Borse di viaggio – Jules Verne

SINTESI DEL LIBRO:
IL CONCORSO
— PRIMI classificati: ex aequo, Louis Clodion e Roger Hinsdale
— proclamò ad alta voce il direttore, Julian Ardagh.
Evviva rumorosi e urrà ripetuti accolsero con molti applausi i no-mi
dei due vincitori del concorso.
Poi, dall’alto della predella preparata nel vasto cortile dell’Antilian
School, il direttore continuò a leggere i seguenti nomi:
— Secondo classificato: Axel Wickborn.
— Terzo classificato: Albertus Leuwen.
Seguì una nuova salva di applausi, meno nutrita della precedente:
proveniva sempre da un uditorio molto simpatico. Il signor Ardagh
riprese:
— Quarto classificato: John Howard.
— Quinto classificato: Magnus Anders.
— Sesto classificato: Niels Harboe.
— Settimo classificato: Hubert Perkins.
In considerazione dello slancio, i «bravo» si prolungarono, anche in
grazia della fretta dimostrata.
Poiché quel particolare concorso avrebbe dovuto premiare nove
persone, restava ancora un nome da proclamare.
Anche questo nome venne comunicato dal direttore all’uditorio:
— Ottavo classificato: Tony Renault.
Pur arrivando buon ultimo, i «bravo» e gli «urrà » non furono affatto
risparmiati al nome di Tony Renault. Buon compagno, socievo-le e
avveduto, di temperamento impulsivo, egli non aveva che amici tra i
pensionanti del collegio.
Non appena fatto il suo nome, ogni vincitore era salito sulla predella e
aveva ricevuto una stretta di mano da parte del signor Ardagh, poi era
andato a riprendere il proprio posto, tra i compagni meno favoriti, che lo
applaudivano con entusiasmo.
Al lettore non sarà sfuggito il fatto che i nomi differenti dei nove
vincitori ne indicavano anche la diversa nazionalità . Questa differenza
era dovuta al fatto che la scuola, diretta a Londra dal signor Julian
Ardagh, al numero 314 di Oxford Street, era molto favorevolmente nota
sotto la denominazione di Antilian School.
Questa scuola, creata da una quindicina d’anni, era destinata ad
accogliere i figli dei coloni originari delle Grandi e delle Piccole Antille, e
cioè di Antilia, come si suol dire.
1 Era in questa scuola che gli alunni
iniziavano, continuavano o terminavano gli studi in Inghilterra. Di solito vi
rimanevano fino ai ventun anni, per ricevervi un’istruzione assai pratica
ma anche assai completa, di volta in volta letteraria; scientifica,
industriale e commerciale. L’Antilian School aveva allora una sessantina
di pensionanti, che pagavano una retta molto e-levata.. Ne sarebbero
usciti preparati a ogni genere di carriera, sia che fossero rimasti in
Europa sia che fossero tornati nell’Antilia, salvo che le loro famiglie non
l’avessero nel frattempo abbandonata.
Era raro che nel corso dell’anno scolastico non vi si incontrassero, in
egual numero, spagnoli, danesi, inglesi, francesi, olandesi, svedesi e
anche venezuelani, tutti originari di questo arcipelago delle Isole del
Vento e delle Isole di Sottovento, di cui le nazioni europee si di-vidono il
possesso.
Questa scuola internazionale, destinata esclusivamente ai giovani
delle Antille, era allora diretta, con la cooperazione di insegnanti
sceltissimi, dal cinquantenne signor Julian Ardagh. Serio e prudente
amministratore, egli meritava, con ragione, la fiducia delle famiglie.
Il personale insegnante era di incontestabile valore e lavorava sotto
la sua responsabilità , sia che si trattasse di lettere, di scienze o d’arte.
1 Denominazione ancora in uso ai tempi di Verne. Le Antille,
chiamate per qualche tempo Indie Occidentali, perché scambiate alla
loro scoperta con le Indie vere e proprie, vennero successivamente
chiamate Antilia, dal nome di un arcipelago leg-gendario che si credeva
esistesse a occidente delle Azzorre. (N.d.T.) Nell’Antilian School non
erano trascurati neppure gli allenamenti fi-sici e gli esercizi sportivi, tanto
raccomandati e praticati nel Regno Unito: cricket, boxe, tornei, crocket,
calcio, nuoto, danza, equitazio-ne, ciclismo, canottaggio; tutti i generi,
insomma, di ginnastica mo-derna.
Il signor Ardagh cercava anche di controllare e di fondere insieme
temperamenti e caratteri così diversi, quali emergevano dalla riunio-ne di
giovani di differenti nazionalità , e faceva il possibile perché na-scesse tra
i
suoi pensionanti una durevole reciproca simpatia. Non sempre ciò gli
riusciva come avrebbe voluto. A volte l’istinto razzia-le, più forte del buon
esempio e dei buoni consigli, aveva la meglio.
Ma se, all’uscita dalla scuola fossero rimaste anche solo poche
tracce di tale fusione con qualche buon risultato per l’avvenire, questo
sistema di educazione collettiva faceva onore alla scuola di Oxford
Street e meritava di essere approvato.
È superfluo dire che i pensionanti parlavano le molteplici lingue usate
nelle Indie Occidentali. Il signor Ardagh aveva avuto anche l’idea
ingegnosa di imporle, a turno, durante le lezioni e la ricreazione.
Una settimana si parlava inglese, un’altra francese, olandese,
spagnolo, danese, svedese. I pensionanti di origine anglosassone,
senza dubbio più numerosi nella scuola, tendevano forse a imporvi una
specie di primato fisico e morale. Ma le altre isole di Antilia vi erano
rappresentate in adeguata proporzione. Persino l’isola di Saint
Barthélemy, l’unica che dipendesse dagli stati scandinavi, possedeva
vari alunni, tra i quali Magnus An-ders, risultato nel concorso al quinto
posto.
Tutto sommato, il compito del signor Ardagh e dei suoi collaboratori
non era esente da certe difficoltà pratiche. Non occorreva avere, forse,
un vero spirito di giustizia, un metodo sicuro e continuo, una mano abile
e ferma, per impedire che tra questi figli di famiglie be-nestanti
sorgessero rivalità , nonostante la precisa volontà di soffocar-le?
Ora, proprio in occasione del concorso, si temeva che le ambizioni
personali potessero condurre a qualche disordine, a reclami e a gelosie,
non appena resi noti i nomi dei vincitori; In fin dei conti, il risultato era
stato soddisfacente: un francese e un inglese occupavano il primo posto,
con lo stesso punteggio. Se un suddito della regina Vittoria era al
penultimo posto, era anche vero che un cittadino della repubblica
francese appariva all’ultimo; e quest’ultimo era Tony Renault, del quale
nessun pensionante si sarebbe mai mostrato geloso.
Nei posti intermedi si notavano vari nativi delle Antille inglesi,
francesi, danesi, olandesi e svedesi. Nessun venezuelano e nessuno
spagnolo apparivano tra di essi, anche se tra gli alunni della scuola se
ne contavano una quindicina. Occorre notare, del resto, che quell’anno
gli alunni originari di Cuba, San Domingo e Portorico, e cioè delle Grandi
Antille, erano tra i dodici e i quindici anni, ed essendo quindi assai
giovani non avevano potuto partecipare al concorso, il quale richiedeva
l’età minima di diciassette anni.
Il concorso aveva avuto per oggetto non soltanto le materie scien
tifiche e letterarie, ma anche – non c’è da stupirsene – quelle etnolo
giche, geografiche e commerciali che avevano rapporto con l’arcipelago
delle Antille, la sua storia, il suo passato, il presente, l’avvenire, le sue
relazioni con gli stati europei che, dopo le prime casuali scoperte, ne
avevano congiunto una parte al loro impero coloniale.
Ma qual era lo scopo del concorso? Quali i vantaggi per i vincitori? Si
trattava di mettere a loro disposizione delle borse di viaggio e di
permettere loro di soddisfare, durante alcuni mesi, la passione per le
esplorazioni e per i viaggi, propria dei giovani che non hanno ancora
superato il ventunesimo anno di età .
Erano nove, dunque, quelli che, anche per la loro condizione, ora
avrebbero potuto girare non il mondo, come la maggior parte di essi
avrebbe voluto, ma visitare qualche interessante paese del vecchio o del
nuovo continente.
L’idea di istituire quelle borse di viaggio era stata di una ricca signora
delle Antille di origine inglese, Kethlen Seymour, la quale abitava
nell’isola di Barbados, colonia britannica dell’arcipelago, il cui nome, fu
allora pronunciato per la prima volta dal signor Ardagh.
Quel nome ovviamente fu salutato dai numerosi ed entusiastici
evviva dell’uditorio.
— Viva!… viva!… viva la signora Seymour!
Pur avendo il direttore della Antilian School rivelato il nome della
benefattrice, non aveva detto, però, di quale viaggio si trattava. Né lui né
altri ancora lo sapevano, anche se prima di ventiquattro ore lo avrebbero
saputo. Il direttore, infatti, avrebbe ora telegrafato alla Barbados il
risultato del concorso e la signora Seymour gli avrebbe risposto
telegraficamente, indicandogli almeno in quale regione i vincitori
avrebbero effettuato il loro viaggio.
È facile immaginare i vivacissimi discorsi scambiati tra i pensionanti, i
quali già volavano con la fantasia verso i più caratteristici paesi di questo
mondo, in particolare verso quelli più lontani e meno noti. A seconda del
loro temperamento o del loro carattere, essi certamente o si esaltavano
o mostravano un certo riserbo; è certo però che l’entusiasmo era
generale.
— Voglio sperare — diceva Roger Hinsdale, inglese fino alla ra-dice
dei capelli — che andremo a visitare qualche paese del dominio
coloniale dell’Inghilterra: è vasto quanto basta perché si possa
scegliere…
— Andremo nell’Africa centrale! — diceva Louis Clodion —
L’immensa, portentosa Africa, come direbbe il nostro bravo economo,
dove potremo marciare sulle orme dei grandi esploratori!…
— No… sarà un’esplorazione nelle regioni polari, la nostra — diceva
Magnus Anders, il quale avrebbe volentieri camminato sulle orme del
suo glorioso compatriota Nansen.
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