Nemo – Il ragazzo senza nome – Davide Morosinotto

SINTESI DEL LIBRO:
Il ragazzo aspettava al porto di Le Havre. Era il 28 agosto 1829 e
navi dalle vele bianche come ali di gabbiano disegnavano gra
scuri sulla distesa d’argento del mare.
Il ragazzo era alto, magrissimo, e sudato dalla testa ai piedi. In
e etti era vestito davvero troppo per una mattina di ne estate:
indossava un cappello a cilindro e una giacca con le code, un
panciotto di lana rasata e una camicia stretta al collo da un curioso
papillon verde e rosso. Ma la cosa più bu a era che, pur essendo
abbigliato di tutto punto, aveva ai piedi solo i calzini, che erano
bucati sugli alluci.
In realtà prima di partire il signor Mirat gli aveva procurato un
paio di scarpe, tutte lucide e come nuove, solo che erano più piccole
di almeno due numeri e indossandole gli sembrava di avere i piedi
in una tagliola. Così, appena sceso dalla carrozza, si era tolto quegli
strumenti di tortura e li aveva nascosti nello scomparto sotto il
seggiolino del conducente. Poi aveva preso un cartello e se l’era
sistemato davanti al petto, in attesa.
Il cartello diceva, tutto maiuscolo:
COLLEGIO AMÉLIE PAIMBOEUF
PER GENTILI DAMIGELLE
E GIOVANI GENTILUOMINI
Daniel Lacrosse (così si chiamava il ragazzo) aveva da poco trovato
lavoro come valletto presso il collegio, ed era stato mandato a Le
Havre per accogliere due nuovi studenti: il caso voleva che fossero
proprio una damigella e un gentiluomo.
Il ragazzo sbu ò e levò dal panciotto un orologio a cipolla. Anche
quello gli era stato a dato dal signor Mirat, che si era
raccomandato di trattarlo a dovere.
«Un solo gra o» aveva detto «e siete licenziato.»
Daniel aveva promesso di starci attento, anche perché al collegio
Paimboeuf si trovava bene e non aveva voglia di cercarsi un nuovo
lavoro. Solo che l’orologio segnava le otto e mezzo e la sua prima
ospite avrebbe dovuto essere già arrivata. Che si fosse persa?
«Garsòn! Garsòn!» strillò allora una voce. Garçon signi ca
“ragazzo” in francese, ma la voce aveva un accento così marcato che
Daniel per un momento non riuscì a capire. Poi notò una ragazzina
e una donna che camminavano svelte verso di lui, tenendo sollevato
l’orlo delle gonne.
La ragazzina sembrava un po’ più giovane di Daniel. Aveva gli
occhi chiari, lunghi capelli biondi che le scendevano sulle spalle in
boccoli perfetti e una bu a fessura tra i denti davanti.
La donna invece aveva una faccia giallognola da cipolla
rinsecchita.
«Garçon!» strepitò Faccia-di-cipolla. «Siete voi il valletto del
collegio Paimboeuf?»
Invece di pronunciarlo correttamente, “pemböf”, la donna aveva
detto qualcosa di incomprensibile tipo “paìnbòu”. Daniel tuttavia
tossicchiò e alzò meglio il cartello che diceva, appunto, “collegio
eccetera eccetera”. La donna tirò su col naso.
«Alla buon’ora» commentò. «È un’eternità che vi aspettiamo sulla
nave. E visto che non vi degnavate di arrivare, siamo dovute venire
n
qui lasciando incustoditi i bagagli, come se la signorina
Woodsworth non fosse già molto stanca per il viaggio.»
Daniel squadrò la ragazzina accanto a Faccia-di-cipolla. Più che
stanca, sembrava terribilmente annoiata.
«La signorina Woodsworth sarebbe lei?»
«Ovvio che sì!» esclamò la donna. «Ashlynn Taylor Woodsworth,
glia del signor Henry Hepburn Taylor Woodsworth. E io sono la
signorina Walsh, la sua istitutrice.»
Quella donna aveva una voce davvero insopportabile.
«Ora, se avete nito con le domande, vedete di darvi una mossa.
Come dicevo, la signorina è stanca.»
Daniel scoccò un’occhiata silenziosa ad Ashlynn e alla signorina
Cipolla Walsh.
«E vedete di mettervi le scarpe, per favore!» aggiunse l’istitutrice,
scandalizzata, ssando le calze bucate di Daniel.
Il ragazzo nse di non aver sentito e scappò via lungo il molo, poi
spiccò un salto e fece una capriola. Gli riuscì così bene che non fece
nemmeno cadere il cappello.
Miss Ashlynn Taylor Woodsworth veniva da Boston, in America, ed
era la glia di un importante uomo d’a ari che vendeva acciaio in
mezzo mondo. Ancora bambina era stata spedita in Europa per
migliorare la sua istruzione, aveva trascorso un periodo a Londra e
adesso si stava trasferendo in Francia per frequentare il collegio di
Madame Paimboeuf.
Come molte signorine della sua età ed estrazione sociale, Miss
Ashlynn adorava i bei vestiti: infatti aveva portato con sé un bel po’
di bagagli, che ora sul molo formavano una torre traballante di
valigie, bauli, cestini e cappelliere.
Al riparo del suo ombrellino prendisole, Ashlynn rimase a
osservare il valletto del collegio che trasportava quella montagna di
roba sulla carrozza, sudando come un cammello sotto il sole.
Il ragazzo aveva detto di chiamarsi Daniel, le sembrava, e aveva
una faccia simpatica. Ad Ashlynn un po’ dispiaceva che dovesse
accollarsi da solo tutte le sue valigie, e allo stesso tempo lo
invidiava: almeno lui non doveva sorbirsi la signorina Walsh che
brontolava e sbu ava come una teiera.
«Ma quanto ci mette quel buono a nulla?» mormorò la donna.
«Siamo già in ritardo, dovevamo partire almeno un’ora fa…»
Daniel caricò anche l’ultimo baule sul tetto della carrozza, quindi
disse: «Temo che ci vorrà ancora un po’: mi hanno mandato a
prendere anche un altro studente. Dovrebbe essere qui a momenti.
Almeno credo.»
Il valletto riprese il suo cartello e si appostò accanto ai cavalli.
Dopo un attimo, Ashlynn si decise e si sistemò vicino a lui
sorridendo. Aveva temuto di dover fare tutto il viaggio da sola
insieme alla noiosissima signorina Walsh, e ora invece scopriva che
ci sarebbe stato anche un altro studente a farle compagnia. Magari
era carino, e magari era un suo futuro compagno di classe.
Ashlynn non aveva mai avuto un compagno di classe, perché no
a
quel momento le era sempre toccato studiare in casa, in
compagnia di qualche istitutrice privata. Come la Walsh, appunto.
«Tornate subito a bordo, Miss Ashlynn» la richiamò la signorina
mettendo il naso puntuto fuori dalla carrozza. «Non sta bene che
una dama aspetti accanto al cocchiere. E… Santo cielo, ma quello
cos’è? Un leone?»
Ashlynn sentì Daniel schiare piano.
«Un leone no di sicuro» borbottò il ragazzo. «Ho lavorato al circo
e so quel che dico. Quindi dev’essere un cane… ma di così grossi
non ne avevo mai visti.»
Ashlynn si voltò e il suo sguardo si posò su un animale enorme,
con la pelliccia grigio cenere e la testa coronata da una folta
criniera. Accanto a lui camminava un ragazzino con i capelli neri e
la pelle del colore di un chicco di ca è. Il ragazzo era snello e
piccoletto, con occhi grandi e denti bianchissimi. Indossava una
camicia di tela e pantaloni stretti alla caviglia, di foggia orientale. In
spalla portava una sacca da viaggio che costituiva tutto il suo
bagaglio.
Il ragazzino si fermò proprio davanti a loro e il suo enorme cane
si fermò con lui (Ashlynn non poté evitare un piccolo strillo di
spavento). Il nuovo arrivato lesse con attenzione il cartello di
Daniel, poi accennò un inchino e tolse dalla sacca un foglio di carta
ripiegato con cura.
Ashlynn sbirciò Daniel che leggeva e notò che il foglio era una
lettera di presentazione per il collegio Paimboeuf. Dunque quello
strano ragazzo era il secondo ospite che stavano aspettando.
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