Libertà e potere non vanno in coppia – Jean Paul Sartre

SINTESI DEL LIBRO:
In un’ampia conversazione con alcuni militanti di Lotta Continua. Jean
Paul Sartre risponde alle polemiche in cui è stato coinvolto negli ultimi
mesi ed espone gli approdi recenti della sua riflessione teorica, culturale,
politica. L’appello degli intellettuali francesi, la tendenza autoritaria degli
Stati europei, l’eurocomunismo, il dissenso nell’Est, la funzione degli
intellettuali, la libertà e il potere nei movimenti degli ultimi anni, il
marxismo oggi. Un messaggio ai giovani che andranno a Bologna.
Jean Paul Sartre è il più prestigioso tra gli intellettuali francesi
f
irmatari dell’appello contro la repressione in Italia. Grande scandalo
ha recato il fatto che egli vi abbia aderito. Il ministro Cossiga lo ha
bruscamente invitato a non impicciarsi degli affari altrui. E il PCI ha
avvertito che il filosofo è ormai «vecchio e quasi cieco».
Sull’argomento, come sulle sue posizioni politiche e i suoi
programmi di lavoro, Sartre aveva mantenuto il silenzio durante
tutti gli ultimi mesi. Ha però accettato volentieri di concedere
un’intervista esclusiva a Lotta Continua. Così lo abbiamo potuto
incontrare in un caffè romano, nei pressi dell’albergo in cui — da
molti anni — trascorre i suoi mesi estivi con Simone de Beauvoir. Più
che di un’intervista si è trattato di una conversazione nel corso della
quale alcuni militanti di Lotta Continua hanno informato Sartre della
situazione italiana ed hanno discusso con lui. Alla conversazione ha
preso parte anche Simone de Beauvoir.
«Perché dopo tanti anni vi date ancora abitualmente del "voi"?»
Simone de Beauvoir ride. «La colpa è mia — risponde — che ero
abituata sin da bambina a dare del "voi" ai miei genitori, e poi a tutti
gli amici più cari. Sartre, per parte sua, aveva l’abitudine di dare
spesso del "tu", ma si è lasciato imporre questo mio costume.»
Quando entriamo nel vivo della conversazione Sartre parla
lentamente e misura le parole con voce stanca. Ha superato i settanta
anni e pesano sul suo fisico le fatiche degli anni ’50, quando si era
imposto un ritmo di lavoro troppo elevato. Nonostante ciò è con
lucidità che risponde alle nostre domande. La prima domanda,
naturalmente, è sull’appello contro «la repressione del compromesso
storico» degli intellettuali francesi.
L.C.: «Sartre, perché ha firmato?»
Sartre: «Ho firmato pur approvando solo in parte le considerazioni
contenute in quell’appello: in particolare ritengo imprecisa la
definizione di "repressione del compromesso storico". Ma non ho
dato grande importanza alle definizioni perché non posso accettare
che un giovane militante sia assassinato per le strade di una città
governata dal partito comunista. Tutte le volte che la polizia di uno
Stato spara su un giovane militante, io sto dalla parte del giovane
militante.»
L.C.: «Già, ma nell’appello si denuncia anche la mutata qualità della
repressione in Italia da quando i principali partiti politici hanno
raggiunto un accordo di vertice. Basta pensare all’atteggiamento
diversissimo che il PCI ha tenuto nei con fronti del movimento
giovanile e studentesco: nel ’68, seppur criticamente, lo appoggiava;
oggi gli si contrappone.»
Sartre: «Io sostengo da tempo che in tutta L’Europa occidentale è in
corso una involuzione autoritaria degli Stati. Il modello è quello
della Germania federale. Credo che l’eurocomunismo sia al tempo
stesso partecipe e vittima di questa tendenza; ne è percorso come
tutti gli altri partiti politici. Immagino che ciò valga anche per il
PCI.»
L.C.: «Eppure lei ha sempre considerato il PCI un partito più "ricco"
e radicato che non il PCF.»
Sartre: «Sì, l’ho pensato a lungo, almeno fino alla svolta del
compromesso storico. Vedo molto male il compromesso storico, anzi
penso che proprio di lì — dalla ricerca di un rapporto con la
Democrazia Cristiana - si origini la tendenza del PCI verso
l’autoritarismo. Il PCI non è più quello di Togliatti.»
L.C.: «Dunque il PCI trarrebbe soltanto dal suo rapporto con la DC
— da sempre reazionaria — la sua vocazione autoritaria? Non crede
che porti una sua idea, un suo contributo specifico alle svolte dello
Stato?»
Sartre: «Certamente sì. C’è una violenza specifica dei partiti
comunisti, quello dell’URSS parla per tutti. Ma il partito italiano
riusciva con Togliatti ad evitare queste forme di totalitarismo, ora ci
sta tornando. Comunque io non credo che l’eurocomunismo sia un
comunismo senza violenza. Vi ripeto, ho conosciuto Togliatti e tanti
uomini di cultura legati al PCI, e vedevo in loro una "souplesse" che
mancava ai dirigenti stalinisti del PCF. Secondo me ciò dipendeva
dal grande scontro con il fascismo e dalla vittoria del ’45, ottenuta in
nome di un’idea di libertà molto radicata tra le masse. Vi era in
quegli uomini una forte attenzione ai movimenti sociali, oggi invece
l’attenzione è concentrata sul lo Stato e sul Potere.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo