I numeri magici di Fibonacci – Keith Devlin

SINTESI DEL LIBRO:
Provate a immaginare come sarebbe un giorno senza numeri. Anzi,
no: non c’è neppure bisogno di prendere una giornata intera, basta
anche solo la prima ora. Niente sveglia, niente orologi, niente data,
niente tv o radio, niente resoconti del mercato azionario o risultati
sportivi sui giornali, nessun conto in banca da controllare. E, a dire
il
vero, non è neppure ben chiaro dove vi alzereste in questa
ipotetica mattina, dato che senza i numeri le case moderne non
potrebbero esistere.
Il fatto è che le nostre vite dipendono totalmente dai numeri.
Magari la vostra testa non sarà portata per le cifre, ma di certo ne è
comunque piena. La maggior parte delle cose che fate ogni giorno
dipendono dai numeri e ne sono condizionate; in alcuni casi – come
quelli citati sopra – ciò è del tutto evidente, mentre in altri i numeri
governano le nostre vite restando dietro le quinte. Quanto la nostra
società moderna dipenda da tutta una serie di numeri a noi ignoti è
emerso nel modo più esplicito con la crisi nanziaria mondiale del
2008, quando l’eccessiva ducia nella matematica avanzata delle
previsioni sui futures e del mercato del credito ha condotto a un
collasso generale del sistema nanziario globale.
Come mai gli uomini (come specie e come società ) hanno
acquisito una tale familiarità con queste astrazioni – inventate dai
nostri antenati solo qualche migliaio di anni fa – no a diventarne
completamente dipendenti? Da matematico mi sono posto per anni
questa domanda, ma per la maggior parte della mia carriera di
professore universitario la spinta a fare nuove scoperte e a insegnare
la matematica alle giovani generazioni di studenti non mi ha
lasciato abbastanza tempo per cercare una risposta. Tuttavia, col
passare degli anni e con l’inevitabile consapevolezza che la mia
originalità iniziava lentamente ad a evolirsi (un processo che per la
maggior parte dei matematici comincia attorno ai quarant’anni, cosa
che accomuna questa materia a molte attività sportive), ho iniziato
a dedicare più tempo allo studio delle origini di quella disciplina
che ho imparato ad amare con passione n da quando, più o meno
sedicenne, sono passato dal «Com’è noiosa!» al «È incredibilmente
bella!».
La ricostruzione della storia dei numeri è stata per lo più facile. Il
sistema che oggi adottiamo per scrivere i numeri e fare aritmetica
(in cui tutti i numeri sono espressi usando soltanto le dieci cifre 0, 1,
2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e vengono quindi sommati, sottratti, moltiplicati
e
divisi secondo quelle procedure che abbiamo imparato alle
elementari – colonne delle unità , delle decine e delle centinaia,
riporti eccetera) risale alla seconda metà del I millennio d.C. ed è
noto come il sistema indo-arabico, un nome che ri ette la sua storia.
Prima del XIII secolo, però, in Europa questo sistema era
conosciuto quasi soltanto dagli studiosi, che se ne servivano
esclusivamente per fare matematica: i mercanti, da parte loro,
registravano i loro dati numerici in cifre romane e, per fare i calcoli,
usavano un abaco meccanico o ricorrevano a un procedimento
molto di uso – e piuttosto complesso – basato sull’impiego delle
dita. La situazione iniziò a cambiare poco dopo il 1202, l’anno in cui
un giovane italiano, Leonardo da Pisa (al quale uno storico, secoli
dopo, avrebbe dato il soprannome di «Fibonacci»), terminò di
scrivere il primo libro di aritmetica generale dell’Occidente, il Liber
abbaci, che spiegava i «nuovi» metodi di calcolo in termini
comprensibili alla gente comune (non solo scolari, ma anche
mercanti e uomini d’a ari).A Diversi altri testi hanno in uito sullo
sviluppo dell’Europa occidentale moderna, ma l’impatto di
Leonardo, attraverso il suo Liber abbaci, è stato di gran lunga quello
più signi cativo.
Leonardo era venuto a conoscenza del sistema numerico indo
arabico e di altre nozioni sviluppate da matematici arabi e indianiB
quando da ragazzo, attorno al 1185, suo padre lo aveva portato con
sé nel porto nord-africano di Bugia (oggi Béjaïa, in Algeria), dove si
era trasferito da Pisa per lavorare come rappresentante commerciale
e funzionario della dogana. Anni dopo, il libro di Leonardo sarebbe
stato un ponte che avrebbe permesso all’aritmetica moderna di
attraversare il Mediterraneo e che avrebbe unito le culture
matematiche dell’Europa e del mondo arabo, insegnando
all’Occidente quel pensiero algebrico che forma le basi della scienza
e dell’ingegneria moderne (le notazioni algebriche che oggi ci sono
familiari, però, sarebbero giunte molto più tardi).
L’opera di Leonardo fu rivoluzionaria almeno quanto quella di
quei pionieri dell’informatica di massa che, negli anni Ottanta,
hanno portato i computer fuori dalla stretta nicchia di «specialisti»
da cui erano utilizzati e li hanno resi accessibili a tutti. Come in
quest’ultimo caso, anche il merito dell’invenzione e dello sviluppo
dei metodi descritti da Leonardo nel Liber abbaci va ad altre persone
(in particolare, agli studiosi indiani e arabi che li avevano messi a
punto nel corso dei secoli); il suo ruolo fu quello di «impacchettarli»
e «venderli» al mondo.
La comparsa del libro di Leonardo non solo preparò la scena per
lo sviluppo dell’algebra (simbolica) moderna – e, quindi, della
moderna matematica – ma segnò anche la nascita del sistema
nanziario moderno e di quel modo di fare a ari che ricorre a
metodi bancari so sticati. Per esempio, il professor William N.
Goetzmann della Yale School of Management, un esperto di
economia e nanza, vede in Leonardo il primo teorizzatore di una
primitiva forma di analisi del valore attuale, un metodo per
confrontare i valori economici relativi di diversi ussi di pagamenti
tenendo conto del valore del denaro nel tempo. La riduzione
matematica di tutti i ussi di cassa a un singolo punto nel tempo
consente all’investitore di decidere qual è l’alternativa migliore; e la
versione moderna del criterio del Valore Attuale, sviluppata
dall’economista Irving Fisher nel 1930, viene oggi usata
praticamente da tutte le grandi compagnie nel processo di
piani cazione delle spese in conto capitale.1
L’unico pezzo mancante nella storia dei numeri era una
presentazione della vita di Leonardo e, fatti salvi alcuni articoli
eruditi, della natura del suo libro. La storia lo ha relegato a qualche
sporadica nota a piè di pagina; di fatto, oggi il suo nome è noto
soprattutto in rapporto ai numeri di Fibonacci, una sequenza
numerica nata dalla soluzione del Problema dei conigli,C una delle
tante s de un po’ bizzarre inserite nel Liber abbaci per rompere il
tedio delle centinaia di problemi pratici che dominano il testo.
Il disinteresse nei confronti della gura di Leonardo – di contro
all’attenzione mostrata verso altri personaggi di pari rilevanza, come
Copernico, Galileo e Keplero – è forse in parte dovuto al fatto che la
maggior parte dei profani sembra ritenere che la scienza sia più
importante della matematica, che abbia una nalità più alta.
Un’altra ragione per cui Leonardo è stato trascurato dai suoi
posteri è forse che l’insegnamento dell’aritmetica moderna ha
portato nella società un cambiamento così radicale e pervasivo che,
nel giro di poche generazioni, la gente ha iniziato a prenderlo
semplicemente come qualcosa di naturale, di scontato: non ci si
rendeva più conto della grandezza della rivoluzione che aveva
trasformato questi metodi da un oscuro oggetto di interesse
accademico a uno strumento concettuale d’uso quotidiano. In
confronto alle conclusioni di Copernico sulla posizione della Terra
nel sistema solare, o alla scoperta di Galileo del pendolo come base
per la misurazione del tempo, la moltiplicazione di 193 per 27
insegnata da Leonardo mancava semplicemente di drammaticità .
Il
relativo disinteresse verso la gura di Leonardo è stato
comunque senza dubbio causato anche da altri due fattori: sono
rimaste pochissime informazioni scritte riguardo alla sua vita, cosa
che scoraggiava i biogra , e veniva considerato più un venditore
dell’aritmetica moderna che non il suo inventore. I progressi
matematici da lui descritti nel Liber abbaci erano stati messi a punto
da altri, e altri autori avevano già scritto dei libri che trattavano
quelle idee matematiche. Tendenzialmente, nel mondo della
biogra a scienti ca la gloria va all’inventore. Tuttavia le invenzioni– un’idea, una teoria, un processo, una tecnologia – devono essere
rese accessibili al mondo. Il personal computer su cui scrivo queste
parole – con le sue familiari nestre, il cursore controllato dal
mouse e tutte le altre cose – è stato inventato negli anni Settanta da
alcuni gruppi di brillanti ricercatori dello Stanford Research
Institute e dello Xerox Palo Alto Research Center, ma sono poi stati
dei pionieri dell’imprenditoria informatica a farlo arrivare in ogni
casa. La rivoluzione dei computer sarebbe senz’altro avvenuta
comunque, così come avremmo scoperto il moto dei pianeti e la
gravità anche se Keplero e Newton non fossero mai esistiti; tuttavia,
personaggi come Steve Jobs e Bill Gates saranno sempre associati al
successo dei personal computer e, in questo stesso senso, Leonardo
dovrebbe essere associato all’ascesa della matematica moderna.
Il valore aggiunto da Leonardo alla matematica che aveva appreso a
Bugia e durante i suoi successivi viaggi in Nord Africa consisteva
nell’organizzazione
sistematica
dei
materiali,
nell’ampia
comprensione di tutti i metodi conosciuti e nel grande talento
espositivo nel presentare la materia in modo da renderla accessibile
(e accattivante) ai commercianti, le persone alle quali il Liber abbaci
era chiaramente destinato. Certo, Leonardo era senza dubbio un
matematico molto competente – di fatto, uno dei più grandi
dell’antichità medievale –, ma solo nei suoi scritti successivi alla
prima edizione del Liber abbaci avrebbe dato un’indiscutibile prova
delle sue capacità matematiche.
In seguito alla comparsa del Liber abbaci, l’insegnamento della
matematica acquistò un’enorme popolarità in tutta Italia: nel corso
dei tre secoli successivi vennero prodotti mille o più testi
manoscritti di aritmetica. Inoltre la pubblicazione del libro, assieme
a quella di diverse altre sue opere, fece sì che Leonardo diventasse
famoso in tutta la penisola e gli garantì un’udienza presso il sacro
romano imperatore Federico II. Dato che gli scritti del pisano (e i
commentari alle sue opere) continuavano a circolare a Firenze
ancora nel XIV secolo, possiamo concludere che la sua eredità si
conservò per molto tempo dopo la sua morte. In seguito, tuttavia,
sembra che il nome di Leonardo sia caduto improvvisamente
nell’oblio. La ragione va ricercata nell’invenzione, nel XV secolo,
della stampa a caratteri mobili.
Data la rapidità con cui il mondo mercantile italiano aveva
adottato la nuova aritmetica, non c’è da stupirsi che il primo testo
matematico stampato in Italia sia stato proprio un manuale di
cinquantadue pagine dedicato all’aritmetica commerciale: un’opera
anonima, priva di titolo, oggi conosciuta come l’Aritmetica di Treviso
(dal nome della città dove venne pubblicata, il 10 dicembre 1478).
Pochi anni dopo, Piero Borghi pubblicò un testo di aritmetica più
lungo ed esaustivo, stampato a Venezia nel 1484, che divenne un
vero e proprio bestseller, con quindici ristampe (due nel
Quattrocento e l’ultima nel 1564). Un altro manuale, Pitagora
aritmetice introductor di Filippo Calandri, venne stampato a Firenze
nel 1491; e, poco tempo dopo, fu dato alle stampe un manoscritto
composto nel 1463 dal maestro di Leonardo da Vinci, Benedetto da
Firenze. Questi primi manuali stampati di aritmetica vennero presto
seguiti da molti altri.
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