Kafka sulla spiaggia- Haruki Murakami

SINTESI DEL LIBRO:

 I soldi non sono l’unica cosa che, andandomene, ho portato via di nascosto
dallo studio di mio padre. Ho preso anche un vecchio accendino d’oro (mi
piacciono la forma e il peso) e un coltello pieghevole dalla lama affilata. È un
coltello per tagliare la pelle di daino: se lo metto sul palmo della mano è
piuttosto pesante, e la lama ha una lunghezza di dodici centimetri.
Probabilmente è il souvenir di un viaggio all’estero. Ho deciso di portarmi
anche una torcia tascabile dalla luce potente che ho trovato nel cassetto della
scrivania. E infine gli occhiali da sole, che mi serviranno a nascondere la mia
età. Occhiali Revo dalle lenti Sky-blue.
Avevo pensato di portarmi il Rolex Oyster a cui mio padre tiene tanto, ma
dopo averci riflettuto su, ho lasciato perdere. La bellezza del meccanismo di
quell’orologio mi affascinava molto ma non volevo attirare l’attenzione più
del necessario indossando oggetti costosi. Inoltre, dal punto di vista della
praticità, un orologio da polso Casio con cronometro e sveglia mi è
sufficiente. E sarà anche più facile da usare. Così mio malgrado ho rimesso il
Rolex nel cassetto della scrivania.
Oltre a queste cose, ho preso la foto di me e mia sorella da piccoli, che
stava nel fondo di un cassetto. Nella foto siamo su una spiaggia, non so dove,
e sorridiamo contenti. Mia sorella è girata da una parte, così metà della faccia
è in ombra. Per questa ragione, il suo viso sorridente sembra diviso in due.
Come in una maschera del teatro greco che ho visto su un libro di scuola,
sembra rappresentare due concetti opposti. Luce e ombra. Speranza e
disperazione. Riso e tristezza. Fiducia e solitudine. Invece io guardo dritto
nell’obiettivo, senza alcun imbarazzo. Sulla spiaggia oltre a noi non c’è
anima viva. Io e mia sorella siamo in costume da bagno. Il suo è un costume
intero, a fiori rossi; io porto dei buffi pantaloncini blu troppo larghi. Ho in
mano qualcosa. Sembrerebbe un bastone di plastica. La schiuma bianca delle
onde ci bagna i piedi.
Dove e quando, e da chi sarà stata scattata questa foto? Come mai
abbiamo un’espressione così gioiosa? Perché nostro padre si è tenuto soltanto
questa foto? Tutte domande senza risposta. Io dovrei avere tre anni, mia
sorella circa nove. Noi due eravamo davvero così uniti? Io non ricordo di
essere mai andato su una spiaggia con la famiglia. Non ricordo di essere mai
andato da nessuna parte. Comunque, non volevo andarmene lasciando quella
vecchia foto nelle mani di mio padre, così l’ho infilata nel portafogli. Di mia
madre non ce n’era nemmeno una. Probabilmente lui le aveva gettate via
tutte.
Dopo averci riflettuto un po’, ho deciso di portarmi il telefono cellulare.
Forse, dopo essersi accorto della mia scomparsa, mio padre chiamerà la
compagnia telefonica e annullerà il contratto. In quel caso non mi servirà più
a niente. Ma l’ho infilato lo stesso nel mio zaino. Ci ho messo pure il
caricabatterie. Tanto pesa poco. Se mi accorgerò che non c’è più linea, lo
butterò via.
Nello zaino ho deciso di mettere solo lo stretto necessario. Scegliere i
vestiti è la parte più difficile. Di quanti cambi di biancheria avrò bisogno? Di
quanti pullover? E come regolarmi con le camicie, i pantaloni, i guanti, le
sciarpe, i pantaloni corti, il cappotto? Se comincio a pensarci, la lista è
interminabile. Ma di una cosa sono certo. Non ho nessuna intenzione di
andare in giro in un paese che non conosco con un grosso bagaglio:
equivarrebbe a presentarmi ufficialmente come “ragazzo scappato di casa”. In
questo modo attirerei subito l’attenzione di qualcuno. La polizia mi
prenderebbe in custodia, e sarei rispedito a casa all’istante. Oppure potrei
suscitare l’interesse di qualche banda di balordi del luogo.
La cosa giusta è andare in un posto dove non fa freddo. È questa la
conclusione a cui arrivo. In fondo non è difficile. Sceglierò un luogo dal
clima mite. Così non avrò bisogno del cappotto. E nemmeno di guanti. Se
non c’è il problema del freddo, la quantità dei vestiti da portare si riduce di
almeno la metà. Scelgo abiti leggeri, quelli più facili da lavare e asciugare, e
che occupano meno spazio, li piego e li infilo nello zaino. Poi ci metto un
sacco a pelo tre stagioni, arrotolato stretto in modo da ridurre il volume,
pochi accessori da toilette, un mini-impermeabile, penna e taccuino, e un
minidisc walkman della Sony che è anche registratore, una decina di dischetti
(la musica mi è assolutamente necessaria), e una batteria ricaricabile di
riserva. Questo è tutto. Decido di fare a meno di attrezzi per cucinare. Sono
troppo pesanti e ingombranti. Comprerò da mangiare nei minimarket. Ci è
voluto del tempo, ma alla fine sono riuscito a ridurre la lista delle cose da
portare. Dopo averne aggiunte e cancellate, riaggiunte e ricancellate non so
quante volte.
Il mio quindicesimo compleanno mi sembrava il momento più adatto per
scappare di casa. Prima sarebbe stato prematuro, ma aspettare oltre poteva
essere rischioso. Nei due anni successivi al mio ingresso nella scuola media,
mi sono concentrato e ho allenato il mio fisico in previsione di quel giorno.
Fin dai primi anni delle elementari avevo frequentato i corsi di judo, e anche
alle medie avevo proseguito più o meno allo stesso ritmo. Ma non mi ero
iscritto al club sportivo degli studenti. Quando avevo tempo, correvo da solo
nel campo della scuola, nuotavo in piscina, e andavo alla palestra comunale
ad allenarmi con gli attrezzi. Lì, dei giovani istruttori mi insegnavano gratis il
modo corretto di fare stretching e l’uso degli attrezzi. Cosa dovevo fare per
rafforzare i muscoli di tutto il corpo nel modo più efficace. Quali muscoli
vengono normalmente utilizzati nella vita quotidiana, quali invece possono
essere rafforzati solo con l’uso degli attrezzi, il modo corretto di adoperare la
bench press eccetera. Io che ho la fortuna di essere alto, grazie a un
allenamento costante ho sviluppato spalle larghe e un torace robusto. Agli
occhi di chi non mi conosce, potrei passare tranquillamente per
diciassettenne. Se dimostrassi la mia vera età, avrei problemi a non finire.
A parte le conversazioni con gli istruttori del centro sportivo e le poche
parole scambiate con la domestica che viene a casa a giorni alterni, e a parte
quel minimo di conversazione a cui sono costretto a scuola, non scambio
quasi parola con nessuno. Quanto a mio padre, già da tempo evito ogni
rapporto con lui. Anche se viviamo nella stessa casa, i nostri orari sono
completamente diversi, e lui se ne sta chiuso quasi tutto il giorno nel suo
atelier, che si trova in un altro posto. E poi, inutile dire che io sto attento a
incontrarlo il meno possibile.

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