elettrica inviata
direttamente al mio clitoride, e la sensazione acuta mi faceva sussultare.
Ad ogni spinta profonda il mio clitoride strofinava contro qualcosa di
duro sotto di me, qualcosa che si muoveva con me mentre il suo cazzo mi
martellava dentro. Le vibrazioni sotto il mio clitoride fecero crescere un
orgasmo, fino a che non lo sentii come una bomba ad orologeria che
ticchettava. La mia pelle si stava imperlando di sudore. Mi avvinghiai alla
panca come se fosse l’unica cosa che mi impediva di volare via. Non ero
completamente sicura che sarei sopravvissuta all’esplosione.
“Mi sta strizzando il cazzo” grugnì l’uomo, e i suoi movimenti
divennero meno metodici, come se stesse perdendo la battaglia contro il
suo bisogno primordiale di lacerarmi fino in fondo.
“Bene. Falla venire intensamente, così si rilasserà ed accetterà il tuo
seme. Dovresti essere in grado di fecondarla senza ritardi.”
Fecondarla?
Aprii la bocca per chiedere di cosa stessero parlando, ma quel cazzo
enorme mi sbatté dentro e una mano calda mi si appoggiò dietro al collo
tenendomi giù, sebbene non potessi andare da nessuna parte. Lo percepii
come un gesto simbolico, che significava che ero sotto il suo controllo e
che non avrei potuto fare niente. Avrei dovuto urlare o lottare, ma la
mano agiva come se spegnesse un interruttore, ed io restai completamente
ferma, bramosa del suo prossimo affondo.
Questo momento, quest’uomo… era sicuramente un sogno. Non avrei
mai fatto sesso mentre qualcun altro guardava. Non avrei mai permesso di
farmi legare e bloccare in questo modo. Mai. Non poteva essere reale.
Non avrei tollerato questo infimo trattamento. Ero un medico, una
guaritrice. Altamente rispettata e non senza motivo. Ero una donna con
un certo potere. Non mi sarei mai sottomessa a questo…
Come per deridermi, mi sbatté con ancora più forza ed una mano
forzuta atterrò violentemente sulle mie natiche nude. Il bruciore si diffuse
come burro caldo che si scioglieva sulla mia carne, con il calore che
viaggiava direttamente verso il mio clitoride. Mi sculacciò ancora ed io
strinsi i denti per trattenere un urlo di piacere.
Cosa mi stava succedendo? Mi piaceva essere sculacciata?
Un altro schiaffo sonante, un’altra fitta di dolore, con le lacrime che mi
scendevano dagli occhi, mentre lottavo per mantenere la mia
compostezza. Ero una professionista. Non mi sarei mai arresa al panico o
alla pressione. O al piacere. Non avevo mai perso il controllo.
Appellandomi ad anni di allenamento e disciplina, costrinsi la mia
mente a prendere nota dell’ambiente circostante. Non riconoscevo nulla,
né le soffuse luci ambrate, gli spessi tappeti sul pavimento, i curiosi muri
color sabbia, né il profumo di mandorle e di qualcosa di stranamente
esotico che sprigionava la mia pelle stessa. Il riflesso luminoso della mia
carne normalmente pallida faceva pensare che fosse stata strofinata con
dell’olio profumato. Quel profumo – e l’odore muschiato del sesso – mi
f
luttuavano attorno nell’aria calda.
La confusione mi riempiva la testa e non riuscivo a concentrarmi sulla
stanza o a capire come fossi finita lì, perché ad ogni respiro affannoso un
cazzo durissimo mi riempiva, al limite del dolore, abbastanza al limite che
la percezione di esso non faceva altro che aggiungersi alle sensazioni che
mi affollavano il corpo e la mente. Ero consumata dal piacere. Tutta la mia
consapevolezza si ritirò fino a che non ci fu altro che la pressione della mia
pelle contro la panca, la mano sul collo che mi teneva ferma come se fossi
un gatto appagato, l’oscillazione di quelli che sembravano piccoli pesi
attaccati ai miei capezzoli e la mia fica aggrappata al cazzo che mi
riempiva, mi reclamava. Mi possedeva.
Il sesso non era mai stato così bello con nessuno degli uomini con cui
ero stata. Non riuscivo a vedere chi mi stesse scopando, ma non c’era
dubbio che fosse un uomo.
La presa sul mio collo svanì ed io sentii due grandi mani sui miei
f
ianchi nudi, i polpastrelli che pressavano sulla mia carne rotonda. Dal
momento che non potevo vedere nessun uomo, doveva per forza trattarsi
di un sogno. E non volevo che finisse. Avevo così bisogno di venire che
ero pronta a pregare per del sollievo.
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