Come diventare ricchi sfondati nell’Asia emergente – Mohsin Hamid

SINTESI DEL LIBRO:
Senti, a meno che tu non ne stia scrivendo uno, un libro di autoaiuto è un
ossimoro. Se leggi un libro di autoaiuto è per farti aiutare da uno che non sei
tu, ovverosia l’autore. Questo vale per l’intero genere dell’autoaiuto. Vale per
i manuali di istruzioni, ad esempio. E vale per i libri sulla crescita personale.
Secondo alcuni vale anche per i libri di religione. Ma secondo altri chi dice
cosà dovrebbe essere inchiodato a terra e lasciato là a dissanguarsi pian piano
con la gola squarciata. Perciò, riguardo a tale sottocategoria, è piú saggio
limitarsi a constatare una divergenza di vedute e passare rapidamente oltre.
Quanto sopra non signi ca che i libri di autoaiuto siano inutili. Al
contrario, possono essere molto utili. Però signi ca che nell’ambito
dell’autoaiuto il concetto di auto- ha qualcosa di indo, di scivoloso. E
scivolare può essere positivo. Scivolare può essere piacevole. Scivolare
signi ca entrare senza attrito, altrimenti sarebbe ben piú sgradevole.
Questo libro è un libro di autoaiuto. Il suo scopo, come dice il titolo, è
mostrarti come diventare ricco sfondato nell’Asia emergente. E per far
questo deve venirti a cercare, una mattina fredda e umida di rugiada,
rannicchiato e tremante sulla terra battuta sotto la branda di tua madre. La
tua angoscia è l’angoscia di un bambino il cui cioccolato è stato buttato via, i
cui telecomandi hanno le batterie scariche, il cui monopattino è rotto, le cui
scarpe da ginnastica nuove sono state rubate. Cosa ancor piú notevole
perché in vita tua non hai mai visto nessuna di queste cose.
Il bianco dei tuoi occhi è giallo, una conseguenza del vertiginoso tasso di
bilirubina che hai nel sangue. Il virus che hai contratto si chiama epatite E.
Solitamente trasmesso per via oro-fecale. Mmm, che delizia. Uccide solo
una persona su cinquanta, perciò è probabile che tu guarisca. Ora come ora,
però, ti senti in punto di morte.
Tua madre si è trovata molte volte in questa situazione, o comunque in
situazioni simili. Quindi forse non pensa che sei in punto di morte. O forse
invece sÃ. Forse lo teme. Tutti sono destinati a morire e, quando una madre
come la tua vede nel suo terzogenito il dolore che ti fa piagnucolare sotto la
sua branda nel modo in cui stai piagnucolando tu, forse sente la tua morte
arrivare in anticipo di qualche decennio, si toglie il velo scuro e polveroso
con un gesto intimo, i capelli scoperti e un sorriso lascivo, ricorre a questo,
nell’unica stanza con le pareti di fango dove vive insieme a tutti i gli
sopravvissuti.
Quel che dice è: – Non lasciarci qui.
Tuo padre l’ha già sentita, questa sua richiesta. Il che però non lo rende
del tutto insensibile. È un uomo dai voraci appetiti sessuali, e quando è via
pensa spesso ai seni pesanti e alle cosce sode e generose di tua madre, e
desidererebbe ancora penetrarla ogni notte, invece che solo le tre o quattro
volte all’anno in cui vi viene a trovare. Apprezza anche il suo senso
dell’umorismo insolitamente salace, e talvolta anche la sua compagnia. E,
sebbene non sia uso alle dimostrazioni d’affetto nei confronti dei gli, gli
piacerebbe veder crescere te, tuo fratello e tua sorella. Del resto suo padre
traeva un gran piacere dai quotidiani progressi delle colture nei campi, e in
questo, almeno nei limiti in cui l’agricoltura può essere paragonata alla
maturazione dei bambini, i due uomini si somigliano.
Lui dice: – Non mi posso permettere di portarvi in città .– Possiamo stare con te negli alloggi.– In stanza con me c’è l’autista. È uno stronzo che si masturba, fuma in
continuazione e scoreggia. Negli alloggi non ci sono famiglie.– Adesso ne guadagni diecimila. Non sei povero.– In città con diecimila sei povero.
Si alza ed esce. Lo segui con gli occhi, i sandali di cuoio slacciati dietro, i
lacci che svolazzano, i talloni callosi, screpolati, duri come il guscio di un
crostaceo. Varca la soglia ed esce nel cortile al centro del compound della
tua famiglia allargata. Difficile che si trattenga là a contemplare l’unico albero
ombroso, che d’estate offre conforto, ma adesso, in primavera, è ancora
spoglio e ispido. Piú probabile che esca dal compound e si spinga no al
dosso dietro cui va di solito a defecare, acquattandosi e spingendo forte per
espellere il contenuto del colon. Può darsi che sia solo, può darsi di no.
A anco del dosso c’è un imponente canale di scolo, profondo quanto è
alto un uomo, e sul fondo del canale scorre appena un rivolo d’acqua. In
questa stagione le due cose fanno contrasto, come un recluso scheletrico di
un campo di concentramento con addosso la casacca di un pasticcere obeso.
Solo per un breve momento, durante il monsone, il canale si riempie quasi
del tutto, e anche questo succede meno che in passato, a causa della sempre
maggiore variabilità delle correnti atmosferiche.
Le persone del tuo villaggio fanno i propri bisogni a valle del posto dove
lavano i vestiti, che a sua volta si trova a valle di dove bevono. Un po’ piú a
monte, nel villaggio prima del tuo, fanno la stessa cosa. Ancora piú a monte,
dove sgorga dalle colline sotto forma di torrente talvolta in piena, l’acqua
viene in parte sfruttata per i processi produttivi di un vecchio stabilimento
tessile rugginoso e sottodimensionato, e in parte funge da scarico per il
fetido de usso grigio che ne fuoriesce.
Tuo padre fa il cuoco ma, sebbene sia abbastanza bravo nel suo mestiere e
provenga dalla campagna, non è che badi tanto alla freschezza o alla qualitÃ
degli ingredienti. Per lui cucinare è una questione di spezie e olio. Il suo cibo
brucia la lingua e ostruisce le arterie. Quando qui si guarda intorno, non
vede foglie spinose e piccole bacche irsute per comporre un’insalata estrosa,
spighe di grano dorate per una paradisiaca sfoglia di pane di frumento
macinato a pietra cotta sulla piastra. Vede piuttosto singole unità di una
fatica che spacca la schiena. Vede ore e giorni e settimane e anni. Vede le
sfacchinate per mezzo delle quali i contadini scambiano la propria quota di
tempo in questo mondo con un’altra quota di tempo in questo mondo. Qui,
nel profumo inebriante della dispensa della natura, tuo padre sente puzza di
mortalità .
Quasi tutti gli uomini del villaggio che adesso vivono in città tornano per
la mietitura. Ma adesso è ancora troppo presto. Tuo padre è qui in ferie.
Nondimeno capita che passi le mattinate insieme ai fratelli a tagliare erba e
trifoglio per il foraggio. Anche in questo caso si acquatterà , ma questa volta
col falcetto in mano, ripetendo all’innito i soliti movimenti – agguanta
taglia-molla-avanza – nché il sole continuerà a percorrere la sua parabola
ascendente nel cielo.
Al suo anco, un’unica strada sterrata solca i campi. Se il padrone e i suoi
gli dovessero transitare a bordo del loro SUV, tuo padre e i suoi fratelli si
porterebbero le mani alla fronte, si chinerebbero di piú e distoglierebbero gli
occhi. Da queste parti incrociare lo sguardo di un padrone è un rischio, da
secoli, forse dal principio della storia. Di recente alcuni uomini hanno
cominciato a farlo. Ma loro hanno la barba e si guadagnano da vivere nei
collegi religiosi. Camminano a testa alta e petto in fuori. Tuo padre non è
uno di loro. Anzi, quegli uomini non gli piacciono cosà come non gli
piacciono i padroni, e per gli stessi motivi. Li trova dispotici e pigri.
Disteso sul anco con un orecchio sulla terra battuta, dalla tua
prospettiva ad altezza verme eretto osservi tua madre che segue tuo padre in
cortile. DÃ da mangiare alla bufala legata, gettando in una mangiatoia di
legno il foraggio tagliato il giorno prima misto a paglia, e mentre la bestia
mangia lei la munge, e gli schizzi di latte battono forte nel secchio di
lamiera. Quando ha nito, i bambini del compound, tuoi fratelli e cugini,
portano fuori a pascolare la bufala, il suo vitello e le capre. Senti il sibilo dei
rami scortecciati che tengono in mano, poi spariscono.
Poco dopo dal compound escono le tue zie, sulla testa vasi d’argilla per
l’acqua e in mano sapone e vestiti da lavare. Queste sono incombenze sociali.
Il compito di tua madre, invece, è solitario. Lei da sola, loro insieme. Non è
un caso. È acquattata come probabilmente è acquattato tuo padre, in mano
una ramazza senza manico invece del falcetto, e il suo spazza-spazza-avanza
non è molto diverso dai movimenti di lui. La posizione acquattata fa
risparmiare energie, è meglio per la schiena e dunque ergonomica, e non è
dolorosa. Ma dopo ore e giorni e settimane e anni la sua lieve scomoditÃ
echeggia nella mente come urla soffocate da una camera di tortura
sotterranea. La si può sopportare all’innito, purché non ci si faccia caso.
Tua madre pulisce il cortile sotto lo sguardo della suocera. La vecchia
siede all’ombra, un angolo dello scialle stretto fra le labbra, non per velare
seducenti attributi sici ma per celare la mancanza di denti, e la guarda con
implacabile disapprovazione. Nel compound tua madre è considerata
vanitosa, arrogante e testarda, e queste accuse le bruciano, perché sono tutte
vere. Tua nonna dice a tua madre che ha saltato un punto del cortile. Poiché
è sdentata e ha quella stoffa in bocca, le sue parole suonano come una specie
di sputo.
Tua madre e tua nonna si aspettano reciprocamente al varco. La piú
vecchia aspetta che la piú giovane invecchi, la piú giovane aspetta che la piú
vecchia muoia. È un gioco che per forza di cose vinceranno entrambe. Nel
frattempo, tua nonna quando può esibisce la propria autorità , e tua madre
esibisce il proprio vigore. Le altre donne del compound avrebbero paura di
tua madre, se non fosse per la rassicurante esistenza degli uomini. In una
società tutta femminile, con ogni probabilità tua madre diventerebbe regina,
uno scettro insanguinato in mano e crani sfondati sotto i piedi. Qui il
massimo che è riuscita a ottenere è che le vengano risparmiate gravi
provocazioni. Considerato quant’è lontana dal proprio villaggio, non è una
vittoria da poco.
Il non detto fra tua madre e tuo padre è che lui, con diecimila al mese,
potrebbe, seppure a stento, permettersi di portare in città tua madre e voi
bambini. Sarebbe dura, ma non impossibile. Al momento riesce a mandare
la maggior parte dello stipendio al villaggio, dove viene spartito fra tua
madre e il resto del clan. Se lei e voi bambini vi trasferiste da lui, il usso di
denaro si assottiglierebbe no a un rivolo, ingrossandosi come l’acqua nel
canale solo nei due mesi delle feste, quando esiste l’eventualità di una
grati ca, sempre che non ci siano debiti da saldare.
Osservi tua madre che taglia un lungo ravanello bianco e lo mette a
bollire sul fuoco. Il sole ha asciugato la rugiada e anche tu, che non stai bene,
non hai piú freddo. Però ti senti debole, e hai un dolore allo stomaco come
se un parassita ti stesse divorando dall’interno. Cosà non opponi resistenza
quando tua madre ti solleva la testa da terra e ti mette in bocca una
cucchiaiata di quel suo rimedio casalingo. Puzza di rutto, come i gas dalla
pancia di un uomo. Ti fa venire il voltastomaco. Ma dentro non hai niente
da vomitare, e lo bevi senza incidenti.
Dopo, mentre giaci immobile, bambino di campagna piccolo e itterico,
con il succo di ravanello che ti cola dall’angolo della bocca formando nel
terreno una piccola pozza di fango, forse diventare ricco sfondato ti sembra
al di là della tua portata. Ma abbi fede. Non sei inerme come sembra. Il tuo
momento sta per arrivare. SÃ, questo libro ti sta per offrire una scelta.
Il momento decisivo arriva qualche ora dopo. Il sole è tramontato e tua
madre ti ha trasferito sulla branda, dove giaci avvolto in una coperta anche
se la serata è mite. Gli uomini sono tornati dai campi, e la famiglia, tutti
eccetto te, ha mangiato insieme nel cortile. Oltre la soglia senti il gorgogliare
di un narghilé e vedi il bagliore dei tizzoni mentre uno dei tuoi zii aspira.
I tuoi genitori incombono su di te, e ti guardano. Domani tuo padre
tornerà in città . Sta pensando.– Starai bene? – ti chiede.
È la prima domanda che ti fa da quando è arrivato, forse la prima frase
che ti rivolge da mesi. Tu soffri e sei spaventato. Perciò la risposta
ovviamente è no.
Eppure dici: – SÃ.
E prendi in mano il tuo destino.
Tuo padre ri ette su quello che hai borbottato con voce rauca e annuisce.
Dice a tua madre: – È un bambino forte. Questo qui.
Lei dice: – È molto forte.
Non saprai mai se è stata la tua risposta a far cambiare a tuo padre la sua
risposta. Ma quella notte dice a tua madre di aver deciso che lei e voi gli lo
raggiungerete in città .
Suggellano il patto con il sesso. Nel villaggio l’accoppiamento è un atto
privato solo quando ha luogo nei campi. Fra quattro mura, nessuna coppia
ha una stanza tutta per sé. I tuoi genitori dividono la loro con tutt’e tre i gli
sopravvissuti. Ma è buio, perciò si vede poco. Inoltre, tua madre e tuo padre
rimangono quasi del tutto vestiti. In vita loro non si sono mai spogliati nudi
per copulare.
In ginocchio, tuo padre si slega il cordoncino dei calzoni larghi. Sdraiata
con la pancia a terra, tua madre ruota sul bacino e fa lo stesso. Allunga un
braccio all’indietro per prenderglielo in mano, un gesto sicuro e diretto non
dissimile da quello con cui la mattina ha munto la bufala, ma lo trova giÃ
pronto. Si mette a quattro zampe. Lui le entra dentro, tenendosi su con una
mano e usando l’altra sul seno di lei, alternativamente per accarezzarlo e
come appiglio quando si spinge in avanti. Si sforzano di non fare troppo
rumore, ma i forti gemiti, l’impatto della carne sulla carne, la respirazione
affannosa e la suzione idraulica si sentono lo stesso. Tu, tuo fratello e tua
sorella dormite o ngete di dormire nché non hanno nito. Poi vengono a
sdraiarsi anche loro sulla branda di tua madre, esausti, e nel giro di qualche
istante sono già persi nei loro sogni. Tua madre russa.
Un mese dopo sei in condizioni di poter viaggiare con tuo fratello e tua
sorella sul tetto del pullman stracolmo che porta in città la tua famiglia e una
sessantina di altre persone ammassate una sull’altra. Se si ribaltasse mentre
procede lungo la strada sbandando e zigzagando, in una folle competizione
con altri rivali altrettanto gremiti per chi riuscirà a raccattare ulteriori
gruppi di aspiranti passeggeri, le probabilità di lasciarci le penne o almeno
qualche arto sarebbero estremamente alte. Cose simili accadono spesso,
anche se non altrettanto spesso di quanto non accadono. Ma oggi è il tuo
giorno fortunato.
Aggrappato a corde che piú o meno riescono a tenere legati i bagagli al
veicolo, percepisci il trascorrere del tempo in un modo che eccede di gran
lunga il suo equivalente cronologico. Cosà come, mentre puntate verso le
montagne, un rapido mutare di altitudine ti scaraventa dalla giungla
subtropicale alla tundra semiartica, allo stesso modo alcune ore su un
pullman che passa dall’isolamento rurale alla centralità urbana sembrano
abbracciare millenni.
In cima a questo mezzo di trasporto che sbanda a destra e sputa un fumo
nero come inchiostro, contempli tali metamorfosi con timore reverenziale.
Le strade sterrate lasciano il posto a quelle asfaltate, le buche si fanno meno
frequenti e poi quasi svaniscono, e la corsa suicida dei veicoli in
avvicinamento si placa, rimpiazzata dalla pace forzosa della doppia
carreggiata. L’elettricità fa la sua comparsa, dapprima in modo saltuario
quando scivoli sotto una s lza di ciclopi d’acciaio ad alto voltaggio, poi sotto
forma di cavi che corrono all’altezza dei tuoi occhi su entrambi i lati della
strada, e inne nei lampioni e nelle insegne dei negozi e negli stupefacenti
cartelloni pubblicitari. Gli edi ci passano dal fango ai mattoni al
calcestruzzo, per poi svettare all’inimmaginabile altezza di quattro piani, o
addirittura cinque.
A ogni successiva sorpresa pensi di essere ormai arrivato, che di sicuro ad
attenderti non può esserci nulla di ancora piú sorprendente, e ogni volta
scopri di esserti sbagliato, nché non smetti di pensare e ti arrendi alle
successive visioni che si abbattono su di te come gli scrosci di pioggia che
durante il monsone si susseguono apparentemente senza ne, cioè senza ne
nché all’improvviso non niscono, e il pullman si ferma con un sobbalzo e
tu ti trovi nalmente, irrevocabilmente in città .
Mentre scendete, tu, i tuoi genitori, tuo fratello e tua sorella incarnate una
delle grandi trasformazioni del vostro tempo. Laddove in passato il vostro
clan era innumerevole, non innito ma composto da un numero di persone
cosà grande da non poter essere calcolato all’istante, adesso siete in cinque.
Cinque. Le dita di una mano, le dita di un piede, un’aggregazione minuscola
rispetto ai banchi di pesci o agli stormi di uccelli o anche alle tribú di umani.
Nella storia dell’evoluzione della famiglia, voi e i milioni di altri migranti
come voi rappresentate una continua proliferazione del modello nucleare. È
un cambiamento epocale, l’indebolirsi dei soffocanti legami di reti
relazionali estese che fornivano sostegno e stabilità , e l’affermarsi
dell’insicurezza, dell’ansia, della produttività e delle potenzialità .
Trasferirsi in città è il primo passo per diventare ricchi sfondati nell’Asia
emergente. E adesso l’hai compiuto. Congratulazioni. Tua sorella si gira a
guardarti. La sua mano sinistra tiene l’enorme fagotto di vestiti e beni vari in
equilibrio sopra la testa. La mano destra stringe il manico di una valigia
crepata e malconcia, probabilmente buttata via dal proprietario al tempo in
cui è nato tuo padre. Ti sorride e tu ricambi il sorriso, i vostri visi piccoli
ovali familiari in un mondo altrimenti irriconoscibile. Pensi che tua sorella
stia cercando di rassicurarti. Non ti viene in mente, giovane come sei, che sia
lei ad aver bisogno di rassicurazione, che si rivolga a te non per confortarti,
ma piuttosto per il conforto che tu, il fratellino appena guarito, sei in grado
di offrirle in quel momento di fragile vulnerabilità .
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