L’impero del sogno – Vanni Santoni

SINTESI DEL LIBRO:
«Com’è cominciata, mi chiedi? Non lo so come è cominciata. Il
momento esatto, intendo. È stata una storia strana, sai? Lo so che lo
sai, era per dire… Strana, e lunga, nonostante in tutto, di là, non siano
passati che dodici giorni. Di certo, però, è cominciata con un sogno.
Eh, tu ridi. È vero, fa un po’ ridere, adesso, messa così. Ci sono delle
mattine in cui si sveglia e per qualche secondo pensa che è stato tutto
un sogno. Sono belle, quelle mattine. Dove l’ho letta questa?
Dovunque l’abbia letta, capita anche a me. E invece eccoci qui. Io e te,
e i cani di Phersu. Io, te e i cani, in questo mondo da cui fuggire, come
da una nave che affonda… Ma, davvero, all’inizio era un sogno
normale. Pensa che cominciava dal giardino dei miei nonni, in
campagna. Puoi immaginare qualcosa di più rassicurante? Poi un
deserto, con una piramide, anzi una ziggurat, in mezzo, e dopo di esso
sotterranei, un labirinto, un castello, un lago… tutti “materiali base
dell’inconscio” avrebbe detto Iacopo. E in effetti, sì, se mi chiedi come
è cominciata, nel primo ricordo che mi sovviene c’è proprio quel
fanfarone di Iacopo il Gori, lì al negozietto di giochi dove buttavamo
le giornate. Aveva iniziato a essere ricorrente, quel sogno, oltre che
sempre più vivido, così feci una cosa che non avevo fatto mai, per
nessun problema, e che quando sarebbero cominciati i problemi veri, i
nostri problemi, non avrei proprio più potuto fare: ne parlai con un
amico.»
«Senti, Iacopo…»
«Cosa? Il nero l’ho finito eh. Però forse alla tipa del Dimpe arriva la
skunk.»
«Macché skunk… Dai retta, tu sei uno psicologo, no?»
«Ora, “psicologo”. Faccio psicologia.»
«Eh.»
«Sì vabbè, anche adesso dovrei essere a lezione. Invece sto qua a
giocare a Magic. Comincio io?» dice poi rivolgendosi a Mimmo seduto
davanti a lui, che annuisce. «Allora. Palude, tappo, Rito oscuro, tre
mana neri, Sogni del mondo sotterraneo. Passo.»
«Dai, non è possibile. Te la sei preparata quest’apertura» si lamenta
Mimmo.
«Ma di che…»
«Cioè, boh, se devi barare puoi giocare da solo…» dice Mimmo e
sbuffando si alza.
«Se volevo barare ti facevo tre Riti e un Mind twist… E vabbè. Per
quanto mi riguarda ti sei arreso!» gli urla dietro mentre quello va
nell’altra stanza. Poi si volge di nuovo a me: «Quant’è bella però, eh
Mella, Sogni del mondo sotterraneo? Non le fanno più carte del
genere».
«È forte, ma non mi è mai garbata. Alla fine fa un danno a turno,
niente di più.»
«Non dicevo come potenza. Guardala, disegno con Dante e
Virgilio, citazione di Rabindranath Tagore… Senti qua: “Nell’assopita
e buia caverna della mente, i sogni fanno il nido con frammenti caduti
dalla carovana del giorno”… Adesso le Magic sono tutte impostate su
immaginari fantasy stravisti, niente più arte, niente più mistero… Ma
insomma, dicevi?»
«Dicevo che volevo chiederti un po’ di cose di psicologia, anche se
non sei ancora psicologo…»
«E forse non lo sarò mai!» ghigna girandosi una sigaretta.
«Va bene, ma un po’ di cose le saprai. Per esempio sui sogni…»
«Ah, i sogni! La strada maestra verso l’inconscio. Freud.»
«Ecco, appunto. Ci sono delle teorie, no? Dico, sulla loro
interpretazione.»
«Eh, se ci sono» dice lui gingillandosi con l’estensore al lobo
dell’orecchio. «Quante ne vuoi. Attivazione-sintesi…»
«Cos’è, Jung?»
«Hobson. L’idea che i sogni siano solo tentativi di organizzazione
di materiale random emesso dal cervello in fase REM. Jung no, Jung
pensava che i sogni attingessero all’inconscio collettivo, simboli unici
per tutti, elementi base scritti negli strati corticali più antichi…»
«Ecco, appunto, se sogno di essere in una distesa desertica, sai tipo
quadro di Dalí? Con elefanti dalle zampe lunghe come quelle dei
ragni che procedono lenti, anzi, solenni, all’orizzonte…»
«Magari vuol dire solo che hai visto un quadro di Dalí.»
«Sì ma poi c’è una ziggurat. Non ci sono ziggurat nei quadri di
Dalí.»
«E com’è questa ziggurat?»
«Eh, tipo quelle maya o sumere, però in cima c’è un altare, nero,
tipo di ossidiana… Poi arrivano degli uccellacci che mi attaccano…»
«Sai che questa non mi suona nuova?»
«No?»
«Aspe’, fammi pensare… Mmm… Paride!»
«Che c’è?» dice il Paride dal tavolo accanto, alzando gli occhi sopra
il ventaglio di carte che ha in mano.
«Ziggurat. Uccellacci in cima. Ti dice qualcosa?»
Il Paride prende la sigaretta dal posacenere. Dà un tiro. Ci pensa un
poco. La appoggia di nuovo. Fa un anello. Sbuffa il resto del fumo, poi
ci guarda con intensità volutamente esagerata:
«Topolino e la spada di ghiaccio.»
«Dai ragazzi, sono serio.»
«Anch’io sono serio» dice Iacopo. «Anche il Paride è serio. Vero,
Paride?»
«Mh mh» fa quello, e si rimette a giocare.
«Va bene Iacopo, ma non ci sono, tipo, delle corrispondenze? Ho
letto da qualche parte che se uno sogna di volare in realtà sta
sognando di fare sesso.»
«Sai cosa si dice rispetto a quella storia? E allora, cosa stai sognando
in realtà, quando sogni di fare sesso?»
«Va bene. Ma poi cado da una botola sulla cima della piramide e
finisco in un mondo sotterraneo tutto tubi e valvole…»
«Nightmare on Elm Street.»
«Uff. Mettiamo che sia quello. Ma dopo arrivo in un labirinto di
siepi, che fa parte di un giardino, che è il giardino di un castello che si
vede all’orizzonte…»
«Temibile?»
«Abbastanza. Infatti nei villaggi sotto…»
«Oh balordi, chi la fa una partita?» dice il Torcia rientrando dal
cesso e finendo di abbottonarsi la patta.
«Aspetta, Torcia, il Mella mi sta raccontando un sogno…»
«Erotico?»
«Ma di che. Direi più iniziatico.»
«Iniziami ’sta ceppa… Vabbè, se non volete giocare a carte allora
vado di là a farne una a Command & Conquer col Pierre…»
«Una a Command & Conquer me la farei anch’io…»
«No, con te al computer non ci gioco, Mella, sei troppo furbo.»
«Non sono furbo, sono bravo.»
«Devi anche portarmi la beta di Fallout. E Diablo, già che ci sei: sono
l’unico che non c’ha ancora giocato.»
«Se devi giocare a Diablo puoi giocare a Rogue.»
«Sapete che in biblioteca hanno messo Internet?» fa Iacopo.
«Sì, il Pierre è andato a vedere il sito che segue la cometa…» dice il
Torcia.
«T’immagini! È pieno di pornazzi, e quello va a vedere la cometa!»
«Iacopo, dai. Fammi finire di raccontare.»
«Ok, ok. Dicevi?»
«Dunque… lì sotto, cioè, nei villaggi sotto, la gente è abbastanza
ostile, così scappo, e da lì corro via, attraverso delle strade con gli
edifici tutti distorti, tipo, sai… espressionismo tedesco..?»
«Vedi? Tutte cose che hai visto o conosci, e che rimaneggi. Anche il
giardino e il castello, chissà da dove li hai presi.»
«Ma è tutto molto più vivido che in un sogno normale. Anzi, è
come se diventasse sempre più vivido ogni volta che ci torno. Dopo il
villaggio arrivo in una valle segnata da un cipresso, ma bianco, e lì c’è
un lago di acqua fredda, non la tocco, ma in qualche modo so che è
fredda, e a sorvegliare il lago ci sono guardiani mostruosi…»
«Dai retta. Se chiedi a me, fermo restando che il vecchio Freud, che
ci infila sempre la mamma, il babbo, il sesso e i traumi, ci prende più
spesso di quanto non ci piaccia ammettere, la vedo un po’ come Jung,
nel senso che alcune immagini sono più ricorrenti o evocative di altre
perché sono percepite come più significative dalla nostra specie, o
dalla nostra cultura, e finiscono per formare i materiali base
dell’inconscio. Erich Fromm ne aveva una bella, diceva che i sogni,
come i miti, sono canali per comunicare con noi stessi. Ma vuoi sapere
la verità? La verità è che nessuno è mai venuto a capo dei sogni. C’è
chi dice che servono per connettere dati e pensieri, chi li vede come
una specie di sistema d’archiviazione, chi invece come il “cestino”,
mentre un tipo, non chiedermi chi, sosteneva che sarebbero un
generatore casuale di idee, utile per svilupparne di nuove, sai, tipo le
mutazioni nella selezione naturale. C’è pure un finlandese che dice
che servono a testare le situazioni di pericolo, per questo si
sognerebbero spesso esami, inseguimenti… Il che però non spiega
perché sogno sempre di mangiare gelato gusto Kinder. O di andare a
letto con la Greta. Pardon, di volare con la Greta.»
«Infatti un altro problema è che, ok, attraverso tutti questi luoghi
assurdi e simbolici, ma lo sai per andare dove? A un palacongressi. Ti
rendi conto? Ziggurat, labirinti, laghi sotterranei, e tutti a dirmi: Per il
Palacongressi? Di là! Presto ragazzo, corri, non vorrai arrivare tardi al
Palacongressi! Di cose strane ce ne sono; per dire, al castello mi
prendono per un agrimensore, ma su questa del palacongressi ci
insistono proprio.»
«Magari per te è un simbolo con una valenza particolare…»
«Non ci sono neanche mai stato a un palacongressi» dico, poi mi
viene in mente una volta che andai, da piccolo, con mia madre, a
sentire un convegno dove doveva parlare il babbo, ma il suo
intervento fu tagliato…
«Ulteriore conferma del fatto che non c’è niente da interpretare. Sai
come si dice? L’interpretazione dei sogni è una disciplina utilissima
per rivelare la personalità di chi li interpreta. Vabbè, Mella, io vado.»
«Aspetta, Iacopo, dove…
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