Promettimi che tornerai – Lisa Destiny

SINTESI DEL LIBRO:
Il mio nome è Jason James Taylor.
Sono nato a Phoenix, capitale dell’Arizona. Una città situata nella
parte centro-meridionale dello stato.
In una piccola zona residenziale, sorgeva la piccola casa che
ospitava me e mia madre.
Io e la mamma vivevamo nella zona ricca della città. Non
navigavamo nell’oro, ma ce la passavamo discretamente grazie al
fondo a cui mia madre aveva avuto accesso al compimento dei suoi
diciotto anni. Un fondo che le era stato lasciato dai suoi nonni
materni, per l’istruzione al college.
Solo che… la mamma non aveva mai potuto frequentare nessun
college. Non avrebbe potuto. Non quando avrebbe dovuto occuparsi
di me.
La mamma aveva solo diciotto anni quando aveva scoperto di
aspettare un figlio.
I suoi genitori avevano cercato di convincerla a dare il bambino in
adozione perché non volevano che la loro unica figlia diventasse una
ragazza madre… ma lei non aveva accettato.
Una volta avuto accesso al fondo, la mamma aveva lasciato la casa
dei suoi genitori, aveva lasciato la sua città, Los Angeles, per iniziare
una nuova vita in Arizona.
Ed è proprio lì che inizia la mia storia.
Il mio primo ricordo risale a quando avevo tre, forse quattro anni e la
mamma mi accompagnò al primo giorno di scuola.
C’erano decine di bambini della mia età ed io li guardavo tutti curiosi.
Il mio sguardo si spostava da una parte all’altra, meravigliato.
Guardavo i bambini che stringevano le mani delle loro mamme e dei
loro papà.
Anche se ero troppo piccolo per capire, mi resi subito conto che mi
mancava qualcosa. Non avevo un papà. Non avevo mai avuto una
figura paterna, un uomo nella mia vita.
La mia famiglia era composta soltanto da me e la mamma.
“Mamma, perché io non ho un papà?” le avevo chiesto, quando lei si
era inginocchiata per stringermi tra le braccia.
I suoi occhi avevano avuto uno scatto improvviso a quella domanda
“Oh, piccolino. Certo che hai un papà, solo che… non è qui. Ma hai
me. La tua mamma super speciale che ti ama più di qualsiasi altra
cosa al mondo”.
Da allora non le feci più domande.
Ma, crescendo, sentire i discorsi dei miei amici, ascoltare i racconti
delle giornate “da maschi” che passavano con i loro papà, non
faceva che aumentare il desiderio che avevo di incontrare mio
padre, sapere chi fosse, cosa facesse.
Così, una sera, mentre io e la mamma eravamo seduti al tavolo, le
chiesi di parlarmi di lui.
Ci fu un lungo attimo di silenzio e proprio quando mi aspettavo che
la mamma non aprisse bocca, sussurrò: “Tu somigli tanto a lui, Jase.
Gli somigli tantissimo”.
Non mi fu difficile pensarlo, perché io non assomigliavo per niente a
mia madre. Lei aveva capelli biondi, occhi verdi e lentiggini, mentre
io ero scuro di capelli, avevo occhi castano chiarissimo, e la mia
carnagione olivastra si abbronzava facilmente.
“Come vi siete conosciuti tu e il papà?”
Sapevo che forse mi stavo spingendo troppo in là con lei. Sapevo
che la mamma faceva uno sforzo enorme nel… ricordare.
Lei chiuse gli occhi e mi raccontò del loro primo incontro a Los
Angeles.
Papà era un giovane soldato dell’esercito americano di cui la
mamma si era perdutamente innamorata. Erano stati insieme sei
mesi prima che lui fosse inviato in una delle basi americane in
Europa e le loro strade si dividessero.
Un mese dopo la sua partenza, mia madre aveva scoperto di essere
incinta.
“E lui… lui non ha voluto saperne di me?” le avevo chiesto, lo
sguardo fisso sulle mani che avevo in grembo.
Sapevo che la sua risposta mi avrebbe fatto male, lo avevo capito
dai suoi occhi.
“Tuo padre non sa di te. Io… non gli ho mai detto della gravidanza”.
La guardai, e dentro di me provai un forte senso di rabbia. Tanto
forte da appannarmi la vista.
Mi alzai, facendo ribaltare la sedia “Non hai mai detto a mio padre di
me? Hai taciuto sulla… gravidanza? Non ci posso credere. Come
hai potuto, mamma? Perché gli hai tenuto nascosto una cosa del
genere? Perché non gliel’hai mai detto?”
“Perché potevo crescerti benissimo da sola! Non c’era bisogno che
tuo padre sacrificasse tutta la sua vita, il suo futuro… per noi!” aveva
sbottato lei.
Non avevo mai pensato che delle semplici parole potessero creare
tanto dolore, ma quelle… cazzo, se mi fecero male.
Indietreggiai, e non so cosa lesse la mamma nel mio sguardo so
solo che ancora oggi non ho dimenticato la sua espressione carica
di rimorso.
“Mi dispiace, Jason. So di aver sbagliato. So che non avrei mai
dovuto prendere una decisione per la vita di tutti e tre ma ora… è
troppo tardi. Non puoi recuperare nessun rapporto con tuo padre. Lui
ormai ha… una moglie, dei figli. Ha una nuova famiglia. E non voglio
che soffra ora per uno sbaglio che ho fatto io in passato”.
“E non pensi a me, mamma?” avevo gridato con rabbia.
“Tu hai me, Jase. Io… posso darti tutto ciò di cui hai bisogno. L’ho
già fatto in passato e lo farò sempre. Ho cercato di tirarti su da sola
nei migliori dei modi e ci sono riuscita”.
Quella sera si creò un profondo distacco tra noi. Io non riuscivo più a
guardare la mamma sapendo ciò che aveva fatto in passato, e lei
non riusciva più a non sentirsi in colpa in mia presenza.
Ogni giorno cercavo di evitarla e lei non faceva nulla per
impedirmelo.
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