Cassia – Giovanna Roma

SINTESI DEL LIBRO:
«Tenente De Vries, da questa parte» mi indica il
sergente.
Prime due ore nella nuova città e già lavoro su un caso
di omicidio. Delle telefonate anonime hanno avvisato la
centrale di una sparatoria sull'Amstel
[1] e una pattuglia è
andata a controllare. Io ero ancora in treno.
Supero il nastro segnaletico ed entro nella scena del
crimine. La scientifica è già impegnata a raccogliere le
impronte da mobili e porte. È la prima volta che entro in
una casa galleggiante. È molto luminosa, lussuosa e priva
di tende come tutte. Penso subito di poter ricavare
qualche testimonianza dai vicini. Dopo un piccolo orto
all'entrata, un telo steso a terra ostruisce il passaggio.
Ecco la prima vittima.
Mi piego sui calcagni, benedicendo le scarpe comode
da viaggio. Scopro un lembo e il volto pallido di una
giovane donna è il primo a darmi il benvenuto ad
Amsterdam.
«Si chiamava Eleanor, faceva la spogliarellista nel
distretto a luci rosse. Al momento non sappiamo altro»
spiega il sergente alle mie spalle.
«Chiediamo lì e diffondiamo una foto.» Ricopro il
cadavere. «Qualcuno verrà a cercarla. C'è altro? Abbiamo
trovato l'arma del delitto?»
«Sì, è una pistola... vecchio modello. Era sotto il
divano.» Rigira l'involucro di plastica che la conserva e
non sembra capirci molto. La farò analizzare più tardi.
Con lo sguardo percorro i marcatori numerati appostati
dalla scientifica. Avremo pochi elementi probatori.
Mentre mi sollevo, sento due agenti parlottare e
sbuffare sotto la porta.
«Abbiamo qualche problema?» chiedo con un tono più
acido di quanto desideri. Sono sveglia da ore, ho
attraversato il paese per essere qui. Il programma era
raggiungere il nuovo appartamento, godermi una vasca
calda e profumata, incontrare il capitano e dormire per il
resto della giornata, invece l'unica acqua che vedo è
l'Amstel e non c'è niente di caldo in questa casa.
«No, tenente, solo che il caso è abbastanza semplice. È
inutile tirarla per le lunghe.»
«Si è trattato di un delitto passionale» spiega l'altro.
Un delitto passionale? Da quale dannata telenovela
sono usciti questi due? E saranno in Stazione con me per
i prossimi anni! Stringo gli occhi e inspiro a fondo.
Ripeto le loro parole, sperando che colgano la follia di
certe riflessioni da femminuccia.
No, non la colgono.
«Lui è geloso, entra in casa della ragazza, la uccide e
poi si spara. Un classico.»
Un classico della televisione argentina.
g
«Lui?» Mi avevano parlato di una sola vittima.
«Ce n'è un altro in fondo alla stanza» indica con il
pollice. «Anche per lui niente portafogli o documenti.»
Mi sporgo oltre le sue spalle e scopro un secondo telo
contro il muro.
«Non è un delitto passionale» sentenzio con tono
pacato.
«Ma-» Lo interrompo con un gesto della mano.
«Vi siete guardati intorno? Elettrodomestici di ultima
generazione, un balcone che prospetta sul fiume.» Non
credevo che avrei fatto scuola a due uomini con più anni
di servizio di me. «Non è una dimora accessibile a una
spogliarellista.»
«Magari la manteneva lui» ipotizza uno degli agenti.
«Se così fosse, sarebbe vissuta. Le pareti, i mobili non
hanno una sola fotografia. Controllate la camera da letto.
Sono certa non troverete abiti femminili.»
Studio la posizione dei corpi. «Era dentro casa, questo
è certo.» Percorro a grandi passi diverse distanze.
Raggiungo il secondo telo e scopro il volto di un uomo.
Le ciocche lunghe dei capelli sono appiccicate alla faccia.
«Conosceva il suo assassino, gli ha aperto la porta e lui le
ha sparato» ipotizzo.
«Perché non può essere stato lui? L'arma è ancora qui»
insiste uno degli agenti.
Non rispondo, indico solo il cadavere, sperando che ci
arrivino. Silenzio. Mi guardano tutti, ma nessuno vede.
«C'è stata una colluttazione» snudo i denti. Il volto è
tumefatto, il collo ha i chiari segni violacei di uno
strangolamento. Il medico confermerà , quando si
degnerà di raggiungerci.
«Non potrebbe essere stata lei?»
«L'hai vista? È la metà di lui, come potrebbe affrontarlo
o addirittura raggiungerlo?»
Si guardano e abbassano il capo. Forse per oggi hanno
f
inito di sparare idiozie.
«Sappiamo di chi è questa casa?»
«Non ancora, tenente. Dai documenti risulterebbe
intestata a un certo Abram Vos, ma all'anagrafe risulta
deceduto settant'anni fa.»
«Lui chi è?»
«Wil Moord. Viveva da recluso in un vecchia villa. Non
ha mai dato problemi, anche se si diceva che fosse un po'
strano.» Con l'indice disegna dei cerchi sulla tempia. «Gli
hanno sparato durante la colluttazione.»
«L'autopsia ci dirà se la pistola è la stessa e dalle diverse
angolazioni capiremo chi ha sparato a chi e se c'è stato
un terzo uomo.» Mi sollevo in piedi pronta a uscire, ma è
l'arrivo di un secondo squadrone a farmi voltare.
«Uscite tutti, state contaminando la nostra scena del
crimine.» Un uomo sulla trentina entra spavaldo nella
casa galleggiante. Col suo giacchetto di pelle e uno stuolo
di agenti alle spalle. Solleva dal naso i Ray Ban e sonda
l'ambiente. Mi punta e con un cenno del mento ripete
l'ordine di uscire. Non ho il tempo di dare fiato al
pensiero, che il sergente mi risponde.
«È il tizio che ha quasi catturato il trafficante d'armi
Razov Kosloff. È apparso su tutti i giornali, ha ricevuto
delle promozioni.»
Guardo il collega, scettica. «Ah, sì e se l'avesse catturato,
l'avrebbero fatto presidente?»
«Non si faccia ingannare dall'atteggiamento» avverte.
«Io l'ho conosciuto quando era ancora un novellino» e
torna a fissarlo. «La fama l'ha cambiato.»
«Non avete la giurisdizione. È un caso ungherese, non
olandese» sibila il nuovo arrivato, stringendo i denti. Mi
punta ancora come se la mia sola presenza gli impedisse
di lavorare. Magari è lui che lo impedisce a noi! È a un
nulla dal mio viso e ripete l'avvertimento come fosse
l'ultimatum della Nazione più potente al mondo.
«Fuori dalla mia scena del crimine!»
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