L’albero delle bugie – Frances Hardinge

SINTESI DEL LIBRO:
Il battello ondeggiava a un ritmo incessante, nauseabondo, come
qualcuno che ruminasse un dente marcio. Le isole, appena visibili
attraverso la foschia, anche quelle parevano denti, decise Faith. Non
denti perfetti e bianchi di Dover, ma denti consumati, spezzati, che
sbucavano storti dal mare grigio e increspato. Lo scafo si spingeva
ostinato tra le onde, lordando il cielo di fumo viscido.
«Falco pescatore» disse Faith tra i denti che battevano, e lo indicò.
Il fratellino di sei anni, Howard, si voltò, non abbastanza rapido da
vedere il grosso volatile, il cui corpo pallido e le ali dalle punte scure
già si dileguavano nella nebbia. Faith fece una smorfia mentre il
bimbo si dimenava sulle sue ginocchia. Se non altro aveva smesso di
chiederle della bambinaia.
«È lì che andiamo?» Howard sbirciò le isole evanescenti dinanzi a
loro.
«Sì, How.» La pioggia batteva sulla sottile tettoia di legno sopra le
loro teste. Il vento penetrava dal ponte, pungendole il viso.
Malgrado il chiasso tutt’intorno, era certa di udire dei fievoli
rumori dalla cassa su cui era seduta. Un raspare di movimenti, uno
strusciare di squama su squama. Faith era in pensiero per il piccolo
serpente cinese di suo padre che, già allo stremo per il freddo,
avvolgeva e dipanava le proprie spire lì dentro, spaventato a ogni
sobbalzo e rollio del ponte.
Dietro di lei, un gran baccano di voci faceva a gara con le strida dei
gabbiani e il fud-fud-fud delle grosse pale del battello. Adesso che
cominciava a piovere, tutti a bordo si accapigliavano per contendersi
la piccola zona riparata a poppa. C’era posto per i passeggeri, ma non
per tutte le casse. La madre di Faith, Myrtle, stava facendo del suo
meglio per riservare una buona parte dello spazio al bagaglio della
famiglia, con ragguardevoli risultati.
Voltandosi a dare una rapida occhiata, Faith vide Myrtle agitare le
braccia come un direttore d’orchestra verso due marinai di coperta
che posizionavano i bauli e le casse dei Sunderly. Quel mattino Myrtle
era cerea di stanchezza e avvolta di scialli fino al mento, eppure, come
di sua abitudine, parlava senza sosta e sopra a tutte le altre voci,
tiepida, atona e imperturbabile, abituata, da bella donna, a confidare
nell’altrui cavalleria.
«Grazie, lì, proprio lì… be’, di questo sono sinceramente
dispiaciuta, ma non ci si può far nulla… sul fianco, se non vi spiace…
be’, la vostra cassa a me sembra molto resistente… purtroppo le carte
e i progetti di mio marito soffrono terribilmente le intemperie e… sì, il
Reverendo Erasmus Sunderly, il famoso naturalista… che gentile!
Sono lieta che non vi rechi disturbo…»
Dietro di lei sonnecchiava lo zio Miles, il faccione paffuto placido e
spensierato come un cucciolo su un tappeto. Lo sguardo di Faith
scivolò oltre per posarsi sulla figura alta e silenziosa alle sue spalle.
Suo padre, con il cappotto nero da prelato, il cappello a larghe falde
che adombravano la fronte alta e il naso adunco.
Non mancava mai di incuterle soggezione. Anche in quel preciso
momento, mentre scrutava gli orizzonti grigi con sguardo penetrante
da basilisco, tenendosi al riparo dal rovescio gelido, distante dal fetore
di sentina e di fumo di carbone, e dai volgari litigi e spintoni. Per gran
parte delle settimane lo vedeva più sul pulpito che a casa, dunque era
strano volgere gli occhi e trovarlo lì seduto. Quel giorno Faith provava
un formicolio di dolente compassione. Lo vedeva fuori dal suo
elemento, un leone in uno spettacolo secondario sotto lo scudisciare
della pioggia.
Su ordine di Myrtle, Faith sedeva sulla cassa più grande della
famiglia, per impedire a chicchessia di trascinarla di nuovo fuori. Di
solito riusciva a passare inosservata, perché nessuno aveva attenzione
da sprecare per una quattordicenne dai lineamenti legnosi e dai
capelli legati in una treccia color marrone fango. In quell’istante
sussultava sotto gli sguardi sdegnati, arsa da tutto l’imbarazzo che la
madre non provava mai.
La figura esile di Myrtle era piazzata in modo da fermare chiunque
si azzardasse a inserire il proprio bagaglio sotto la tettoia della saletta.
Un uomo alto, corpulento e dal naso camuso pareva deciso a scansarla
e spingersi dentro con il proprio baule, ma lei lo bloccò con un sorriso
fulmineo. Batté le ciglia due volte, e i suoi grandi occhi azzurri si
spalancarono d’uno splendore sollecito e sincero, come se soltanto in
quel momento fosse riuscita a distinguere con chiarezza la persona
che le si parava davanti. Malgrado il naso appena arrossato e il pallore
esausto, il suo sorriso riusciva a mostrarsi ancora dolce e fiducioso.
«La ringrazio tanto per la sua comprensione» disse. La sua voce era
incrinata da una patina di stanchezza appena percettibile.
Era uno degli stratagemmi di Myrtle per manipolare gli uomini,
una piccola civetteria che metteva in atto con la stessa meccanica
facilità con cui apriva il ventaglio. Ogni volta che andava a segno,
Faith si sentiva rivoltare lo stomaco. E andò a segno in quel momento.
L’uomo arrossì, fece un inchino e si ritrasse, ma Faith comprese che
non per questo il suo risentimento s’era ammansito. A dirla tutta,
Faith sospettava che la sua famiglia si fosse inimicata quasi tutti sul
battello.
Howard nutriva una muta adorazione per la madre, e anche Faith
da piccola l’aveva vista sotto la stessa luce idilliaca. Le rare visite di
Myrtle alla loro cameretta erano state allora una fonte d’insostenibile
euforia, e Faith aveva adorato persino il rituale di toletta, spazzolate e
vestizione necessari per renderla presentabile a ciascuno di quegli
incontri. Myrtle al tempo le appariva come un essere venuto da un
altro mondo: luminosa, lieta, splendida e inavvicinabile, una ninfa
solare dotata di un incredibile senso dell’eleganza.
Nell’ultimo anno però Myrtle aveva deciso di cominciare a “seguire
più da vicino Faith”, cosa che implicava incursioni improvvise nel bel
mezzo delle lezioni per trascinarla via d’impulso in visite di cortesia o
giri per la città, per poi riabbandonarla in cameretta o di nuovo in
classe. Nel corso di quei mesi, la vicinanza aveva prodotto i suoi
effetti, scrostando scheggia dopo scheggia la vernice dorata. Faith
aveva cominciato a sentirsi come una bambola di pezza, agguantata e
rimessa via secondo i capricci di una bimba irrequieta dagli umori
imprevedibili.
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