Centuria – Giorgio Manganelli

SINTESI DEL LIBRO:
Supponiamo che, ad un certo momento, una persona che
sta scrivendo una lettera ad un’altra persona – il sesso o i
sessi sono irrilevanti – abbia il sospetto, o forse
semplicemente s’accorga di essere lievemente ubriaco. No,
non si tratta di ubriachezza molesta, chiassosa e
ripugnante – se non per il fatto che l’ubriachezza, iperbole
dell’esistenza, ne mette in evidenza (si diceva nei temi)
l’intrinseca repellenza.
Lo scrivente, tocco dalla rivelazione della propria
ebrezza, potrebbe semplicemente astenersi dallo scrivere
oltre. La torbida lucidità dell’ebrezza potrebbe suggerirgli
di astenersi da qualunque ulteriore colloquio. Ma, se si
astenesse dallo scrivere oltre, egli darebbe una
interpretazione ragionevole della irragionevolezza propria
della ebrietà ; dunque, egli potrebbe dimettersi dal suo
trono di scrivente, solo in quanto riconoscesse se stesso
come disebro, recitazione, maschera, falsario di se
medesimo ebro. Ma, dal momento in cui egli si è accorto, o
ha creduto di essere consapevole di essersi accorto, della
propria ebrezza, ad essa non intende, non vuole, non tollera
di rinunciare. E dunque, da questo momento in poi, la sua
ebrezza sarà volontaria, una scelta non necessaria, anche
se fortemente consigliata dalla sonnolenza, dalla irritazione
morale, dal disagio e dal benessere bizzarramente
congiunti, che tutt’insieme egli considera sintomi di
ebrezza. Dunque, continuerà a scrivere. Ma, dovrà scrivere
in modo particolarmente sorvegliato, o al contrario, in
modo innocente, impreciso, prelapsario? Egli si rifiuta di
sorvegliarsi, giacché sa, da sempre, che la cautela tende al
silenzio, non già , poi, al silenzio della astensione, ma alla
bruta e brutale astensione del bavaglio. D’altronde, gli
ripugna altrettanto l’innocenza, specie questa innocenza
raccattata dalla complicità di un bicchiere di succo
fermentato. Ma, non appena ha finito di scrivere queste
parole, o di pensarle, non può non chiedersi quale altra
innocenza mai si dia, se non questa, un poco tossica e
sbadata. Dunque, è sull’innocenza che egli deve dare
sentenza, sulla propria innocenza. Non esiste dunque
nessun compromesso tra la codardia di questa innocenza, e
la dignità della menzogna? «Mio caro,» scrive «se tutto è
turpe, eccetto la turpitudine, non dovrò forse perseguire la
pace innocente della turpitudine?». Ma le parole lo sfidano,
ed è furente.
DUE
Un signore di media cultura e costumi decorosi incontrò,
dopo una assenza di mesi, dovuta ad eventi orribilmente
guerreschi, la donna che amava. Non la baciò; ma,
appartatosi in silenzio, vomitò a lungo. Alla donna
stupefatta non volle dare alcuna spiegazione di quel
vomito; né la diede ad alcuno; e solo con pazienza egli
pervenne a capire che quel vomito espelleva dal suo corpo
tutte le innumerevoli immagini che della donna amata si
erano depositate e avevano amorosamente intossicato il
suo corpo. Ma, in quel momento, egli comprese come non
gli sarebbe stato più possibile trattare quella donna come
se tra di loro fosse intercorso soltanto amore, un amore
morbido, ansioso solo di superare ogni ostacolo e di toccare
l’epidermide
dell’altro,
per
sempre;
egli
aveva
sperimentato la tossicità dell’amore, ed aveva capito che la
tossicità della distanza era solo alternativa alla tossicitÃ
dell’intimo, e che aveva vomitato il passato per dar luogo al
vomito del futuro. Sebbene gli fosse impossibile spiegarlo a
chiunque, egli sapeva che il vomito appunto, e non i sospiri,
erano il sintomo di un amore necessario, come la morte è
l’unico sintomo certo della vita.
Da quel momento, egli si trova nella situazione
deliziosamente tormentosa di non poter né disdegnare, né
corteggiare, né careggiare, né contemplare la donna che,
indubbiamente, egli ama – anzi, ama in modo
insopportabile, ora che l’ha fatta partecipe del vomito –, né
porla a parte del proprio segreto, che egli, per accettarla
totalmente, deve assorbirla, farla propria fino al momento
in cui ella si rivela come veleno, ciò che ignora di essere, e
che egli non desidera spiegarle. Intanto, dovunque, la vita
si fa instabile, nuove guerre minacciano. I prospettici morti
si apparecchiano, e la terra si fa tenera, in attesa di fosse.
Dovunque, si incollano manifesti che spiegano il sangue.
Poiché nessuno parla del vomito, l’innamorato pensa che il
problema sia o ignorato o dato per ignorato o troppo noto.
Bacia la fidanzata, le affida la notte nuziale, inforca
vomitando il poderoso cavallo della morte.
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