Gatto & topo – James Patterson

SINTESI DEL LIBRO:
La casa di Cross era a una ventina
di passi da lui. Gary Soneji si
sentiva formicolare la pelle al solo
vederla, così vicina. Era un edificio
in stile vittoriano con le tegole
bianche, molto ben tenuto. Mentre lo
osservava, dall'altro lato della 5th
Street, Soneji scoprì lentamente i
denti in un ghigno che avrebbe
potuto passare per un sorriso.
Perfetto. Era lì per uccidere Alex
Cross e la sua famiglia.
Il suo sguardo si spostò da una
finestra all'altra, cogliendo ogni
dettaglio: le tendine immacolate di
pizzo bianco, il vecchio piano di
Cross in veranda, un aquilone col
disegno di Batman e Robin
impigliato nella gronda sul tetto.
L'aquilone di Damon, pensò.
Per ben due volte vide l'anziana
nonna di Cross passare lentamente
dietro una delle finestre del piano
terra. La lunga, inutile vita di Nana
Mama sarebbe presto finita. Questo
pensiero lo fece sentire molto, molto
meglio. Assapora ogni momento...
fermati a odorare le rose, ricordò a
se stesso. Gusta le rose, mangia le
rose di Alex Cross... fiore, stelo e
spine.
Alla fine attraversò la strada,
facendo attenzione a restare
nell'ombra, e scomparve nel folto
degli alberi di tasso e delle siepi di
forsizia che facevano da sentinelle
lungo la facciata della casa.
Avanzò con cautela fino a una
porticina dipinta di bianco che si
apriva di fianco alla veranda,
attaccata alla cucina. La porta, che
conduceva in cantina, era chiusa con
un lucchetto Master, ma lui la aprì in
pochi secondi.
Era in casa di Cross!
Era nella sua cantina: una cantina è
ricca d'indizi per chi li sa cogliere.
Una cantina vale più di mille parole.
Più di mille foto della scientifica.
Era importante per tutto quello che
sarebbe accaduto nell'immediato
futuro. L'omicidio dei Cross!
Non c'erano grosse finestre, ma
Soneji decise di non correre rischi e
rinunciò ad accendere la luce.
Accese, invece, una torcia Maglite.
Giusto per guardarsi intorno,
scoprire qualcosa di più su Cross e
sulla sua famiglia, e alimentare
ulteriormente il proprio odio, se
possibile.
Il pavimento della cantina era stato
spazzato con cura, come aveva
immaginato. Gli attrezzi di Cross
erano appesi a casaccio a un
pannello di masonite. Attaccato a un
gancio c'era un berretto tutto
macchiato con la scritta
GEORGETOWN. Soneji non seppe
resistere: se lo mise in testa.
Fece correre le mani sulla
biancheria piegata e posata su un
lungo tavolo di legno. Ora si sentiva
davvero vicino alla famiglia
condannata. La disprezzava più che
mai. Tastò le coppe del reggipetto
della vecchia. Toccò le mutande del
ragazzo. Si sentiva un depravato, e
gli piaceva da morire.
Prese una piccola felpa rossa con
la figura di una renna. A giudicare
dalla misura, doveva essere della
bambina di Cross, Jannie. Se
l'avvicinò al viso e cercò di cogliere
l'odore della ragazzina. Immaginò
l'omicidio di Jannie e si augurò solo
che anche Cross potesse assistervi.
Vide un paio di guantoni da boxe
Everlast e un paio di scarpette nere
della Pony appesi a un gancio vicino
a un vecchio, logoro punching ball.
Erano del figlio di Cross, Damon,
che ora doveva avere nove anni.
Gary Soneji decise che gli avrebbe
sfondato il cuore con un pugno.
Alla fine spense la torcia e rimase
seduto, tutto solo nel buio. Anni
prima era stato un famoso rapitore e
assassino. Sarebbe accaduto di
nuovo. Avrebbe colpito con una
violenza tale da lasciare tutti
sbalorditi.
Intrecciò le mani in grembo e
sospirò. Aveva intessuto la sua
ragnatela alla perfezione.
Ben presto Alex Cross sarebbe
morto e, con lui, sarebbero morti
tutti quelli che amava.
2
Londra
Il killer che stava seminando il
terrore in Europa si chiamava Mr.
Smith; nessun nome di battesimo,
soltanto il cognome. Glielo avevano
affibbiato i giornali di Boston, e da
allora era stato diligentemente
adottato dalle polizie di mezzo
mondo. Lui l'aveva accettato, come i
bambini accettano il nome dato loro
dai genitori, anche se volgare,
stravagante o banale.
Mr. Smith. E sia.
A dire il vero, aveva una vera
mania per i nomi. Ne era
ossessionato. I nomi delle sue
vittime erano incisi a fuoco nella sua
mente, come pure nel suo cuore.
Anzitutto, c'era Isabella Calais. Poi
venivano Stephanie Michaela Apt,
Ursula Davies, Robert Michael
Neel, e molti altri ancora.
Era in grado di recitare la lista dei
nomi completi in avanti e
all'indietro, come se li avesse
memorizzati per un quiz di storia o
un bizzarro gioco d'intelligenza. E
proprio questo era il punto... Quella
caccia era un gioco d'intelligenza al
quale non l'avrebbero battuto mai.
Fino a quel momento sembrava
che nessuno l'avesse capito, che
nessuno ci fosse arrivato, neppure il
mitico FBI, né la tanto decantata
Interpol, né Scotland Yard, o le forze
di polizia delle città in cui erano stati
commessi gli omicidi.
Nessuno comprendeva il disegno
segreto che stava dietro la scelta
delle vittime, un disegno cominciato
con Isabella Calais a Cambridge, nel
Massachusetts, il 22 marzo del 1993,
e che continuava oggi a Londra.
La vittima attuale era Drew Cabot.
Era ispettore capo... Di tutte le cose
irrimediabilmente insensate che uno
poteva fare nella vita...
A Londra tutti parlavano di lui,
perché di recente aveva arrestato un
terrorista dell'IRA. Il suo omicidio
avrebbe elettrizzato Londra,
sarebbero impazziti tutti. I civilizzati
e sofisticati londinesi sapevano
apprezzare un assassinio efferato
quanto gli abitanti di una qualsiasi
altra città .
Quel pomeriggio Mr. Smith
operava nell'elegante, esclusivo
quartiere di Knightsbridge. Si
trovava lì per studiare la razza
umana; così lo presentavano i
giornali. I giornalisti, a Londra e in
Europa, lo chiamavano anche con un
altro nome: l'Alieno. La teoria più
diffusa era che Mr. Smith fosse un
extraterrestre. Nessun essere umano
avrebbe mai potuto fare quello che
faceva lui. Almeno, così dicevano.
Mr. Smith si chinò a parlare
all'orecchio di Drew Cabot, per
instaurare una maggiore intimità con
la sua preda. Quando lavorava
metteva sempre un po' di musica...
musica di ogni genere. Quel giorno
aveva scelto l'ouverture del Don
Giovanni. L'opera buffa gli
sembrava adatta.
La lirica era perfetta per
quell'autopsia dal vivo.
«Dieci minuti dopo la tua morte,
minuto più minuto meno, le mosche
avranno già fiutato l'odore del gas
che accompagna la decomposizione
dei tessuti. I mosconi deporranno
minuscole uova all'interno degli
orifizi del tuo corpo.»
Drew Cabot aveva perso
moltissimo sangue, ma non aveva
intenzione di mollare. Era un uomo
alto e forte, coi capelli biondo
argento. Uno di quelli che non si
arrendono. L'ispettore scosse la testa
avanti e indietro finché Smith non
gli tolse il bavaglio.
«Che cosa c'è, Drew?» gli chiese.
«Dimmi.»
«Ho moglie e due figli. Perché mi
stai facendo questo? Perché proprio
a me?» domandò in un sussurro.
«Oh, diciamo perché tu sei Drew.
Non complichiamoci la vita,
lasciamo perdere i sentimentalismi.
Tu, Drew, sei una tessera del
puzzle.»
Gli rimise a posto il bavaglio.
Basta chiacchiere per Drew.
Mentre eseguiva le successive
incisioni al suono del Don Giovanni,
Mr. Smith continuò le sue
riflessioni.
«Quando si avvicina il momento
della morte, il respiro si fa
affannoso, intermittente.
Esattamente quello che senti in
questo momento, come se ogni
respiro fosse l'ultimo. L'arresto
cardiaco arriverà nel giro di due o
tre minuti», sussurrò Mr. Smith,
sussurrò l'Alieno. «La tua vita finirà .
Posso essere il primo a
congratularmi con te? Davvero,
Drew, sono sincero. Che tu ci creda
o no, io ti invidio. Vorrei tanto essere
io, Drew.»
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