Virus & Logos – Esercizi di utopia razionale – Giovanni Magrì

SINTESI DEL LIBRO:
Stiamo vivendo un evento di significato storico mondiale, del quale
possibilmente non misuriamo il senso abissale come segno finale di
un’epoca di lunga durata e inizio di un’altra nuova Età, che abbiamo
denominato “Transmodernità”. Il virus che attacca oggi l’umanità, per la
prima volta nel suo millenario sviluppo, in un momento nel quale può aversi
piena coscienza della simultaneità (in tempo reale) verificata dai nuovi
mezzi elettronici, ci fa pensare nel silenzio e nell’isolamento auto-imposto a
ciascun essere umano davanti a un pericolo, che mostra la vulnerabilità di
un castello di carte che viviamo quotidianamente, come se fosse la
consistenza di una struttura invulnerabile. Il fatto ha prodotto innumerevoli
reazioni di colleghi filosofi e scienziati, perché richiama profondamente
l’attenzione. Vogliamo aggiungere un granello di sabbia alla riflessione
sullo spaventoso avvenimento.
L’umanità, almeno l’homo sapiens, da circa 200.000 anni è riuscita a
svilupparsi storicamente vincendo numerosi ostacoli per garantirsi la
sopravvivenza. Essa si inserisce in un processo iniziato, se andiamo
all’origine, con il cosiddetto Big Bang (accaduto circa 15 miliardi di anni
fa), con il momento della solidificazione della Terra (5 miliardi di anni fa),
con la comparsa della vita (3,5 miliardi di anni fa) che cominciò a
trasformarla in Gea, modificando la corteccia terrestre, creando l’atmosfera
e proteggendo la biosfera, affinché i raggi ultravioletti non potessero
distruggerla. Circa 70 milioni di anni fa apparvero i primati e, infine, lo
stesso homo sapiens (la noosfera di Teilhard de Chardin, oggi denominata
Antropocene o Età dell’essere umano sulla Terra).
Con il Neolitico (circa 15.000 anni fa) l’umanità cominciò a trasformarsi
da nomade in urbana, creando i primi villaggi o città, possibili grazie
all’organizzazione di un doppio parassitismo: vegetale (con l’agricoltura) e
animale (con la pastorizia). Come viventi noi uomini dobbiamo alimentarci
di vegetali per ottenere proteine e altre sostanze che solo essi producono.
Cominciò così un’inevitabile entropia (il passaggio da un bene d’uso a una
cosa inutile, senza possibile nuovo uso) che significò il distruggere i boschi,
che producono ossigeno, per trasformarli in campi per la coltivazione
agricola. Come onnivori noi umani uccidiamo e ci alimentiamo di animali
non umani (fu uno dei primi tabù negare l’antropofagia). Così nacquero e
crebbero le grandi civiltà urbane del Neolitico in Eurasia, Africa e America.
Nel 1492, Cristoforo Colombo, un membro dell’Europa latino
germanica, scoprì l’Atlantico, conquistò l’America Latina e nacque così
l’ultima Età dell’Antropocene: la Modernità, che produsse inoltre una
rivoluzione scientifica e tecnologica, che lasciò indietro tutte le civiltà del
passato, catalogate come arretrate, sottosviluppate, artigianali. Lo
denomineremo Sud Globale; e questo solo cinquecento anni fa.
Questa splendida Età del Mondo inaugurata si porrebbe in relazione con
la Natura metodologicamente, grazie a Francis Bacon (1562-1626) con la
sua opera Novum Organum (1620) e a partire dal manifesto filosofico di
René Descartes (1596-1650), il Discorso sul metodo (1637). In questo
modo, l’indicata Natura è costituita come una cosa osservabile o sfruttabile,
quasi infinita per le sue risorse e come oggetto manipolabile da un
demiurgo umano inteso come un soggetto senza limiti di conoscenza o
manipolazione di questo oggetto: la Natura. Per Descartes l’essere umano è
«un’anima alla quale è indifferente avere un corpo» (res extensa); cioè, una
realtà quantitativa, non avendo importanza la qualità e la vita. Egli la
interpretava come una macchina conosciuta prevalentemente dalla
matematica. Questa Natura è così un oggetto conoscibile, manipolabile,
sfruttabile. La fisica si trasforma nella scienza fondamentale. L’essere
umano fonda il suo privilegio nell’“Io penso”, che conosce, che si pone a un
livello teorico davanti agli oggetti naturali quantificabili a nostra intera
disposizione.
Con questi presupposti trascorsero i secoli successivi. L’“Io europeo”
produsse una rivoluzione scientifica nel XVII secolo, una rivoluzione
tecnologica nel XVIII, avendo il XVI secolo inaugurato un sistema
capitalista (la cui razionalità ultima è l’aumento quantitativo del tasso di
profitto in qualsiasi investimento sul mercato, che si effettua grazie
all’ottenimento di un plusvalore da parte dell’operaio) con un’ideologia
moderna eurocentrica (come superiorità culturale, estetica, morale, politica,
ecc.), coloniale (perché questa Europa era il centro del sistema-mondo
grazie alla violenza conquistatrice del suo esercito che giustificava il suo
diritto di dominio su altri popoli), patriarcale (perché il maschio bianco
dominava la donna in Europa e le donne coloniali di colore come in
Messico), e, come culmine, l’europeo si pose come sfruttatore senza limite
della Natura.
In effetti, i valori positivi ineguagliabili dell’indicata Modernità, che
nessuno può negare, si trovano corrotti e negati con una sistematica cecità
degli effetti negativi delle sue scoperte e dei suoi continui interventi nella
Natura. Questo è dovuto, in parte, al disprezzo per il valore qualitativo della
Natura, specialmente per la sua nota costitutiva suprema: l’essere una “cosa
viva”, organica, non semplicemente meccanica; non è solo una “cosa
estesa”, quantificabile. La scienza di riferimento adesso smette di essere la
fisica, sostituita dalla biologia, e, come momento centrale cosmico, la
neurobiologia: il cervello umano. Il cervello umano è l’organismo vivente
più complesso dell’universo conosciuto. Inoltre, la Natura non è un
semplice oggetto di conoscenza, bensì è il Tutto (la Totalità) dentro il quale
esistiamo come esseri umani: siamo frutto dell’evoluzione della vita della
Natura che si pone come nostra origine e ci porta come sua gloria,
rendendoci possibili come un effetto interno (“le sue figlie e figli”) e, per
questo, non metaforicamente, l’etica si fonda nel primo principio assoluto e
universale: quello di affermare la Vita in generale e la vita umana come la
sua gloria! Essa è condizione di possibilità assoluta e universale di tutto il
resto, della civiltà, dell’esistenza quotidiana, della felicità, della scienza,
della tecnologia e finanche della religione. Male potrebbe operare qualche
azione o istituzione se l’umanità fosse morta.
Oggi, Madre Natura (adesso come metafora adeguata e certa) si è
ribellata; ha messo sotto scacco (come quando si dà uno “scacco matto al
re” sulla scacchiera) sua figlia, l’Umanità, per mezzo di un’insignificante
componente della Natura (Natura della quale è parte anche l’essere umano
che condivide la realtà con il virus). Mette in questione la Modernità e lo fa
mediante un organismo (il virus) immensamente più piccolo che un batterio
o una cellula e infinitamente più semplice che l’essere umano, che ha
miliardi di cellule con complessissime e differenziate funzioni (che sono
milioni). E la Natura oggi ci interroga: o mi rispetti o ti annichilisco! Si
manifesta come un segno finale della Modernità e come annuncio di una
nuova Età del Mondo, successiva a questa civilizzazione moderna superba
che è diventata suicida. Come reclamava Walter Benjamin, si doveva
applicare il freno e non l’acceleratore necrofilo in direzione dell’abisso.
Si tratta, quindi, di interpretare la presente epidemia come se fosse un
boomerang che la Modernità ha lanciato contro la Natura (poiché è l’effetto
non intenzionale di mutazioni di germi patogeni che la stessa scienza
medica e industriale farmacologica ha originato) e che ritorna contro di essa
nella forma di un virus dei laboratori o della tecnologia terapeutica.
L’interpretazione tentata indica che il fatto mondiale, mai sperimentato
prima nella maniera così globalizzata come lo stiamo vivendo, è qualcosa
più che la generalizzazione politica dello stato di eccezione (come lo
propone G. Agamben), il necessario superamento del capitalismo (nella
posizione di S. Žižek), l’esigenza di mostrare il fallimento del
neoliberalismo (dello “Stato minimo”, che lascia nelle mani del mercato e
del capitale privato la salute del popolo) o tante altre proposte molto
interessanti. Crediamo che stiamo vivendo per la prima volta nella Storia
del cosmo, dell’umanità, i segni dell’esaurimento della Modernità come
ultima tappa dell’Antropocene e che permette di intravedere una nuova Età
del Mondo, la Transmodernità (della quale abbiamo esposto alcuni aspetti
in altri articoli e libri), nella quale l’umanità dovrà apprendere, a partire
dagli errori della Modernità, a entrare in una Nuova Età del Mondo, dove,
partendo dall’esperienza della necro-cultura degli ultimi cinque secoli,
dobbiamo innanzitutto affermare la Vita sul capitale, sul colonialismo, sul
patriarcato e su molte altre limitazioni che distruggono le condizioni
universali della riproduzione di questa Vita sulla Terra. Questo dovrà essere
ottenuto pazientemente lungo il XXI secolo che abbiamo solo iniziato. Nel
silenzio del nostro ritiro, richiesto dai governi per non contagiarci con
questo segno apocalittico…, abbiamo tempo per pensare al destino
dell’umanità in futuro.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
2 comments