Le strane logiche dell’amore – Tania Paxia

SINTESI DEL LIBRO:
Ah! Non ci credo che ti chiami davvero Cameo Pink!”.
Sì, erano in molti a dirmelo, ma da quando avevo aperto il mio blog
letterario questi commenti erano aumentati a dismisura. Dapprima
tutti pensavano che Cameo Pink fosse un nickname, ma quando
avevo dichiarato che era il mio nome di battesimo nessuno
sembrava crederci. Andiamo… Non è poi così strano. Esistono altre
persone che si chiamano Cameo. O almeno è quel che credevo.
Cioè, non potevo di certo essere l’unica al mondo ad avere quel
nome.
Le cose si complicavano quando dovevo presentarmi alle persone
dopo una convenevole stretta di mano: “Cameo Pink MacKenzie.
Piacere di conoscerti”. Sì. Pink era il mio secondo nome. Cameo
Pink è una variante di tonalità del colore rosa e mia madre era
un’artista – inguaribile hippy – quindi non potevo pretendere gran
cosa nella scelta del nome. Mi ero vergognata persino di scriverlo
sul campanello di casa e così avevo lasciato la targhetta in bianco.
Cosa poteva fare nella vita una con un nome così? L’avvocato?
L’agente di borsa? La dirigente di banca? L’architetto? La poliziotta?
No. La disoccupata, da quando mi avevano licenziato per il
ridimensionamento dell’organico in una grande catena di
abbigliamento e cosmetici di Londra nella quale avevo lavorato solo
per pochi mesi.
Ero una ventiseienne disoccupata, laureata in Letteratura
comparata conseguita con il massimo dei voti all’Università della
California, grazie a mio padre che mi aveva obbligata a studiare a
Los Angeles, città dove i miei si erano conosciuti, sposati e avevano
deciso di vivere fin quando mia madre non era tornata a Londra e
aveva rovinato tutto. Durante la mia infanzia e parte della mia
adolescenza ero stata sballottata tra la California e l’Inghilterra e
passavo da una “abbronzatura invidiabile” a un “pallore
inguardabile”. Dopo il periodo universitario avevo ridotto i miei viaggi
a Los Angeles, fino a quando mi ero stabilita definitivamente a
Londra, in un grazioso monolocale nel quartiere di Camden insieme
a Flash, il mio Basset hound di due anni, che mi voleva bene in
modo incondizionato.
Ero appena rientrata a casa per cena e, siccome ero stata via tutto
il giorno, la prima cosa che feci fu accendere il MacBook – regalo di
mio padre – per leggere la posta elettronica, dato che sul cellulare
non avevo il collegamento Internet.
Spam. La leggo dopo. Posta indesiderata. La leggo dopo. Non
importante. Quasi importante. Importante. Avevo la testa poggiata su
una mano, ma rizzai le antenne non appena vidi l’indirizzo di una
delle tante email che ricevevo ogni giorno. Quella era proprio una di
quelle email che riempiono il cuore di gioia. Che risollevano il morale
dopo una giornata da schifo trascorsa a inviare ovunque il mio
curriculum e ad aiutare mia madre nella sua sala da tè sperimentale
a Notting Hill, che, per la cronaca, era a più di mezz’ora di
metropolitana da casa. Non tanto per soddisfare il mio senso
ambientale, ma non avevo un soldo e quindi nell’ultimo periodo
percorrevo quella distanza in bicicletta impiegando il doppio del
tempo e della fatica. Ma almeno mi tenevo in forma e risparmiavo
anche i soldi della palestra. Mettiamola così.
Mi avvicinai al computer portatile per leggere meglio l’email.
Da:
ufficiostampa@wanderlustbooks.co.uk
Inviato: giovedì 12 maggio 2016 15:55
A:
cameopinkblogger@gmail.com
Oggetto: Anteprima esclusiva
Ciao Cameo,
ti contatto per informarti che sei stata selezionata per ricevere un nostro libro di
prossima pubblicazione in anteprima esclusiva.
Lo riceverai a breve.
George Moore
Ufficio stampa
Wanderlust Books
«Oh quale onore», pensai ad alta voce.
Capitava spesso che la Wanderlust Books mi offrisse di leggere i
libri in anteprima per recensirli. Ma quasi mai in anteprima esclusiva.
Di solito me ne inviava una decina al mese di recente pubblicazione
in cambio di una mia sincera e onesta opinione. Detto in parole
povere mi davano libri gratis e io dovevo condividere il mio pensiero
sui social e sul mio blog che contava più di quattromila iscritti. Era
un’ottima pubblicità per loro e un’ottima occasione per me di
trascorrere il tempo impegnata in quello che più mi piaceva fare:
leggere. Ricevevo così tanti romanzi che non avevo bisogno di
comprarne altri, che è un po’ il sogno di tutte le blogger letterarie.
Anche se in realtà, quando c’erano libri interessanti, li compravo lo
stesso. «Ti pagano in libri», diceva sempre mia madre. E in effetti
era così. Ogni volta che ricevevo un pacco per posta o tramite
corriere per me era come se fosse Natale.
Nell’email era specificato anche che lo avrei ricevuto a breve e io
non vedevo l’ora di immergermi nella lettura di quel libro. La
Wanderlust pubblicava i miei autori preferiti e si aggiudicava sempre
i romanzi più interessanti. Era una garanzia ormai.
Adesso non mi restava che aspettare e, dato che ero la ragazza più
curiosa del mondo, non vedevo l’ora di sapere quale romanzo fosse.
Sperai di non ritrovarmi l’ennesimo young adult, perché nell’ultimo
periodo non avevo fatto altro che leggere quel genere. A ventisei
anni suonati ero ancora un’adolescente, ma solo dentro la mia testa.
Non avevo un genere preferito. Ero una lettrice onnivora, quindi
tutto ciò che era stampato su carta – o impresso su uno schermo
io lo leggevo. Se proprio avessi dovuto scegliere, allora avrei
preferito i romanzi fantasy, ma anche i rosa e di tanto in tanto anche
i
gialli, il primo vero amore letterario della mia vita. Forse era come
diceva mia madre: «Leggi perché la tua vita non è come la vorresti».
E in parte aveva ragione, anche quando diceva che stavo
diventando un’asociale chiusa in me stessa da quando il mio
fidanzato si era trasferito in Svezia con la svedese che aveva
conosciuto nel pub dove lavorava. Non ero certo una top model, ma
avevo un certo fascino. Ovviamente quel certo fascino era ben
diverso dalla Barbie con cui mi aveva sostituita. Non c’erano
paragoni: io bassa, lei alta con le tettone, io senza. Lei aveva gli
occhi di un colore azzurro ghiaccio, io di un verde scuro, quasi
marrone. Lei bionda, io di un colore indefinito che variava a seconda
della tonalità della tinta per capelli, lei era il tipo da tacco a spillo, io
da scarpe da ginnastica o ballerine. Lei bionda… no questo lo avevo
già detto.
Venivamo da due mondi diversi. Non sembravamo neanche della
stessa specie. Era un’aliena. Sì, non c’erano dubbi.
Rifiutavo di vedere anche i miei amici, se potevo.
Toc-toc! Chi poteva essere a quell’ora? Erano le sette di sera.
Flash, da gran dormiglione qual era, già sonnecchiava; aveva
drizzato le orecchie lunghe ma non si era spostato dalla sua
copertina imbottita preferita a scacchi scozzesi, che avevo sistemato
proprio sotto la grande finestra che si affacciava sul giardino
condominiale. Con passo ciondolante e svogliato raggiunsi la porta
per dare un’occhiata dallo spioncino. Alzai gli occhi al cielo e
trattenni uno sbuffo in grande stile. Feci scattare le tre serrature di
sicurezza e aprii con una certa reticenza, perché già sapevo che
avrei potuto dire addio alla mia serata programmata: pigiama,
pantofole, pizza, serie TV e libri.
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