Tutto Guccini – Federico Pistone

SINTESI DEL LIBRO:
Noi non ci saremo
In morte di S.F.
Venerdì santo
L’atomica cinese Auschwitz (la canzone del bambino nel vento)
Talkin’ Milano
Statale 17
Il 3 dicembre del ’39
La ballata degli annegati
Il sociale e l’antisociale
Parole e musica: Francesco Guccini
Etichetta: La voce del padrone
Durata: 40’ 44’’
Registrato nel settembre 1966 allo Studio Basilica di Milano
Produttore: Odoardo “Dodo” Veroli
Foto di copertina: Guido De Maria
Musicisti principali
Francesco Guccini (voce, chitarra ritmica)
Alan Cooper (armonica a bocca, chitarra ritmica)
Antonio Roveri (chitarra solista)
Album più venduti in Italia nel 1967
1. SGT. PEPPER’S LONELY HEARTS CLUB BAND (The Beatles)
2. DR. ZIVAGO (Maurice Jarre)
3. SABATO SERA (Mina)
FOLK BEAT N. 1 fuori dai primi 100 posti
Un folk di ottimo livello e, quello che più conta, di concezione genuina; un
folk che si riallaccia a una evidente tradizione italiana ed è stato
sviluppato con una sensibilità e un’intelligenza veramente eccezionali.
«Giovani», 21 marzo 1967
NOI NON CI SAREMO ***
Pronti, via: l’apocalisse. L’ha già annunciata un anno prima Augusto
Daolio per conto dei Nomadi. Francesco Guccini, che va per i 27 anni, è
ancora in fase imbarazzo della scelta, tipico dei creativi all’eccesso, fra
attività didattica, accademica, giornalistica, letteraria, musicale, lungo un
percorso esistenziale che tocca Modena, Pàvana, Bologna, Pesaro, oltre
alle garitte di Lecce, Roma e Trieste e ai sogni americani presto infranti.
Non è iscritto alla Siae, non ancora, così come autori compaiono
Pontiack-Verona, alias Mansueto Deponti, talent scout della Emi, e Toni
Verona, fondatore del Gruppo Ala Bianca con Patty Pravo, Alan Sorrenti,
produttore di Jannacci, ma soprattutto “riesumatore” dell’etichetta I
Dischi del Sole, straordinario archivio di musica popolare italiana,
altrimenti perduta per sempre. Noi non ci saremo è però – soggetto,
parole, musica – tutta di Guccini, che se la riporta a casa per aprire il suo
primo 33 giri FOLK BEAT N.1 («Titolo bruttissimo, ma non l’ho certo scelto
io») dove non compare nemmeno il cognome, solo Francesco tra
virgolette. Toglie tutto il pop, recupera alcune strofe cassate dai Nomadi
per non consumare troppo vinile e confeziona cinque minuti abbondanti
di chitarra acustica e voce, anzi vociona da predicatore. È tempo di guerra
fredda, di incubi nucleari, di Vietnam, di Palestina in fiamme, e Guccini
che si svela sulla copertina sbarbato, fumante, ombroso alla De André
mette le mani avanti, in una sorta di scaramantica descrizione post
atomica, tornata di tragica attualità dentro il nostro quotidiano da
coronavirus: “E solo il silenzio come un sudario si stenderà”. La morale è
che, comunque vada, noi non ci saremo. Finché, in un imprecisato
scenario futuro, come un disgelo annunciato da una pioggia torrenziale,
magicamente la vita tornerà. Ma tanto… noi non ci saremo.
E il vento d’estate che viene dal mare
Intonerà un canto fra mille rovine
Fra le macerie delle città
Fra case e palazzi, che lento il tempo sgretolerà
Fra macchine e strade risorgerà il mondo nuovo
Ma noi non ci saremo, noi non ci saremo
Dai boschi e dal mare ritorna la vita
E ancora la terra sarà popolata…
Lo stesso Guccini ammette di essersi ispirato a Dylan, che ha un anno
(344 giorni) meno di lui, per il testo alla sconvolgente A Hard Rain’s
AGonna Fall (“Ho sentito il fragore di un’onda che potrebbe
sommergere il mondo intero”) e per l’armonia a Mr. Tambourine Man.
«Eravamo tutti dylaniani fino al midollo», confessa. È il fatalismo fatto
canzone in una melodia ariosa, sorprendente per un artista al debutto
folk: nel 2002 Giorgio Cordini la ripropone in versione solo chitarra
classica mettendo a nudo la bellezza della sua armonia. Noi non ci
saremo torna di moda negli anni pseudo ecologisti del nuovo millennio
con tante versioni, quasi tutte poco convincenti, comprese quella del Live
2007 dei Nomadi e del 2019 dell’attrice-cantante Margherita Vicario che
la riduce a un compitino rock, nonostante l’arrangiamento di Mauro
Pagani, dedicandola alla baby ambientalista di tendenza Greta
Thurnberg. Il vero miracolo lo fanno i C.S.I. che si inventano una lettura
spaventosa, lugubre, splendida, restituendo a Noi non ci saremo nuova
vita e insieme nuova morte. Guccini ci spaventerà ancora con L’atomica
cinese e con Un vecchio e un bambino. Ma sempre con la rassegnata
serenità del “noi non ci saremo”.
Altre versioni di Noi non ci saremo:
1967 PER QUANDO NOI NON CI SAREMO (Nomadi)
1976 ALBUM CONCERTO
1995 TRIBUTO AD AUGUSTO (Modena City Ramblers)
1998 GUCCINI LIVE COLLECTION
1998 I NOMADI & GUCCINI (Leano Morelli)
2001 NOI NON CI SAREMO (C.S.I.)
2002 DISARMATI (Giorgio Cordini)
2004 GUCCINI IN JAZZ (Lorena Fontana)
2007 NOMADI & OMNIA SYMPHONY ORCHESTRA (Nomadi)
2016 I MUSICI DI FRANCESCO GUCCINI VOL. 1
2019 NOTE DI VIAGGIO N. 1 – VENITE AVANTI… (Margherita Vicario)
IN MORTE DI S.F. (CANZONE PER UNAMICA) ****
“Lunga e diritta correva la strada…”. Così comincia da sempre ogni
concerto di Guccini, dal debutto sul palco – il 30 dicembre 1968 nella
Cittadella di Assisi – in avanti. S.F. sta per Silvana Fontana, l’amica
ventiquattrenne morta in un incidente stradale mentre Francesco, è il 2
agosto del 1966, registra FOLK BEAT. La compone di getto, su un giro di
accordi di Mansueto Deponti, e la inserisce in extremis nell’album. Una
ballata in stile hobo, chitarre, tamburello, armonica, quasi un resoconto
giornalistico della tragedia avvenuta sull’autostrada in provincia di Reggio
Emilia (nella quale muoiono altre due persone), come se Guccini fosse
impietrito leggendo l’articolo sulle pagine di cronaca.
Quando la macchina è uscita di lato e sopra un’altra è finita
Dopo il silenzio soltanto è regnato tra le lamiere contorte
Subentra il momento della consapevolezza e del dolore. Chiuso il
giornale, resta la desolazione, fino all’omelia laica che vale una
resurrezione.
Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare e soffrire
Voglio però ricordarti com’eri, pensare che ancora vivi
Voglio pensare che ancora mi ascolti
E che come allora sorridi
Semplice, devastante. La mano che “forte teneva il volante” è quella del
ventunenne fidanzato di Silvana, Augusto Artioli, rimasto gravemente
ferito, e il motore che “forte cantava” è quello della sua potente Rover
2000. La canzone mette i brividi anche ai tecnici dell’Anas – quattro anni
prima è stata inaugurata l’Autostrada del Sole – che chiedono e ottengono
il cambio del titolo. In morte di S.F. diventa così Canzone per un’amica
e perfino Per un amico quando, dodici anni dopo, nel concerto tributo
del 14 giugno 1979, Guccini trasferisce la dedica a Demetrio Stratos
arreso a un infarto il giorno prima. Oltre a quella coraggiosa dei Nomadi,
c’è la versione rock-sinfonica di Enrico Ruggeri del 1995 con evitabilissimi
rintocchi di campane a morto per il finale. Nel 2007 lo svizzero Paulin
Nuotclà la traduce e la canta in lingua romancia col titolo Luna e
gualiva. Nel 2010 il gruppo molto alternativo dei ParaUtopia, nel brano
ska più affettuoso che perfido Guccini non ti sopporto più (sarebbe lui la
causa del gatto impiccato nelle corde della Strato, della fidanzata che si
mangia il mangianastri, del nonno che si butta dal balcone…) riprende
con tanto di erre arrotata la tragedia di In morte di S.F.: “Lunga e diritta
correva la strada, la macchina sbanda e che pensi te? Cos’hai provato
esattamente mentre l’auto ti schiacciava? Ma che cazzo di domanda vai a
fare? Le tue curiosità morbose sui dettagli del trapasso per lo meno ce le
vuoi risparmiare”. A quarant’anni di distanza dalla tragedia un sorriso
può spuntare. Con tutto il rispetto, anche Guccini si diverte.
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