Le pagine scritte dal tempo – Barbara Scudieri

SINTESI DEL LIBRO:
L'isola delle nuvole si stava lentamente risvegliando e la nebbia notturna
aveva, ormai, smesso di avvolgere le verdeggianti colline che ora brillavano
di sublime bellezza alla luce di un sole sfuggente che ben presto sarebbe
sparito lasciando posto all'imprevedibilità e al capriccio del clima scozzese.
La B&D Library era composta da tre piani. Al primo e al secondo erano i
libri a regnare sovrani. Silenziosi e imponenti dominavano tra gli scaffali
come presenze oscure che mai avrebbero lasciato quel luogo, essendone i veri
padroni, i reali custodi. All'ultimo piano vi erano le camere. Una decina in
tutto. Dea McBride aveva avuto l'ottima idea di trasformare la biblioteca di
famiglia, che vantava una storia antichissima che si perdeva nel tempo, in un
grande albergo che dava la sua facciata sull'immensa distesa dell'Oceano
Atlantico. La scogliera di Kilt Rock che ospitava la B&D Library era
maestosa e tra le più suggestive e affascinanti dell'isola. In estate, quando la
bella stagione lo consentiva, erano molti i clienti, soprattutto stranieri, che si
recavano in quel luogo per trascorrere qualche giorno nel silenzio, tra mare e
libri. D'inverno, invece, a Skye regnava una quiete sovrana e gli abitanti
potevano godersi, indisturbati, la bellezza suggestiva dei paesaggi dall'alba al
tramonto. Quel giorno era il trenta novembre e Dea attendeva l'arrivo
dell'unico cliente che avrebbe soggiornato in albergo per l'intera settimana.
Rilesse la prenotazione che aveva appuntato sulla sua agenda. Il nome “Philip
Noir” era scritto in rosso ed era seguito dal suo numero telefonico. Non
sapeva bene il motivo né poteva immaginarlo minimamente ma quell'uomo la
incuriosiva non poco. Al telefono la sua voce, benché calda e avvolgente, le
era parsa formale come se racchiudesse in sé, nello stesso tono, un qualcosa
di sfuggente e di effimero che non sapeva definire. Nessun cliente le aveva
destato prima tanta curiosità. Forse era per quel nome. Philip Noir. O forse
era perché la solitudine di quel luogo, quella biblioteca albergo adagiata su
un'alta scogliera a picco sul mare, la spingeva a pensare troppo alle cose.
L'arrivo di Philip Noir era stabilito per le dieci. Dea sorseggiò il caffè e si
perse con lo sguardo nella schiuma delle onde che si infrangevano,
implacabili, sulle rocce ai piedi della scogliera. Mancava più di un'ora
all'arrivo del suo unico cliente, quindi aveva un bel po' di tempo per pensare a
sé. Sistemò le ultime cose nella camera del suo ospite, si assicurò che tutto
fosse a posto e poi si mise a vagare tra gli scaffali del secondo piano. Dove
erano custoditi i libri più antichi. Passeggiare tra i libri, immersa nel silenzio
più totale, era la cosa che le piaceva di più. La aiutava a sentirsi meno sola.
Dalla scomparsa di Robert, il marito, tutto le era sembrato immobile. Come
se ogni cosa si fosse fermata a quel giorno in cui l'uomo era uscito in barca e
non era più tornato. Aveva pagato cara la sua passione per il mare. Ma che
cosa poteva essere successo in quelle ore? Il tempo era sereno e nessuna
tempesta aveva potuto ostacolare la rotta della “Purple Rain”, così era il
nome della loro imbarcazione. Portava il titolo della loro canzone preferita.
L'avevano scelto insieme il giorno del loro matrimonio quando il suocero di
Dea, il papà di Robert, aveva consegnato le chiavi della barca al figlio e alla
sua sposa e lei per la prima volta aveva visto il marito commuoversi per quel
gesto paterno inaspettato. Le sembrava, ormai, trascorsa un'eternità e,
nonostante avesse da poco compiuto trentacinque anni, Dea McBride sentiva
addosso il peso di quel lutto come un fardello che toglieva giovinezza e
spensieratezza alle sue giornate, facendola sentire una donna spenta.
La B&D Library era la sua unica occupazione e portare avanti la gestione di
quel luogo era tutto ciò che contava per lei. Era ciò che le occorreva per
riempire lo spazio vuoto lasciato da Robert e per alleggerire i ricordi quando
divenivano talmente pesanti da bloccarle il respiro in gola. Dea McBride era
solita scegliere sempre un libro da lasciare sul letto ai suoi ospiti. Era una
sorta di benvenuto. Un rituale che lei eseguiva non solo per abitudine ma
anche per estremo diletto. Per la scelta del testo si basava sulle sensazioni che
le persone le lasciavano al momento della prenotazione. Il tono della voce, il
modo di parlare, il calore o la freddezza che riuscivano a trasmetterle
attraverso l'apparecchio telefonico. Ma per Philip Noir Dea non riusciva a
scegliere nulla che la potesse convincere appieno. L'uomo le aveva lasciato
addosso al momento della prenotazione un senso di inquietudine che non
sapeva definire. Scelse, così, un libro a caso. Tra le mani si ritrovò “La
tempesta” di Shakespeare. Lasciò l'opera teatrale sul letto e si chiuse la porta
alle spalle. Si diresse alla reception che era al piano terra. Gettò uno sguardo
oltre la vetrata notando un movimento al di là della finestra. Spencer, il
labrador che accompagnava le sue giornate, era impegnato in uno dei suoi
giri di perlustrazione. Sorrise, guardando il grosso cane scacciare uno dei
gabbiani che era solito adagiarsi su un piccolo lampione all'ingresso nel
giardino e dominare l'atrio con il suo becco aguzzo e l'aria fiera di chi
conosce sia la terra sia il mare.
Il telefono la fece sobbalzare.
“Pronto?”
“La chiamo per conto di mio marito. Philip Noir. Ha prenotato una camera
per una settimana presso la vostra struttura. Volevo comunicarle che
arriveremo stasera.”
“Buongiorno. Sì, la prenotazione è per una camera singola... Non sapevo che
il signor Noir fosse in compagnia. Vuole che prepari una matrimoniale?”
“La ringrazio. E' molto gentile. Sì, sarebbe meglio una matrimoniale. Se non
è un problema, naturalmente. Ci vediamo più tardi, Mrs McBride.”
“D'accordo, Mrs Noir. A stasera.”
Dea concluse la telefonata e sospirò. Le camere erano tutte in perfetto ordine
e quel cambiamento non le provocava alcun problema. Raggiunse il piano
superiore, prese gli asciugamani, afferrò “La tempesta” di Shakespeare e aprì
la stanza numero tre. Quel testo, ora, non le sembrava più adatto ad una
coppia di marito e moglie che si accingeva a trascorrere un tranquillo
soggiorno in quel paradiso. Ma non aveva voglia di scegliere un altro libro,
quindi lasciò tutto nella camera matrimoniale, che era la più spaziosa
dell'albergo, e si chiuse la porta alle spalle. Aveva voglia di fare una
passeggiata con Spencer e sentire il mare ruggire sul suo viso. Si diresse
all'esterno avvolgendosi in un lungo cappotto nero che la copriva sino alle
caviglie. La scogliera la attendeva. Trascorse un bel po' di tempo tra il vento
e le rocce ad ascoltare quello che l'Oceano aveva da dirle. Ogni volta quel
dialogo tra lei e il mare era un conflitto. Una guerra. Una lotta. Uno scontro
all'ultimo sangue. Spencer sembrava capire quando la lotta diveniva più dura
e fissava la sua padrona con occhi languidi come se intuisse il conflitto
interiore che la dominava e le continue domande che porgeva al mare a
proposito della sorte di Robert. Domande alle quali non vi erano mai risposte.
Il mare taceva implacabile e austero, fiero della sua forza. Robert era morto
inghiottito dalle spire delle onde e non vi era nient'altro da sapere. Il tempo si
fermò più volte, ma senza alcun risultato.
Quando Dea fece ritorno alla reception notò la sagoma di un uomo dinanzi
alla vetrata, all'interno della B&D Library. Aveva lo sguardo rivolto in un
punto indefinito e sembrava non accorgersi della sua presenza che avanzava
velocemente verso l'albergo insieme al labrador. Una grossa valigia grigia era
ai suoi piedi.
“Buongiorno. Posso esserle utile?”, chiese trafelata per la salita, chiudendo la
porta sul muso di Spencer che rimase all'esterno della struttura e iniziò a
guaire dolcemente in segno di protesta.
“Buongiorno”. La voce dell'uomo parve a Dea subito familiare.
“Ho prenotato una camera. Il mio nome è Philip Noir.”
“Piacere, io sono Dea. Dea McBride. Signor Noir, ha da poco telefonato sua
moglie. Mi ha detto che sareste arrivati in serata... Ho preparato per voi una
camera matrimoniale...”
“Lasci perdere Mallory...”, fece l'uomo, scuotendo la testa.
“Mallory?”. Dea faceva fatica a comprendere cosa quell'uomo volesse
intendere con quella frase. Lo sconosciuto sorrise.
“Non deve mai ascoltare Mallory”
“Mi scusi, signor Noir. Dunque, lei è solo? Sua moglie non è con lei?”
“Mallory è ovunque. E' un po' come il mare che circonda Skye. Lei non
ascolti nulla di quello che le dice. O se proprio la vuole ascoltare faccia finta
che sia come il sibilo del vento quando comincia a soffiare. Prima o poi non
lo sentirà più... E' solo questione di tempo. E allora scomparirà per un po' per
poi tornare nuovamente...”
“Mallory, dunque, è sua moglie?”, chiese la donna in preda alla confusione.
“Mallory è tutto quello che un uomo può desiderare e odiare. Ma la prego
non mi chieda altro. Sono molto stanco per il viaggio.”
Dea restò ad osservare Philip Noir. I capelli grigi dell'uomo gli donavano
grande fascino. Doveva avere una cinquantina di anni, ma il suo viso
possedeva quelle impercettibili rughe che emanavano un grande senso di
sicurezza e di esperienza. Provò a immaginare di che cosa si occupasse nella
realtà, ma nella sua testa il nome “Mallory” aveva rapito i suoi pensieri,
dominandoli e soggiogandoli.
“Le chiedo scusa, Mr Noir. Le consegno subito le chiavi della sua camera. La
camera matrimoniale andrà bene lo stesso?”
“Certamente, Mrs McBride”. L'uomo si guardò intorno. “Questo posto è
davvero fantastico. Un albergo biblioteca posto su un'enorme scogliera a
picco sull'Oceano... Qui c'è tutto quello di cui l'uomo ha bisogno...”
“Questo posto apparteneva alla mia famiglia. All'inizio era solo una casa. Poi
mio nonno la ampliò e la trasformò negli anni in una grande biblioteca che,
da privata, poi divenne pubblica. Era uno scrupoloso collezionista di libri e
con il trascorrere del tempo ne accumulò a migliaia. Alle volte se li faceva
spedire dall'America, altre volte era solito intraprendere dei viaggi
lunghissimi per cercare i testi che stuzzicavano la sua curiosità e la sua sete di
conoscenza. E se non li trovava era capace di restare a lungo in un luogo,
lontano dalla casa e dalla famiglia, pur di scovare l'ago nel pagliaio. Era
solito dire che i libri hanno bisogno di lunghi periodi di solitudine per essere
letti e capiti a fondo...”
“Concordo con suo nonno. In un libro ci sono molti segreti e non basta una
sola lettura per scioglierli tutti.”
“Lei e mio nonno sareste andati molto d'accordo...”
“Spero di andare d'accordo anche con lei”, asserì l'uomo.
Dea arrossì, riflettendo su quanto potere avessero le parole di turbare l'animo
umano e di combinarsi tra loro solo per ingarbugliare la realtà. La donna
abbassò lo sguardo e consegnò le chiavi allo sconosciuto. Poi l'uomo la salutò
in modo sbrigativo e si diresse al piano superiore. Le nuvole coprirono il
tetto della scogliera e prepararono il cielo al rito della pioggia. La luce si
dileguò e subito arrivò la sera ad inquietare maggiormente gli animi. E il
cielo, riempitosi dapprima di sfumature rossastre, divenne una tela invisibile
puntellata di minuscole luci.
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