Borderless – Veit Heinichen

SINTESI DEL LIBRO:
CERCATI UN ALTRO LAVORO, PUTTANELLA. IO TI ROVINO. A caratteri cubitali, come un
titolone da tabloid, le parole in grassetto campeggiano sulla parete bianca
sopra una serie di fotografie della senatrice e del fratello Carletto.
Testimonianze che abbracciano un lungo arco di tempo. Romana Castelli
de Poltieri negli anni Settanta, ai suoi primi passi in politica come
giovanissima attivista contro la legalizzazione dell’aborto, in seguito
consigliera comunale nella giunta di Trieste, e infine eletta al Senato per
cinque volte di fila.
Un foglio di carta grande quanto un manifesto, pieno di linee, numeri e
simboli, raffigura la complessa rete di relazioni intessuta dalla donna
insieme a dati e circostanze ancora da integrare. Anche a Ostia, sede del
suo primo incarico, nelle indagini più complesse la commissaria Xenia
Zannier tappezzava le pareti dell’ufficio con gli elementi in suo possesso,
in modo da non lasciarsi sfuggire neppure il minimo dettaglio. Casualità e
brutte sorprese possono essere evitate scavando a fondo nelle cose. Un
metodo che presto, unito alla sua volontà di ferro, si era dimostrato
vincente. Subito dopo l’ultima promozione, però, Xenia aveva rifiutato un
allettante incarico investigativo alla DIA e, tra lo stupore generale, aveva
chiesto di tornare nel Nordest. A Grado, per l’esattezza. Nostalgia di casa,
dissero in molti, non trovando altre spiegazioni plausibili. Avevano
sempre considerato la giovane poliziotta una gelida carrierista: ostinata,
poliglotta, intelligente e imprevedibile.
Quasi per ricordare a se stessa il motivo di quel trasferimento Xenia
fissa la parete dello studio, ricavato al pianoterra della villetta
prefabbricata anni Sessanta. Fuori non si sentono rumori, i vicini
dormono da un pezzo. Gli insetti ronzano intorno alla luce fredda della
lampadina. La scrivania – una tavola di legno appoggiata su due cavalletti– è ingombra di fascicoli, una documentazione raccolta nel corso degli
anni, con meticolosità e costanza. Un mosaico di informazioni più o meno
significative, una trama di indizi, ma nessuna prova schiacciante. La
commissaria continuerà a cercarla con tutte le proprie forze, finché non
riuscirà a incastrare la senatrice e suo fratello.
«Essere bionda non ti rende diversa, Xenia. Hai i capelli di tuo padre,
nient’altro…». Floriano e la sorella minore, seduti nell’erba alta tra i filari
di viti sul monte Calvario, mangiavano prosciutto e formaggio.
«Ma che dici? Papà ha i capelli neri come te, sciocco» esclamò ridendo
la bambina di otto anni tirandogli affettuosamente un riccio. Le piaceva
stare con il fratello mentre lui lavorava nel vigneto.
Troppo tardi per mordersi la lingua. Floriano spostò lo sguardo sulla
pianura tra il mare e le colline terrazzate. Si era lasciato sfuggire il segreto
di famiglia, nonostante le raccomandazioni dei genitori. Un giorno Xenia
lo avrebbe scoperto comunque.
«Vieni qui, Xixi». Le mise un braccio sulle spalle stringendola a sé con
tenerezza. «La vita segue strade che non sempre siamo capaci di
comprendere. Il fatto che tu sia bionda e io moro non ha alcuna
importanza se ci vogliamo bene. E io te ne vorrò per sempre, piccola
peste. Mi vuoi bene anche tu, non è vero?».
«Sì, certo. Ma io non sono come te. Tu non hai paura quando tutte le
finestre sono chiuse o in classe i compagni ti stanno addosso e si divertono
a vedere che ti manca l’aria. Dopo mi chiudono nel ripostiglio e ridono
come degli idioti».
«Stai scherzando? Non me l’avevi mai detto».
Floriano si preoccupava di continuo che potesse capitarle qualcosa e la
difendeva a spada tratta. Anche quando Xenia combinava qualche
marachella in casa, il più delle volte si prendeva lui la colpa e sopportava
pazientemente le prediche facendole l’occhiolino con aria complice.
«Già , finché non butto giù la porta o un professore viene a liberarmi,
poi però ci vado sempre di mezzo io».
«Vedrai che non si azzarderanno più. La prossima volta però avvisami
subito, promesso?». Floriano tirò un sospiro di sollievo, sembrava che la
sorella avesse dimenticato l’argomento delle somiglianze in famiglia.
«Mi difendo da sola». Xenia balzò in piedi mostrando i muscoli.
«Insegnami un paio dei tuoi trucchi».
«Non sono trucchi, sono tecniche. Si chiama Wing Chun, è uno stile di
kung fu. Se vuoi domani ti porto all’allenamento».
«Flori, è un caso che io sia nata a Gemona e non a Gorizia come te,
mamma e papà ?».
Xenia si sedette di nuovo accanto al fratello maggiore avvinghiandosi al
suo braccio, mentre lui le accarezzava esitante la testa bionda, in cerca
delle parole giuste. A quel punto non c’erano più scappatoie.
«Il caso non esiste, Xixi. Diciamo così solo quando non riusciamo o non
vogliamo spiegarci le cose che succedono».
L’aria fresca che entra nello studio dalle finestre spalancate profuma di
primavera. Xenia è immobile sullo sgabello a tre piedi, il busto chino in
avanti. Le lacrime le scendono copiose lungo le guance, ma non
singhiozza. Tiene lo sguardo fisso su una fotografia listata di nero in una
cornice argentata. Il viso di un giovane allegro. In basso c’è scritto Floriano
Benes 31.1.1966 – 9.6.1990. L’ha staccata dalla parete ed è sprofondata nei
ricordi. A un certo punto è entrato Arne, dopo essere rimasto a lungo
fermo sulla soglia senza che lei se ne accorgesse. L’ha abbracciata,
tentando di convincerla a guardare avanti.
«Non capisci» ha commentato Xenia in tono piatto. «Una parte del
futuro è nel passato. Va’ a dormire».
Si è divincolata bruscamente, e a lui non è rimasto altro che posarle un
bacio sulla fronte e raccomandarle di non restare tutta la notte sveglia a
tormentarsi.
Xenia è sola. Anche se lei e Arne vivono insieme da quasi un anno. Non
ricorda il giorno esatto in cui è entrato nella sua vita. Che coppia: una
poliziotta italiana e un archeologo tedesco disoccupato, i cui genitori
avevano una ditta di onoranze funebri a Dortmund. Forse un giorno
riuscirà ad abituarsi alla sua presenza, al suo desiderio di condivisione e
intimità . Senza sentirsi soffocare. Senza fuggire di nuovo. Un bravo
ragazzo, innamorato di lei.
Quel pomeriggio nel vigneto Xenia aveva saputo dal fratello Floriano
che in realtà Safiria Lepore è la sorella di sua madre e insieme al marito
Danilo l’aveva adottata due giorni dopo la nascita.
La foto della bambina era stata pubblicata in tutta Europa: Speranza nel
dolore, Il miracolo di Gemona, La vita nella notte di morte titolavano i
melodrammatici articoli. Ancora oggi Jordan S. Becker, un giornalista
austriaco, a ogni anniversario non manca di celebrare la sua carriera. Con
il tempo è diventato un amico a distanza, che saltuariamente Xenia sente
al telefono e a volte si ritrova a sorpresa davanti alla porta. L’uomo alto
con i lunghi capelli grigi le ha fatto visita perfino al commissariato di
Ostia, ma ormai è un po’ che non ha sue notizie.
Xenia è stata battezzata con il nome della madre biologica. Xenia
Lepore era la direttrice della biblioteca di Gemona e, quando le era
crollata addosso la casa durante il terremoto del Friuli, era al settimo mese
di gravidanza. Ore più tardi la prima squadra di soccorso aveva sentito le
sue grida disperate, era riuscita a estrarla dalle macerie e l’aveva
trasportata in un ospedale da campo allestito in fretta e furia. La donna, di
soli ventisette anni, era deceduta alle 4.37 del 7 maggio 1976, dopo un
cesareo d’urgenza. Xenia Ylenia Zannier era venuta al mondo in mezzo
alla tragedia, prematura di due mesi. Quasi mille persone avevano perso la
vita, oltre quarantacinquemila non avevano più un tetto sopra la testa. I
media si erano lanciati sulla bambina gridando al miracolo. Allora esisteva
speranza anche nella morte?
Xenia era nata orfana di entrambi i genitori. Non aveva conosciuto
nemmeno suo padre, Gaetano Zannier. Il corpo del vigile urbano era stato
recuperato solo tre giorni dopo. E così lo zio Danilo Benes, in seguito
all’irremovibile decisione della moglie Safiria di adottare la nipote e darle
il
nome della sorella, era diventato l’uomo che la bambina avrebbe
chiamato papà , la zia era diventata la mamma e Floriano, il cugino di
Xenia, il fratello maggiore. Lui aveva dieci anni, e le si era affezionato
all’istante.
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