Scintille – Federico Pace

SINTESI DEL LIBRO:
Il tempo e quel che accade. Gli incontri e i destini che mutano per sempre.
Ho atteso anche io in una piazza battuta dal vento qualcuno che non vedevo
da anni. E negli attimi in cui vagavo con lo sguardo, cercando di indovinare
da quale strada sarebbe sbucato quel volto che ricordavo attraversato da una
malinconia indefinibile, riemergevano i desideri, gli slanci, le aperture
improvvise. I viaggi intrapresi insieme. Le notti ampie come maree.
L’ebbrezza di scoprire in un’altra persona quel che non credevo si potesse
trovare. Quando ci eravamo incontrati per la prima volta? Quando aveva
avuto inizio ogni cosa?
Accade a ciascuno di noi, prima o poi, di imbattersi nell’istante
vertiginoso in cui una persona irrompe nella nostra quotidianità e ne muta
l’assetto. C’è sempre qualcuno a cui ci avviciniamo, che ci tocca, ci illumina,
ci piega e ci risolve. Che definisce e segna il nostro destino. Che dà forma a
quel che siamo. Può essere una persona che incontriamo per caso o che è
cresciuta al nostro fianco, nella cerchia ristretta della famiglia. Una persona
vagheggiata a lungo, qualcuno che ci ha regalato un sorriso e poi è svanito.
Oppure che è rimasto vicino a noi in modi che non credevamo possibili.
Il tempo. Quel che accade. Gli incontri. I nostri destini. In quella piazza
battuta dal vento mi ero presentato con ampio anticipo. Volevo essere io a
vederla per primo. Ci tenevo a riconoscerla mentre si faceva avanti attraverso
la gente. Non volevo perdere l’istante esatto in cui sarebbe riapparsa dal
tempo che era trascorso. Non ero l’unico ad aspettare. In una piazza c’è
sempre qualcuno in attesa di chi sta per arrivare. C’è sempre qualcuno che ha
deciso di compiere l’azzardo di sporgersi verso l’altro, di uscire dalla
sicurezza del proprio io e concedersi un’altra imprevista opportunità.
Mentre continuavo a scrutare febbrilmente ogni volto che mi passava
davanti, fui attratto dalla figura di una donna ormai in là con gli anni che si
teneva allacciata con il braccio sinistro a un uomo dai capelli brizzolati, forse
il figlio. Percorrevano lentamente l’ampia pavimentazione della piazza. Lui le
rivolgeva qualche parola, poi la guardava in cerca di una conferma. Ma lei
sembrava che non riuscisse a sentire la voce del figlio. Forse per il vento.
Forse a causa dell’affievolirsi dell’udito. Con la mano destra si toccava
continuamente una ciocca di finissimi capelli grigi che spuntava dal suo
cappello rosso. Per una qualche ragione, non riuscivo a distogliere lo sguardo
dai loro movimenti. Cercavo nei loro gesti un indizio? Un’indicazione che mi
potesse essere utile? Un appiglio che mi chiarisse le ragioni per cui anche io
mi trovavo lí?
Il figlio e la madre. Nonostante il processo di trasformazione degli
organismi ordisse ad allontanarli, i due rimanevano vicinissimi. A un certo
punto, li ho visti prendersi per mano e continuare a camminare. Il figlio,
all’approssimarsi del gradino di un marciapiede, ha stretto la mano della
donna come per avvertirla del piccolo ostacolo. Doveva essere un gesto
condiviso da molti anni. Lei, nel ricevere quella stretta, aveva sorriso. Le sue
labbra che si piegavano, il consenso di una madre-bambina. Dopo tutto quel
tempo, la complicità tra loro due era ancora viva, fitta di gesti, di
compassione. All’improvviso li ho persi di vista, distratto da una ragazza
magrissima, con un impermeabile bianco, che si guardava intorno vicino a
una vetrina. Anche lei aveva deciso di concedersi un’altra inaspettata
opportunità?
Una madre e un figlio. Il tempo che trascorre. Il gesto incommensurabile
di chi ha messo al mondo una nuova vita e il poco che l’altro può restituire
indietro. Una giovane donna. Il sortilegio di una coppia, il legame di un
fratello e una sorella complici che si tengono stretti. La natura vertiginosa e
incerta di quelle relazioni che ci aprono al mondo e all’altro. Il filo
dell’amore, i rapporti incompiuti e i confronti. Il ritorno eterno delle parole
dette, del segno lasciato. Quel che accade a due persone che prima si amano e
poi sperimentano una profonda amicizia. I legami che intessiamo. Mutevoli e
irrequieti. Inafferrabili, sfuggenti, eppure capaci di incantarci e tenerci
avvinti. Anche la ragazza, come facevo io, scrutava freneticamente ora da una
parte ora dall’altra della piazza. Era il primo incontro con chi ancora non era
arrivato?
La scintilla che scocca quando una vita si avvicina all’altra. Quando due
schiene si toccano e due destini si uniscono in un abbraccio solo. Il tempo
continuava a trascorrere e la piazza che a lungo era stata affollata di volti, di
traiettorie, di pensieri, cominciava a svuotarsi, trasformandosi in uno spazio
piú silenzioso e attento. Il tempo si faceva piú acuto, preciso, minuzioso.
Sarebbe arrivata questa volta? E cosa avrei provato? Rimanevamo, ai lati
opposti di quello slargo, noi due. La ragazza con l’impermeabile bianco e io.
Improvvisamente la giovane ha sorriso ed è corsa incontro a una ragazza
della sua età. Dal punto in cui mi trovavo, riuscivo appena a intravederle.
Sorridevano. Una ha tirato fuori un oggetto dalla borsa. Un piccolo regalo.
Rapidamente l’altra l’ha scartato con stupore e l’ha abbracciata. Una, due, tre
volte. Il significato di quel dono pareva travalicare l’oggetto e rimandare a un
sentimento piú essenziale e necessario. Due amiche. Due sorelle. Chissà.
Ciascuno di noi è quel che è anche, e soprattutto, in ragione delle persone che
ha incontrato. Il filo cucito nella quotidianità, i desideri evocati, i gesti
scambiati, il riflesso dei propri sogni. I cambiamenti resi possibili, il
supporto, il tradimento e le paure. Siamo sempre composti della stoffa delle
relazioni che abbiamo intessuto. Ognuno di noi diventa la persona che è
grazie a chi ha incontrato, a chi ha solo sfiorato o cercato nonostante tutto.
Grazie ai gesti che hanno segnato quelle storie.
Anche quando i giorni scivolano via, anche quando le ore corrono veloci,
sentiamo sempre una voce che ci invita a cercare una persona che inneschi la
curiosità, il desiderio, l’immaginazione. La passione e la nostalgia. Una
persona capace di farci recuperare qualcosa di profondo, inaccessibile,
infinito e imperscrutabile che definisce la nostra umanità.
Infine la sera è scesa sulla piazza e io ero ancora lí ad aspettare, dopo aver
visto la madre e il figlio, le due amiche, o sorelle, le coppie. I desideri, la
passione, il timore e l’apprensione. È allora che ho sentito una mano tra i
capelli. Non ero stato io a vederla arrivare. Neppure quella volta. La
percezione, l’intuizione dell’epifania. Un momento particolare, una relazione
che si accende, o si riannoda, facendoci salire di nuovo sul gradino piú alto
delle emozioni. Innescare, rimettere in moto. Il tempo. Quel che accade. Gli
incontri. I nostri destini. L’imprevedibilità di una traiettoria. Quello strano e
insopprimibile stimolo che ci spinge a cercare, ancora una volta, in un’altra
persona, il nutrimento di cui abbiamo disperato bisogno.
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