La prospettiva dei fiori – Barbara Agostini

SINTESI DEL LIBRO:
Qualcuno dovrebbe lavare i vetri” pensa Marina.
Sta guardando la finestra dell'ufficio e quattro impronte la fissano
immobili. Ognuna sembra contenere una faccia, e per qualche
secondo ne immagina i lineamenti.
Oltrepassa con lo sguardo il vetro macchiato per fermarsi sul ramo
del pioppo. Un merlo agitato risponde con insistenza ad un richiamo
in fondo alla valle. Laggiù, la bocca metallica di una gru mastica
terra e umidità.
Sono solo le dieci di una mattina afosa. Di fianco all'ufficio
commerciale dove lei lavora, c'è una tipografia. I dipendenti sono in
pausa sigaretta, escono sempre in branco. Lei osserva le spirali di
fumo ricamare strane forme nell'aria. Sembrano ballerine in tutù, in
inverno ballavano sinuose e accattivanti incredule di incontri, strette
di mani e strizzatine d'occhi. Infatti, dopo la legge che proibisce il
fumo nei locali, i fumatori si rifugiano sotto le stufe all'ingresso dei
bar. Si sentono in esilio e allo stesso tempo privilegiati. Ma è
semplicemente un gruppo che si sposta di continuo, fuori e dentro
dai locali.
Marina li osserva. Sono in tre, due ragazzi hanno i capelli rasati e un
altro la barbetta da capra. Pensa che una pipa in bocca gli darebbe
un aspetto dandy. Sarebbe affascinante, e di sicuro lo noterebbe la
nuova segretaria, quella con la quarta e la collezione di body
aderenti. Marina osserva le persone sfilarle davanti, ne osserva i
dettagli e le movenze e a volte immagina i loro pensieri.
Ma questo è solo un passatempo, non vero interesse. Lei parla
poco, è timida e sempre malinconica, e si sforza di interagire per non
rimanere sola ad immaginare di vivere. Si concentra sui particolari
fuori da lei per non vedere il vuoto sotto ai piedi. C’è qualcosa là
sotto che la spaventa, un dolore duro come la pietra, e lei guarda
sempre avanti come le ha insegnato suo papà da piccola.
Le diceva “Guarda la ruota Marina, non guardare avanti, se guardi la
ruota non cadi!”
E in bicicletta ci sa ancora andare ma suo padre sta con un’altra
donna e sua madre ha fatto entrare in casa un uomo piccolo e
grasso che la guarda sempre male.
Lei non va volentieri a casa della madre, all'inizio faceva scenate,
litigavano e loro le dicevano di non fare la bambina. Così si chiudeva
in camera e si tagliava le braccia con una lametta. Lo faceva per
togliersi dal cuore tutta quella rabbia, perché andava via solo così.
Da parecchi anni Costanza, sua madre, non teneva più in casa
medicine perché Marina era stata un mese in rianimazione. Aveva
ingerito troppi Valium e Costanza era quasi morta per lo spavento ed
ora non si fidava più di lei.
Ma con quei gesti non è ancora riuscita a scappare. La sensazione
di pace dura poco e rimangono solo le cicatrici.
“Sono solo le dieci e mezza” la ragazza torna a fissare il PC, c’è il
salva schermo che detesta con l’universo e le galassie dai colori
improponibili. Lei pensa che queste immagini si trovano nei siti più
sciocchi, si vede che la fantasia è un piatto troppo costoso. Se non
dovesse condividerlo con una collega, quello sfondo l'avrebbe già
cambiato, ma non vuol litigare per una sciocchezza.
Tocca il mouse con la mano sinistra e l'infrarosso si accende e le
illumina il palmo. La linea della vita é incerta, come una mattina pigra
che non passa più. Office, pagine a quadretti, fatture di fine mese e
una noia mortale. Un pezzetto di sole le sfiora le labbra e l’azzurro
del cielo la solleva per un attimo. Adesso pensa a Blue, pensa al
coniglietto bianco che stringe sul seno e il suo cuore si riempie
d'amore. È convinta che loro si capiscano, hanno gli stessi immobili
silenzi, scatti improvvisi e per lungo tempo osservano punti indefiniti.
Forse la vede anche lui la testa di strega; è nell’abete vicino alla
chiesa e Marina le fissa sempre il profilo. Nei giorni di vento sembra
litigare e arrabbiarsi con l'aria, lei immagina voglia fuggire da lì, dalla
maledizione che l'ha rinchiusa nell'albero. A volte crede di sentirne le
parole, a volte immagina che reciti delle formule magiche. Pensa che
la strega la possa sorprendere e allora infila perline bianche nel
nylon, e le collane poi le mette al collo come fossero amuleti fatti di
ghiaccio. Adorna di amuleti anche la gabbia di Blue per proteggerlo
dalla strega cattiva dell’Est.
“Sbatti due volte le scarpette rosse Marina, così potrai fuggire da
quest'incubo e tornare a casa nel Kansas.” L'immaginazione
l'allontana sempre più dalla realtà e quando ritorna le sembra un
posto freddo e oscuro. Anche se è estate, anche se c'è il sole.
Si sorprende a sbattere i sandali di gomma, sente i rintocchi delle
campane e capisce che è mezzogiorno. Era meglio restare nel regno
di Oz.
“Hai finito la pratica? Quel preventivo mi serve per questa sera,
muoversi!” la testa pelata del suo capo sparisce dietro la porta e lei
rimane a fissare la targhetta dorata con il suo nome: Dottor Cavalier
Pierantonio Novi, un omino stizzoso alto un metro e mezzo, che
sbraita di continuo contro ai dipendenti. Dicono che sfoghi la rabbia
per colmare l’assenza della Corvette, demolita dalla sua nuova
amante.
Queste sono storielle che Marina sente nel bagno, le segretarie si
spalmano strati di fondotinta sul viso e intanto chiacchierano. A lei
fanno solo ridere, certe scene le vedeva in tv, quando si era persa
via a guardare Beautiful, o quando leggeva la rivista “Confidenze”.
Il suono del telefono la fa sobbalzare, risponde e prende accordi con
il commercialista.
“Il preventivo lo scrivo dopo la pausa” pensa Marina. Tra venti minuti
ha l'appuntamento con la psicologa, poi si fermerà all‘Internet Cafè
per bere un cappuccino. È sempre imbarazzata a stare al tavolo da
sola, si sente tutti gli occhi addosso anche se nessuno la sta
guardando, così porta sempre con sé un diario o dei libri. In questi
giorni sta imparando a memoria dei versi dell'Amleto, la parte in cui
la regina trova il cadavere di Ofelia.
“C’è un salice che cresce di traverso ad un ruscello e specchia le
sue foglie nella vitrea corrente; qui ella venne, il capo adorno di
strane ghirlande di ranuncoli, ortiche, margherite e di quei lunghi fiori
color porpora”2 dice a bassa voce camminando verso l'uscita. Si
concentra sulle parole e pensa che anche oggi sopporterà quei dieci
minuti nel bar, eviterà di guardare quei rozzi che giocano a poker,
che urlano e si insultano per una carta sbagliata.
Eviterà anche gli occhi del barman. Un giorno gli ha detto che
l’aveva vista in centro e lei stava annegando nell'imbarazzo e non gli
aveva risposto. Così ora preferisce guardare il suo libro, leggere e
basta, sedersi al fianco di Ofelia e guardarla fluttuare sull'acqua,
finalmente libera dall'amore e dalla pazzia.
Prima di uscire cancella una data sul calendario: il 27 giugno, lunedì.
È oggi, ma per lei è già passato.
2
W. Shakespeare – Amleto, atto IV, scena VI
Blue
Blue alza la testa di scatto, si volta col corpo di novanta gradi ma
non resiste al repentino guizzo di luce e si gira di nuovo. Le palme
ondeggiano e proiettano raggi che tagliano come lame, la sua pupilla
si dilata, fa ancora un balzo indietro per inseguire le ombre. Sente la
lingua gonfia e dei fischi nelle orecchie, si scuote nervoso, arriccia il
naso e sobbalza spaventato.
Sopra di lui una grossa luna emette suoni acuti e picchietta con un
dito tra le sbarre, gli accarezza la testa tre volte e lui inarca indietro il
collo per annusargli le dita. È un odore pungente, un odore
conosciuto, arriccia ancora il naso, non si muove, la guarda di
traverso e la segue con l’occhio azzurro finché scompare. Prova a
rosicchiare le sbarre bianche ma sa che non riuscirà ad uscire dalla
gabbia, non riesce a trovare la forza per un salto e manca pure lo
spazio per farlo, allora appoggia il labbro sulla cannula di alluminio e
si scotta. È spaventato, assetato e il cuore raddoppia in velocità
mentre le zampe scappano in un'immaginaria radura di trifogli e le
gocce d’ acqua calda sono una palude piena di rane grasse da
rincorrere tra i fili d’erba. Si distende sull'erba secca nel fondo della
gabbia e l'ombra delle palme si ritrae.
Va in scena lo spettacolo del solleone adesso, le nuvole si siedono
in circolo ai bordi delle montagne, per ammirarne estasiate la
bellezza. E Blue non ha più alcun riparo.
Sara
“Io vado!”
Sara saluta la collega e all'ingresso si ferma ad accarezzare il
coniglio bianco di Marina. Accovacciata davanti alla gabbietta, sente
la camicia azzurra stringere sulla pancia, si alza infastidita e slaccia
l'ultimo bottone. Per un attimo le gira la testa ma sa di avere la
pressione bassa e non si preoccupa.
Sara aspetta un bambino. La sera prima ha fatto il test e il risultato è
positivo, oggi non è più come quando aveva sedici anni e stava a
penare finché non passavano cinque minuti e della linea rosa, per
fortuna nessuna traccia. Delle volte però si vedeva mezza linea, o
forse era immaginazione, si rigirava quella specie di termometro
(che costava un’accidenti) tra le dita e i minuti sembravano non
passare mai. Oggi i test di gravidanza ti dicono “Incinta” o “Non
incinta”. Sara pensa che non è proprio esatto, che il contrario di
incinta è “Salva” o “Donna in carriera, continua la tua missione!”
In ogni caso sul suo test è comparsa una sola parola, ed ora
l'appuntamento con la ginecologa le toglierà ogni dubbio.
“Meglio non improvvisare telefonate a casa o a Eros sul lavoro, che
a lui gli viene un colpo e a sua madre il dovere di raccontarlo a tutto
il paese, che se poi non è vero niente che figura ci faccio?”
Guarda distrattamente nella gabbia di Blue e vede che non ha più
acqua da bere, ma sa che presto arriverà Costanza a spostarlo per
metterlo all'ombra e sicuramente lo rifornirà di acqua e cibo. Per un
attimo pensa di citofonarle ma poi si accorge di essere in ritardo. Si
volta verso la Provinciale, una mano in borsa a cercare le chiavi
della macchina e poi uno sguardo al telefonino per controllare se ci
sono messaggi.
È quasi mezzogiorno.
“Mi devo sbrigare. Il capo sarà di ritorno per le due e devo ancora
imbustare i bikini e i collant per la spedizione di domani. Che palle,
sempre di corsa!”
Insegue i suoi pensieri fino al cancello, li calpesta per non farli vivere
nell’aria, che anche i fili d’erba possono sentire e sappiamo quanto
possono essere pettegoli! Quest’ultimo pensiero la fa ridere, si
affretta e per un attimo si volta a guardare l'insegna dell'azienda. Da
due anni lavora nel reparto confezione di un'azienda tessile. La
Confezioni Cambi è al primo piano e la proprietaria che affitta loro il
locale, Costanza Neri, vive al secondo. Al piano terra c'è parte
dell'impresa edile dell'ex marito ed anche un piccolo negozio
d'antiquariato. Dopo il divorzio si sono spartiti gli affitti.
Costanza scende spesso in confezione a salutare Giada, la
modellista. Lei ascolta volentieri i pettegolezzi della donna, che
conosce morte e miracoli di tutto il paese, comprese corna e figli
illegittimi della parrucchiera con l'ex marito della pasticciera.
Costanza passa il tempo in chiacchiere e il lavoro di Giada rallenta
sempre di più. Anche stamattina decide di far visita alla ragazza, ha
visto uscire Sara (con lei non va d'accordo) e sa che il capo e i
venditori torneranno in serata, passa davanti all'ingresso lanciando
un'occhiata distratta alla gabbia con il coniglio. Lo vede sdraiato e
pensa stia dormendo. Il coniglio è di sua figlia Marina, lei non può
tenerlo in casa perché la fidanzata del fratello dice che puzza, così
deve pregare sua madre di tenerlo d'occhio fino alle sei di sera.
Quando torna dal lavoro si precipita subito a coccolarlo, cambiargli
l'acqua e riempirgli la ciotola di cibo.
L'anno prima Marina è finita in ospedale “per colpa del coniglio”
questo dice sempre sua madre. In quelle settimane, con la figlia in
coma, Costanza sembrava la Vergine Maria ai piedi della croce,
tant’era smunta e disperata. Lentamente la ragazza si é ripresa, ma
lei non ha mai smesso di colpevolizzare Blue.
Sara è arrivata al parcheggio, sale nella Citroen color mattone e gira
la chiave, poi, con un'abile inversione ad “U” si lancia sulla strada.
Pensa che deve muoversi, che è in ritardo. Sara è costantemente
sulle nuvole e a giorni alterni anche innamorata. Ma non della stessa
persona. Accende l'autoradio e la strada diventa una pista da
discoteca dove ballare la compilation “Hot Summer”. È felice del suo
acquisto, cinque CD per tre euro dal suo amico marocchino Papi,
sempre appostato davanti alla Coop.
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