L’amore ai tempi del Covid-19 – Antonio Manzini

SINTESI DEL LIBRO:
Era cominciato come un raffreddore dall’altra par
te del globo. La maggior parte delle persone reagiva con
un’alzata di spalle, i più pessimisti si vedevano già pro
tagonisti del romanzo Anna di Ammaniti, la questura
proseguiva il suo lavoro quotidiano. Poche cose, in
realtà . Un furto, un autoarticolato sparito al confine,
un paio di spacciatori e una bega al ristorante finita con
un ferito e un ictus. Il vicequestore Schiavone in quei
giorni tranquilli aveva deciso di non lavorare e lascia
re tutte le incombenze al viceispettore Antonio Scipio
ni, energico, molto più giovane e motivato, felice di
poter guidare la squadra. Passava le giornate a fuma
re davanti al panorama invernale delle Alpi, al cielo gri
gio, respirando aria di neve che minacciava di voler
soffocare la città da un momento all’altro. Poi quel raf
freddore da stagionale diventò più grave, moriva gen
te laggiù, in Cina, e le notizie da fievoli cominciarono
a farsi pesanti. Giorno dopo giorno aumentò la fibril
lazione, i morti diventarono migliaia, l’alzata di spal
le non bastava più. La prima a scatenarsi fu Michela
Gambino, il sostituto della scientifica, donna prepara
tissima, affetta però da un’inclinazione perversa che la
5
costringeva a spiegare ogni evento planetario come
conseguenza di un complotto dei poteri forti. Miche
la, dall’alto della sua sapienza e intelligenza induttiva,
diede diverse interpretazioni. La prima, quando i go
vernanti cinesi iniziarono a dare notizia di questo stra
no virus, proveniente dai pipistrelli, fu puntare il di
to contro il WWF. «È chiaro» sosteneva, «i cinesi man
giano i pipistrelli, aggiungete l’aria inquinata, i chirot
teri tendono all’estinzione. Questo aumenterebbe in ma
niera esponenziale la presenza degli insetti che porte
rebbero malattie all’uomo e agli animali ben più gravi
di un potente virus influenzale». Questa teoria della
Gambino durò poco. Fu proprio l’agente Deruta a far
le notare che sarebbe bastato vietare di mangiare pi
pistrelli e tutto si sarebbe risolto. La seconda teoria,
alla luce della batosta che i mercati cinesi avevano
preso dopo alcuni giorni dalla diffusione del virus, fu
il complotto statunitense. «L’hanno messo loro in cir
colo questo virus, perché l’economia cinese ha supera
to quella statunitense, andava fermata. Con le armi non
si può, quindi hanno pensato al virus. Subdolo, silen
zioso, esiziale perché uccide la fiducia in un paese. E
gli investitori devono fidarsi di un paese per metterci
i soldi». Fu Italo Pierron a farle notare che però sguin
zagliare un virus nel 2020 non è proprio come nel me
dioevo. Ci sono treni, aerei, e in un attimo questo ma
ledetto virus si sarebbe espanso in tutto il mondo, an
che negli Stati Uniti d’America. «È un po’» le disse,
«come il marito che si taglia l’uccello per far dispetto
alla moglie». La Gambino si riservò di pensarci e
6
aspettare. Se il virus non avesse raggiunto l’America,
allora lei avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo. La
terza teoria riguardava i Falun Gong, movimento pseu
do religioso avversato dal partito comunista cinese, che
avrebbe liberato il virus per vendicare i propri espo
nenti imprigionati dal governo e utilizzati come pezzi
di ricambio per i malati terminali. Questa teoria ebbe
vita breve, come la quarta, che voleva il virus scate
nato dai tibetani in risposta all’occupazione della loro
terra da parte dei cinesi. «Vedrete che Richard Gere
il virus non lo prenderà mai!» andava dicendo. Ma sia
come sia, passarono i giorni e il virus, da calamità ci
nese, si era trasformato in fatto nostrano. Di tutto ave
va bisogno l’Italia, tranne essere invasa da un virus as
sassino a forma di corona. L’economia traballava, la clas
se politica pure, la stima mondiale per il paese era ai
minimi termini. L’infezione partì in sordina ma quel
bastardo di Covid-19, questo era il nome scientifico del
virus, si trasmetteva con uno starnuto, una stretta di
mano, un respiro. In pochi giorni, un po’ alla volta, l’in
tero paese, primo in Europa, si fermò. A chiudere i bat
tenti furono inizialmente le regioni del Nord, poi man
mano che il male si espanse nella penisola, il resto del
belpaese sprangò porte e finestre lasciando le cittÃ
vuote in un paesaggio degno di De Chirico. Avevano
forse ragione quelli che si sentivano protagonisti di An
na di Ammaniti? Fatto fu che gli italiani, nella stra
grande maggioranza, capirono il momento terribile
che il paese stava attraversando e si chiusero in casa,
un po’ per la paura, che i mezzi di comunicazione tra
7
sformarono in terrore puro, un po’ per quel barlume
di coscienza civile che ancora allignava nei cuori e nel
le menti dei cittadini che compresero che l’ammalarsi
avrebbe ucciso anche la sanità , alle prese con una si
tuazione mai sperimentata prima. Gli ospedali si riem
pirono in pochissimo tempo, le terapie intensive, do
ve venivano ricoverate le vittime, stavano scoppiando.
Non c’era più posto per i nuovi ammalati e i medici
cominciarono a dare la precedenza ai più giovani o a
quelli con le aspettative di vita migliori. Ci fu l’esplo
sione dei tuttologi in televisione e sui social. Gente che
aveva strappato la licenza liceale coi denti si improv
visò infettivologo, dicendo la sua sulla natura del Co
vid-19. Teorie mediche parlavano di vaccini e medici
nali miracolosi: sieri antivipera sconfiggevano il con
tagio, impacchi di saliva di mucca lo fermavano per sem
pre, una masturbazione compulsiva e selvaggia lo in
deboliva, il Frascati bianco Est! Est!! Est!!! scioglie
va la corona del virus e rendeva immuni i bimbi sotto
i 6 mesi. Ed esplosero teorie che surclassarono quelle
della Gambino. Massoni, i 300, Bildenberg, la Stasi,
il Mossad, tutti potevano essere i colpevoli. Irritante
fu sentire la crema dei cialtroni inglesi o argentini par
lare male del nostro paese dall’alto della loro spocchia
e della loro ignoranza. «Gli italiani ne stanno appro
fittando per fare la siesta» disse un povero idiota se
dicente medico anglosassone. «Ha colpito l’Italia per
ché lì la sanità fa schifo» tuonò un coglione infettivo
logo argentino, laureato forse in araldica. Medici e in
fermieri invece, erano gli eroi. 24 ore al giorno a lavo
8
rare, a rischiare, non avevano tempo per queste scioc
chezze, non avevano tempo di rispondere a ebeti che
affermavano che il virus fosse poco più di un raffred
dore, che c’era sempre stato e si stava esagerando. No,
loro con una mascherina e un paio di guanti curavano
la gente che usciva sana e vittoriosa da quel male.
Producevano insomma i fatti, non le chiacchiere. Roc
co Schiavone era un poliziotto, lui in casa non poteva
rinchiudersi. E ringraziò il cielo perché era impossibi
le dividere 24 ore al giorno una ottantina di metri qua
drati con Gabriele e Cecilia. Siccome il decreto mini
steriale aveva dato il permesso di uscire solo per incom
benze come spesa, recarsi in farmacia e portare a pi
sciare il cane, Lupa fu lasciata a Gabriele che con la
scusa dei bisogni canini si andava a prendere una boc
cata d’aria 18 volte al giorno. Fu un periodo bello per
i cani, all’inizio, poi divenne un incubo. Ogni tre se
condi si ritrovavano il guinzaglio addosso per uscire e
se i primi tempi le bestiole presero quella novità come
un bellissimo regalo, con l’andare dei giorni comincia
rono a spaventarsi. Non potevano permettersi un ri
posino o rimanere a poltrire sul divano. Ogni mezz’o
ra bisognava uscire, anche se pipì non ne avevano più
e cacca neanche a pensarci. Qualche padrone aggiun
se il Lasix alla ciotola dell’acqua, molti cani comincia
rono ad avere problemi renali, altri dimagrirono in ma
niera esagerata, i più fortunati riuscirono a scappare.
Verso il sesto giorno invalse l’uso di cantare a squar
ciagola da finestre e balconi. Soprattutto l’inno di Ma
meli, cosa che costringeva i carabinieri in pattuglia di
9
controllo a fermarsi sull’attenti e salutare un’immagi
naria bandiera. I bar erano chiusi, così le librerie, co
sa che lasciò indifferente il 90 per cento della popola
zione. Le profumerie invece erano aperte e gli unici cor
rieri che potevano viaggiare in lungo e in largo portan
do nelle case gli oggetti più disparati erano quelli del
le multinazionali dell’e-commerce.
Insomma, i giorni passavano lenti in quel grande
carcere in cui s’era trasformata l’Italia. Le città vuote,
l’aria pulita, il nervosismo che cresceva fra le pareti do
mestiche, le difficoltà di chi aveva negozi o piccole at
tività che vedeva anni di sacrifici bruciarsi in poco tem
po, la disperazione dei ladri d’appartamento. Molti
decisero di approfittare di quel fermo biologico per stu
diare una lingua on line, imparare uno strumento, scri
vere un libro, dedicarsi alla meditazione, progetti di pos
sibile attuazione solo se non si avevano bambini in ca
sa, e soprattutto cucinare. Lo sfogo principale degli ita
liani avveniva lì, davanti ai fornelli. Crostate, paste al
forno, arrosti, salse, pizze di scarola, fu un incubo di
trigliceridi. Tutti mangiavano come se non ci fosse un
domani. Barattoli di Nutella duravano 24 ore, chili di
pasta sparivano in un weekend, milioni di uova, mon
tagne di plastica, cassonetti che si riempivano alla ve
locità della luce mettendo in crisi anche quelle città , co
me Roma, che avevano un ottimo servizio di smaltimen
to rifiuti. Qualcuno scoprì anche i libri, quei curiosi pa
rallelepipedi in bella vista che mai mano familiare ave
va sfiorato. Chi non ne aveva cominciò a leggere vec
chi elenchi del telefono ritrovati in cantina. «Pensa un
10
po’? De Santis Giuseppe nel ’95 ha cambiato nume
ro». «E chi è?». «Cazzo ne so?». Film e serie salva
rono le serate. Fossero thriller, horror, cartoni anima
ti, documentari, gli italiani divennero presto prepara
tissimi su stili contenuti e forme del nuovo cinema co
reano, disquisivano sulle scelte poetiche di registi ira
niani mai sentiti prima, si azzuffavano, on line, sulle
priorità narrative di cineasti del Burkina Faso. Quella
vita forzata nei pochi metri quadrati di un appartamen
to, carcere familiare da scontare senza aver commesso
alcun delitto, quel regime coatto fra persone abituate
a vedersi al massimo per un paio d’ore al giorno, quel
la mancanza di riservatezza, di solitudine, di spazio, di
silenzio stava mettendo a dura prova i nervi delle gen
ti italiche, dall’Alpi ai Nebrodi, dal Busento al Po. E
la cosa non poteva durare. La bomba sociale era inne
scata, il conto alla rovescia era partito, si trattava so
lo di aspettare.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo