Ricordati di sorridere – Daniele Di Benedetti

SINTESI DEL LIBRO:
Immagina per un a imo che tu o ciò che sai della felicità sia
fuorviante, che siano proprio le tue convinzioni sulla felicità a essere
la causa della tua infelicità (e della tua frustrazione). Se fosse così? Se
fosse proprio la ricerca della felicità a tu i i costi a impedirti di
trovarla?
Le statistiche sono impressionanti: viviamo nel migliore dei
mondi possibili (se non altro perché non dobbiamo lo are con la
natura per la nostra sopravvivenza), eppure non siamo mai stati
infelici come oggi. Ogni anno il 30 per cento della popolazione
globale
soffre
di
un
problema psicologico riconosciuto.
L’Organizzazione mondiale della sanità posiziona la depressione al
quarto posto delle patologie più comuni e prevede che nel 2020
salirà al secondo. I coach e gli psicologi sono sempre più numerosi,
ma siamo sempre più tristi e depressi.
Perché?
Bella domanda. Anzi, o ima.
Secondo me perché siamo tu i alla ricerca della medesima cosa: la
felicità. Non che non ve ne sia in abbondanza per tu i… La
cerchiamo, però, nel modo e nel posto sbagliato. Siamo vi ime di
un’illusione colle iva, che a questa felicità ci porta a me ere un
sacco di condizioni. Crediamo che saremo felici se si verificheranno
delle circostanze, se raggiungeremo un obie ivo… insomma, ci
manca sempre qualcosa.
E non si scappa, quasi tu i, prima o poi, finiamo per pensarla
così: “Saremo felici se…” sembra uno dei cardini del pensiero
occidentale, così a ento a premiare chi taglia traguardi e o iene
successi.
Uno dei miei film preferiti è La ricerca della felicità. Giuro: l’ho
adorato, conosco intere scene a memoria. Però è un film basato su
presupposti completamente errati. Già il titolo fa accapponare la
pelle: come se la felicità fosse qualcosa da ricercare chissà dove.
Inoltre, mentre il tempo passa e ci identifichiamo ogni minuto di più
con il protagonista, finiamo per dare per scontato che il buon Chris
Gardner sarà felice solo quando avrà o enuto ciò che vuole, cioè un
lavoro remunerativo. Per l’esa ezza, un lavoro che dovrebbe
consentirgli di acquistare una Ferrari. Non so se ricordi la scena: un
giorno, in preda alla disperazione, vede un broker parcheggiare la
sua Ferrari so o la Dean Wi er, un’azienda di intermediazione, e gli
pone due domande: «Che lavoro fa, e come si fa?». È così che decide
di tentare la carriera di consulente finanziario. Questo, però,
trasme e un messaggio distorto: chi viaggia in Ferrari è felice, gli
altri no. Chris è un eroe, intendiamoci: un uomo che supera terribili
prove uscendone vincente e rafforzato. Ma se alla fine la Dean Wi er
avesse preferito un altro per il posto di broker, che cosa sarebbe
accaduto? Non credo nel fa o che la sofferenza di Chris abbia valore
solo in funzione del lavoro che riesce a o enere. Né che siano i soldi
a fare la differenza tra la sua immagine di sé come fallito e come
uomo di successo. Eppure è quello che tu i crediamo. Siamo
convinti che, se solo avessimo più soldi, saremmo felici.
Una persona veramente di successo non è tale agli occhi degli altri, ma agli occhi di
se stessa.
Prima dei miei eventi live faccio girare tra il pubblico dei
questionari, per capire quali sono le aspe ative delle persone che vi
partecipano. Una delle domande è: “Di che cosa avresti bisogno per
svoltare, per vivere la vita dei tuoi sogni?”. Il 90 per cento risponde:
“Soldi”. Perché? Perché siamo abituati a raccontarci che, se li
avessimo, potremmo fare, andare… quando, in realtà, la più
importante forma di ricchezza è la felicità stessa, intesa come
a itudine nei confronti del mondo.
Dobbiamo comprendere una buona volta che la strada più efficace
è esa amente opposta a quella che ci ostiniamo a percorrere: “Se
avrò i soldi, sarò felice” non funziona, “Se sarò felice, o errò anche il
benessere economico”, invece sì. La vi oria sta nel trovare il giusto
equilibrio fra una vita vissuta spiritualmente e con pragmatismo,
perché vivere con presenza ci condurrà anche a o enere una
maggiore agiatezza.
Sia ben chiaro: nel desiderare di essere ricchi, di potersi
perme ere una casa spaziosa, dei begli ogge i, non c’è nulla di male.
Mi piace immaginare un mondo nel quale continuiamo ad avere una
famiglia, a lavorare con passione, a guadagnare, a goderci la bellezza
degli altri Paesi così come quella delle altre persone, ma allo stesso
tempo siamo “risvegliati”, accendiamo dentro di noi una luce di
conoscenza che non ci renda schiavi delle cose materiali. Non sono
un mistico e non ti sto suggerendo di estraniarti dal mondo, di
ritirarti in cima a un monte o in un eremo campando di bacche e
radici per trovare te stesso. Ci sono persone che credono di aver
raggiunto la felicità interiore meditando tu o il giorno, nel silenzio e
nella consapevolezza dell’interrelazione con il tu o. Prendiamo
Tiziano Terzani, un uomo che stimo dal più profondo del cuore e che
ha lanciato un messaggio di grande potenza e amore: la sua vita l’ha
condo o a fare questa scelta, a distaccarsi dalla mondanità. Ma
siamo tu i in grado di affrontare un cambiamento così radicale?
Meglio: vogliamo davvero compierlo? Secondo me, no. Trovo che
tale visione sia molto affascinante, capisco e rispe o chi ha scelto e
chi sceglie di intraprendere questa strada, ma penso che non sia la
migliore per me. Né per quanti vorrebbero essere felici qui, nel
nostro pasciuto Occidente.
È inutile girarci intorno: viviamo in una società tale per cui un tot
di soldi è necessario. Una casa a misura della nostra famiglia ci
serve. Così come me ere il cibo in tavola tu i i giorni (e magari
qualche volta andare fuori a cena). Se vogliamo svolgere il lavoro
che ci piace, dobbiamo posizionarci, e vestirci, e a rezzarci di
conseguenza.
I soldi però sono un mezzo, nient’altro. Se valuterai la tua felicità
in base a ciò che possiedi sarai schiavo della bramosia del tuo ego,
p
g
che non si accontenterà mai e ti costringerà a vivere in uno stato di
frustrazione costante: magari, sba endoti molto, riuscirai ad avere di
più, ma la tua asticella si alzerà di conseguenza. Il risultato? Ti
chiederai perché sei sempre al verde, benché le tue finanze
migliorino.
La felicità non dipende dal verificarsi di determinate condizioni. Al contrario,
determinate condizioni si verificano come risultato della felicità.
Non sarai felice quando avrai una casa più grande o un cuoco che
ti prepara i pasti e guadagnerai una barca di soldi. Così come non lo
sarai quando stringerai fra le mani l’ultimo modello di smartphone o
calzerai le sneakers più alla moda. E lo affermo da maniaco delle
sneakers: il punto è che non mi identifico con la marca delle mie
scarpe o del mio smartphone. Sono entrambi ogge i. Dovrei
identificarmi con degli ogge i? Vuoi davvero sostenere che la mia e
la tua identità passano per gli ogge i che indossiamo e che ci
portiamo dietro?
Ti invito a fare una gita: prendi gli scarponi. Adoro camminare in
montagna, per il paesaggio ruvido, per l’aria fredda che mi graffia la
pelle, per la sfida che ogni tanto comportano certi percorsi. Poniamo
di essere finiti a camminare a 3000 metri, sull’Annapurna. Non c’è
nessuno. Siamo solo noi due, immersi nella bellezza, minuscoli di
fronte a una delle cime più alte al mondo. Chi siamo? I nostri
successi, i nostri fallimenti, il nostro lavoro figo, le nostre cene nei
locali stellati, le nostre scarpe di marca, i nostri cellulari di ultima
generazione (che non funzionano per il freddo): chi li vede? Risposta
esa a: nessuno. Non contano un bel niente. Non sono noi.
Quando siamo soli con noi stessi, tu o ciò che abbiamo fa o, i
risultati che abbiamo o enuto, gli ogge i che possediamo, perdono
di significato. Non contribuiscono alla costruzione della nostra
identità. Spogliati di tu o, scomme o però che ci sentiremo felici,
sull’Annapurna.
Perché avremo preso conta o con la nostra gioia interiore.
Perché avremo compreso che la felicità è dentro di noi, non fuori.
La maggiore forma di ricchezza è la felicità
Certo, non è facile ricordarselo sempre. Viviamo in un mondo
tendenzialmente superficiale e iperstimolante, in cui siamo
bombardati da messaggi che vogliono indurci falsi bisogni e
proporci idoli di cartapesta (che magari, sia de o incidentalmente,
nemmeno vorrebbero esserlo).
Voglio farti un esempio. Prendiamo una delle coppie social più
seguite in Italia mentre scrivo, se non la più seguita in assoluto:
Chiara Ferragni e Fedez. Lei è una bionda milionaria che vive a Los
Angeles e ha fondato un piccolo impero della moda. Possiede negozi
nelle vie più prestigiose delle maggiori ci à di vari Paesi, e un e
commerce dal quale vende le sue collezioni in tu o il mondo. Lui,
cantante, produ ore discografico, personaggio televisivo acclamato,
vive in un a ico in pieno centro a Milano, arredato con mobili di
design. Sono belli, sono giovani, sono ricchi, hanno tu o dalla vita.
Chiunque, se si paragona a loro (e vale in modo particolare per il
giovane pubblico che li segue), non può che uscirne perdente. A
pa o che non sme a di pensare che la bellezza, la gioventù e la
ricchezza rendono migliori.
Dove sta scri o che le persone più belle, più giovani o più ricche
sono migliori? Chi l’ha deciso? In base a che cosa?
Non è realistico pensare che Fedez sia sempre felice: magari la
sera è stanco morto e si me e le mani nei capelli perché è stressato
all’idea di tenere un concerto in uno stadio (vorrei vedere chi non lo
sarebbe…), perché lo aspe a un’altra giornata in cui non potrà fare
due passi per conto suo senza essere inseguito e fotografato, perché
si chiede se il disco in uscita sarà all’altezza del precedente. E pure
#chiaraferragni avrà i suoi giorni no. Nessuna vita è perfe a.
E vado oltre: magari una vita del genere è giusta per Fedez, ma
potrebbe non esserlo per te che hai altri sogni e aspirazioni.
Nel mio piccolo, capita anche a me di sentirmi dire: «Che bella
vita che fai, sei sempre in viaggio…». Vero, la mia vita mi piace
moltissimo. Vero, sono sempre in viaggio. Ma casa mia assomiglia
più a un catalogo Ikea che a una casa vera e propria. Non è vissuta. E
non possiedo un armadio: ho delle valigie nelle quali infilo cose.
Compro continuamente slip, perché a forza di non sapere quando
tornerò e dove dormirò non mi bastano mai. Lo acce o perché
viaggiare tanto e spesso è una condizione per realizzare il mio sogno
di aiutare le persone, ma non è de o che dormire in le i sempre
diversi e aprire gli occhi al ma ino chiedendosi dove ci si trova sia la
scelta più indicata per tutti.
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