L’amore della mia vita – Amy Bratley

SINTESI DEL LIBRO:
«Mi dispiace, davvero», disse Leo quasi sussurrando, «ma non posso avere
questo bambino».
Perlomeno era stato educato, nel rompere con Mel. Non c’era stata nessuna
scena squallida. Mel
non aveva dovuto trovare una bionda sexy a letto con il suo fidanzato, con le
gambe lunghe e snelle
avvinghiate al suo torso, né un tanga di seta incastrato nel divano, né un SMS
spinto non indirizzato a
lei. Nessuna zuffa pietosa, nessuna faccia da schiaffeggiare. No, era stato il
tempismo di Leo a essere
leggermente inopportuno. In piedi sui gradini di pietra di Birth & Baby, un
centro per corsi preparto
a Brighton, Mel era incinta di quasi otto mesi del suo primo figlio, quando
Leo aveva deciso che
quello era un buon momento per lasciarla.
«È che proprio non ce la faccio», borbottò rivolto alla nuca di Mel.
Leo era dietro di lei mentre Mel rimestava dentro un’enorme borsa in cerca di
qualcosa che
aveva perso. Lui la guardò tirare fuori una banana ammaccata, ferri per
lavorare a maglia, gomitoli di
lana, una trousse portatrucchi, una bottiglia d’acqua, una copia malconcia del
Grande manuale della
gravidanza, una tavoletta di cioccolata smangiucchiata e un libro di nomi per
bambini, prima di
ripetere a voce più alta.
«Cosa?», disse Mel, accigliata, immergendosi ancora di più nella borsa con
una smorfia, senza
aver sentito una parola. «Non trovo il mio libretto di gravidanza. L’ho messo
qui, sono sicura. Credi
che sia scivolato fuori sull’autobus? Bisogna portarselo sempre dietro.
L’ostetrica penserà che sono
un caso disperato...».
Mel setacciò di nuovo la borsa, si arrese con un sospiro demoralizzato, iniziò
a sbottonarsi il
cappotto – un ingombrante modello prémaman che detestava – e, lottando
con le maniche, urtò una
donna incinta con un materassino da yoga sottobraccio.
«Oh, scusi», le disse, con il panico negli occhi, «non ho la cognizione dello
spazio, ultimamente».
La donna sorrise, benevola e solidale, e Mel ricambiò il sorriso, ancora una
volta rasserenata nel
vedere quanto le donne incinte fossero gentili le une con le altre, poi continuò
a estrarre il proprio
corpo dal voluminoso cappotto prémaman. Per essere metà febbraio faceva
un caldo insopportabile,
quella mattina. Il cielo era di un blu intenso e la gente passeggiava in
maniche corte, mentre lei si
stava squagliando nella sua mise, resa ancora meno comoda dall’intimo
prémaman e dalle calze
prémaman leopardate. Quelle calze le erano sembrate una buona idea, quando
si era trovata da
Topshop incinta solo di qualche settimana e in preda a un attacco di follia
ormonale, ma ora le
tiravano sul pancione lasciandole delle macchie blu scuro e le tagliavano la
pelle sotto quell’amaca
di reggiseno, facendola sentire un melone che stava per esplodere. Espirò
guardando il parcheggio
movimentato, con una coda di macchine in cerca di un posto libero. Nel cielo
i gabbiani stridevano
rumorosi e Mel desiderò per un momento di vivere in un paesino sulle Alpi
svizzere, dove avrebbe
potuto godersi una vista su valli imbiancate e ascoltare il tintinnio gentile
delle campane.
«Cosa stavi dicendo, Leo?», chiese, tirandosi indietro la frangia e
asciugandosi il sudore dalla
fronte. «Con tutto questo rumore non ti ho sentito. Sono di nuovo rossa in
faccia? Non pensavo fosse
possibile emanare tanto calore. Potrei piazzarmi nelle case degli anziani per
farli risparmiare sul
riscaldamento. Che ne dici?».
Leo chiuse gli occhi per un attimo, poi guardò nervoso verso l’affollata via
principale, in cui
un’auto della polizia si stava facendo strada nel traffico, diretta da qualche
parte a Brighton a sirene
spiegate. Fece un sospiro profondo e appoggiò la mano sul braccio di Mel in
un modo strano, quasi
compassionevole.
«Mel», disse, più forte questa volta, guardandole il viso colorito e luminoso
delimitato da un
carré nero squadrato. «Mi dispiace molto. So che è da vigliacchi, ma non ce
la faccio. Non ce la
faccio proprio a venire a questo gruppo preparto».
Mel si appoggiò contro la ringhiera sollevando il peso dal piede sinistro, che
era costantemente
gonfio dalla caviglia in giù. La sua ballerina aveva smesso di provare a
sembrare una scarpa e le
copriva appena le dita del piede. Era senza dubbio aumentata di un numero.
Dai tempi in cui portava
i tacchi le sembravano essere passati secoli. Con la coda dell’occhio intravide
una donna
decisamente incinta-ma-magra-in-tutto-il-resto-del-corpo con una cascata di
capelli ricci e biondi e
la guardò abbracciarsi felice con il suo partner mentre si avvicinavano
all’entrata. Lui teneva il
libretto di gravidanza sottobraccio come fosse un giornale. Entrambi avevano
un sorriso a trentadue
denti. Leo, invece, aveva una faccia da funerale. Mel gli lanciò uno sguardo
severo, ma si sentiva lo
stomaco rivoltarsi dal nervoso.
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