Abisso – Dean R. Koontz

SINTESI DEL LIBRO:
A mezzanotte e sei minuti, martedì mattina, tornando a casa dopo
le prove del suo nuovo spettacolo, Tina Evans vide suo figlio, Danny,
nell’auto di uno sconosciuto. Ma Danny era morto da più di un anno.
A due isolati dalla sua casa, con l’intenzione di comprare un litro di
latte e un filone di pane integrale, Tina si era fermata a un negozio
aperto ventiquattro ore, parcheggiando sotto la pioggerellina gialla di
un lampione a vapore di sodio, accanto a una Chevrolet station
wagon color crema brillante. Il ragazzo era nel sedile anteriore della
macchina, mentre aspettava qualcuno nel negozio. Tina riuscì a
vedere solo il lato del suo viso, ma sussultò dolorosamente
riconoscendolo.
Danny.
Il ragazzo aveva dodici anni, l’età di Danny. Aveva dei folti capelli
scuri come i suoi, un naso che somigliava al suo, e anche una
mascella abbastanza delicata come quella di Danny.
Sussurrò il nome di suo figlio, come se avesse potuto far
scomparire questa amata apparizione parlando più forte.
Ignaro che lo stesse fissando, il ragazzo portò una mano alla
bocca e si morse delicatamente la nocca del pollice, cosa che Danny
aveva iniziato a fare un anno o poco più prima di morire. Senza
successo, Tina aveva cercato di correggergli quel cattivo vizio.
In
quel momento, mentre guardava quel ragazzo, la sua
somiglianza con Danny sembrava ancora più che una semplice
coincidenza. Improvvisamente la bocca di Tina divenne secca e
amara, e il suo cuore iniziò a fare un rumore sordo. Non si era
ancora abituata alla perdita del suo unico figlio, perché non aveva
mai voluto – o provato – ad accettarla. Osservando la somiglianza
con il suo Danny, era troppo facile fantasticare che non ci fosse stata
alcuna perdita.
Forse... forse quel ragazzo era veramente Danny. Perché non
poteva? Più ci pensava, meno sembrava assurdo. D’altronde, non
aveva mai visto il cadavere di Danny. La polizia e i necrofori le
avevano consigliato di non guardare, dato lo stato così dilaniato e
orribilmente mutilato in cui era ridotto Danny. Nauseata, addolorata,
aveva seguito il loro suggerimento, e il funerale di Danny era stato
celebrato con bara chiusa. A ripensarci, forse Danny non era rimasto
ucciso in quell’incidente. Forse aveva solo subìto un lieve trauma
cranico, abbastanza grave da causargli... un’amnesia. Sì. L’amnesia.
Forse si era allontanato dall’autobus distrutto, vagando senza meta,
ed era stato trovato a migliaia di chilometri dal luogo dell’incidente,
senza un documento di riconoscimento, incapace di dire a nessuno
chi fosse e da dove venisse. Era possibile, no? Aveva visto delle
storie simili nei film. Ma certo. Amnesia. E se fosse stato così, allora
sarebbe stato dato a una famiglia adottiva, con una nuova vita. E in
quel momento era seduto nella Chevrolet station wagon color crema,
portatole dal destino e dal...
Il
ragazzo si accorse del suo sguardo e si voltò verso di lei.
Trattenne il respiro mentre mostrava lentamente il suo viso. Si
fissarono attraverso i due finestrini e nella strana luce sulfurea le
sembrò che stessero entrando in contatto attraverso un immenso
abisso di spazio, tempo e destino. Ma poi, inevitabilmente, la sua
fantasia si interruppe, perché non era Danny.
Distogliendo lo sguardo, studiò le sue mani, che stavano afferrando
il volante così forte da farle male.
«Dannazione.»
Era arrabbiata con sé stessa. Si riteneva una donna forte,
competente ed equilibrata, capace di affrontare qualsiasi cosa la vita
le scagliava contro, ed era disturbata dalla sua continua incapacità di
accettare la morte di Danny.
Dopo lo shock iniziale, dopo il funerale, aveva iniziato ad affrontare
il
trauma. Gradualmente, giorno dopo giorno, settimana dopo
settimana, si era messa alle spalle Danny con dolore, senso di
colpa, lacrime e molta amarezza ma anche con fermezza e
determinazione. Aveva fatto molti passi in avanti con la sua carriera
durante quell’anno appena trascorso, e aveva fatto affidamento sul
duro lavoro come una specie di morfina, usandolo per smorzare il
suo dolore finché non fosse pienamente guarito.
Ma poi, un paio di mesi prima, aveva iniziato a ricadere nell’orribile
condizione in cui si era crogiolata immediatamente dopo aver
ricevuto la notizia dell’incidente. Il suo rifiuto era tanto risoluto quanto
irrazionale.
Venne di nuovo soggiogata dal sentimento
ossessionante che suo figlio fosse ancora vivo. Il tempo avrebbe
dovuto mettere più distanza tra lei e quel tormento ma, invece, il
passare dei giorni l’aveva fatta naufragare nella disperazione. Quel
ragazzo nella station wagon non era il primo che si era immaginata
fosse Danny; nelle settimane passate, aveva visto il figlio perduto in
altre macchine, nei cortili delle scuole di fronte ai quali era passata,
per le strade, in un cinema.
Inoltre, recentemente era stata afflitta da un sogno ricorrente in cui
Danny era vivo. E ogni volta, per un paio d’ore dopo che si era
svegliata, non riusciva ad affrontare la realtà. Si era mezza convinta
che il sogno fosse una premonizione di un ritorno eventuale di
Danny, che in qualche modo era sopravvissuto e che sarebbe
tornato presto tra le sue braccia.
Era una fantasia avvolgente e meravigliosa, ma non poteva
sopportarla a lungo. Anche se si opponeva all’amara verità, questa
ogni volta emergeva gradualmente, e lei veniva sempre riportata a
terra bruscamente, costretta ad ammettere che il sogno non era una
premonizione. Tuttavia, sapeva che quando avrebbe di nuovo
sognato Danny, la speranza sarebbe riaffiorata come già successo
tante altre volte.
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