La comunicazione è un posto dove ci piove dentro – Perché i libri salveranno il marketing -Roberto Olivi

SINTESI DEL LIBRO:
Decidere di scrivere un libro sulla comunicazione è un viaggio, che ha un
inizio, ma certamente non una fine. Non ce l’ha perché è un divenire
continuo, con infiniti spunti, poche certezze (costantemente in
movimento) e direzioni che possono cambiare durante il cammino.
Tuavia, dopo vent’anni di esperienza in questo campo, la voglia di
fare delle riflessioni e di portare un contributo hanno guidato le mie dita
sulla tastiera e mi hanno dato lo spunto per scrivere queste pagine,
partendo da una convinzione forte che ho da sempre. Per scrivere prima
bisogna leggere, come per parlare prima bisogna saper ascoltare.
La leura fa parte della mia vita e nell’esperienza professionale di
questi anni è stata una compagna fantastica che mi ha consentito di
trovare spunti, modi nuovi di affrontare le cose e di interpretare un ruolo,
quello del comunicatore, che deve essere sempre al passo con i tempi e
capace di interpretare il mercato, la dinamica aziendale, i clienti, i
collaboratori, ma soprauo l’audience, sia essa costituita da earned
media, social media o owned media.
A dire il vero mi è anche tornato alla mente uno dei più bei saggi sulla
scriura che mi sia capitato di leggere, On writing di Stephen King che
ricordava, parlando del suo mestiere: “Se volete fare gli scriori, ci sono
due esercizi fondamentali: leggere molto e scrivere molto. Non conosco
stratagemmi per aggirare questa realtà, non conosco scorciatoie.” Vale lo
stesso per la comunicazione.
In uno scenario guidato da Internet, email, SMS e WhatsApp molto
spesso ho l’impressione che ci stiamo dimenticando di una cosa. Sono tui
mezzi, non contenuti. ando vedo comunicati stampa scrii male, siti
incomprensibili ed email sgrammaticate, penso che ci sia qualcosa di
sbagliato e di irrimediabilmente distorto. La comunicazione scria
funziona se è ben scria. Altrimenti genera incomprensioni e talvolta
effei boomerang. Ogni tanto è meglio ripartire dalle cose che appaiono
basiche, ma che in realtà sono i pilastri della comunicazione stessa, come
la scriura appunto.
Ecco perché quando ho iniziato a pensare da che parte cominciare il
libro, la risposta è arrivata immediatamente: dai libri. Sì perché nel mondo
in divenire di cui parlavamo prima, ci si trova a essere come naviganti in
mezzo al mare e alcune stelle fisse sono indispensabili per potersi
orientare e trovare la roa che, aenzione, non deve essere la stessa per
tui, ma per tui deve avere le stesse caraeristiche: deve essere definita,
chiara e, possibilmente, originale e unica.
In questa traversata, mi sono avvalso di alcune di queste stelle fisse per
procedere spedito nella navigazione e dare anche degli spunti per
deviazioni interessanti e stimolanti. Infai, uno dei temi più affascinanti
della comunicazione è la sua naturale predisposizione alla molteplicità,
alla possibilità di prendere direzioni sempre diverse e per certi versi
inaese, capaci di sorprendere e generare storie che entrano nella vita
delle persone lasciando una traccia.
Oggi che lo storytelling è diventato una specie di mantra di cui
sentiamo parlare ovunque e con sempre maggiore frequenza e che,
contestualmente, l’aenzione delle persone è sempre più difficilmente
caurabile, la sfida della comunicazione assume ancora maggiore rilievo e
fascino. E se ci pensiamo, questo riguarda tui i campi della nostra vita,
dalle relazioni personali e familiari fino alle logiche di comunicazione
aziendale e politica.
Un esempio su tui: la prima campagna eleorale di Barack Obama ha
testimoniato come fosse possibile stravolgere il tradizionale modo di
affrontare la corsa alla Casa bianca, sbaragliando sia la concorrenza
interna al partito sia quella avversaria. Eppure da allora molto tempo è già
passato e lo stesso Obama, commentando le tecniche usate da Donald
Trump per vincere le ultime elezioni USA, ha deo che il sistema utilizzato
dal repubblicano si era spinto ben oltre quanto lui e il suo team avevano
immaginato pochi anni prima.
Tuo scorre, come direbbe Eraclito, e non ci si bagna mai nella stessa
acqua del fiume della comunicazione, ma alcuni temi ci possono servire
per iniziare con delle certezze. Così ho pensato di partire da Italo Calvino
e dalle sue Lezioni americane.
este riflessioni, editate postume dalla moglie Esther, nascono
dall’invito ricevuto dal grande scriore e intelleuale italiano il 6 giugno
1984 per tenere sei lezioni all’università di Harvard. Purtroppo non riuscì
mai a tenere quelle lezioni perché il 19 seembre 1985 morì a soli
sessantuno anni stroncato da un ictus.
“Calvino,” scrive la moglie nella prefazione, “ha lasciato questo libro
senza titolo in italiano. Aveva dovuto pensare prima al titolo inglese, Six
memos for the next millennium ed era il titolo definitivo. Impossibile sapere
cosa sarebbe diventato in italiano. Se mi sono decisa finalmente per
Lezioni americane è perché in quell’ultima estate di Calvino, Pietro Citati
veniva a trovarlo spesso al maino e la prima domanda che faceva era:
‘Come vanno le lezioni americane?’ e di lezioni americane si parlava.”
esta raccolta ha esercitato su di me un fascino fortissimo sin
dall’inizio, come del resto tanti libri di Calvino. Ma le Lezioni americane
hanno un posto speciale. Sarà perché ricordo di averle portate come tesina
aggiuntiva alla maturità, sarà perché nei vari traslochi della mia vita il
libro è sempre rimasto in bella vista e pronto per essere rileo (cosa che
ho fao parecchie volte), o semplicemente perché la forza di quelle sei tesi
(di cui soltanto cinque hanno uno svolgimento compiuto) è così auale
ancora oggi che, dovendo partire in questo viaggio (e qui si potrebbe fare
un’altra digressione seguendo il testo di Se una noe d’inverno un
viaggiatore dello stesso Calvino, ma temo che ci porterebbe troppo
lontano), mi è sembrato naturale ripartire da lì.
E allora partiamo e vediamo in che porto finale andremo ad araccare.
ello che mi ha sempre colpito delle Lezioni americane è la visione.
Innanzituo il titolo in inglese: Six memos for the next millennium. Era il
1985 e Italo Calvino con una lucidità impressionante e con un anticipo
incredibile andava a definire i temi che avrebbero caraerizzato l’epoca
che stiamo vivendo e che incarnano, a mio avviso, le sfide della
comunicazione oggi. Le Lezioni americane, infai, si dovevano tenere su
sei argomenti guida: lightness, quickness, exactitude, visibility, multiplicity,
consistency.
Ora, per chiunque si occupi del tema di questa pubblicazione, non potrà
che risultare immediatamente evidente la forza e la chiarezza di queste
parole: leggerezza, velocità, esaezza, visibilità, molteplicità e consistenza
fanno parte del vissuto quotidiano di ciascuno di noi, del mondo auale e
delle grandi questioni che ci troviamo ad affrontare. Sono tematiche
trasversali che, se ci pensiamo, si adaano altreanto bene a temi come la
politica, la cultura, la convivenza tra popoli, Internet.
Proprio per questi motivi, mi piace l’idea di riprendere alcuni di quegli
spunti per poi affrontarli, o guardarli come le stelle di cui parlavo prima,
nella traversata sulla comunicazione.
“La mia fiducia,” scrive Calvino, “nel futuro della leeratura consiste
nel sapere che ci sono cose che solo la leeratura può dare coi suoi mezzi
specifici. Vorrei dunque dedicare queste mie conferenze ad alcuni valori o
qualità o specificità della leeratura che mi stanno particolarmente a
cuore, cercando di situarle nella prospeiva del nuovo millennio.”
La prima delle conferenze parla di leggerezza.
La leggerezza è un tema che può essere interpretato da tanti punti di
vista. Può avere un’accezione negativa ed essere interpretata come un
modo non serio di affrontare le cose. Può portare la nostra aenzione su
come certe notizie vengono comunicate o riportate sui media. ante
volte, soprauo oggi nell’epoca di Internet, ci troviamo a commentare o
a smentire news che “per leggerezza” sono state pubblicate senza avere un
benché minimo fondamento di esaezza (per riprendere il tema di un’altra
lezione)?
Ma la leggerezza (si pensi a L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan
Kundera) è anche interpretabile come un’alternativa alla ineluabile
pesantezza del vivere. “Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra
condannato alla pesantezza,” scrive Calvino, “penso che dovrei volare
come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o
nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo
guardare il mondo con un’altra oica, un’altra logica, altri metodi di
conoscenza e verifica.”
Trovo che queste parole scrie oltre trent’anni fa rappresentino un
monito validissimo ancora oggi. Un illuminante squarcio di luce che ci fa
capire come sia necessario cambiare il modo di vedere le cose.
Possibilmente dall’alto, volteggiando sopra la realtà, per saperla raccontare
con intelligenza, con profondità, ma senza perdere la leggerezza.
E questo vale ancora di più ai nostri tempi, quando, travolti
dall’entusiasmo per Internet, tendiamo a perdere di vista il quadro
d’insieme.
David Weinberger, uno dei più autorevoli filosofi di Internet e
ricercatore senior della Harvard Law School, ci ricorda ne La stanza
intelligente che: “Internet è un calderone di voci, dicerie e menzogne fuori
controllo. Frantuma la nostra aenzione; segna la fine del pensiero
riflessivo e bisognoso di ‘forma lunga’. I nostri figli non leggono più; di
certo, non i giornali. alunque portavoce di un’idea stupida dispone di
un megafono non meno grande di quello a cui hanno accesso persone
istruite e preparate.”
E ancora: “Google indebolisce la nostra memoria. Google ci rende
stupidi… Internet rappresenta l’ascesa degli ignoranti, l’esaltazione del
plagio, la fine della cultura, l’inizio di un medioevo abitato da masturbatori
cronici dallo sguardo vitreo che giudicano la verità dal numero di pollici in
su, la saggezza dal numero di visite e la conoscenza da ciò che è più
stimolante credere.”
Nella rete troviamo tuo e il contrario di tuo. Ma quello che leggiamo
non sono più fai, ma interpretazioni, opinioni, punti di vista. E spesso
non ne siamo consapevoli. Un paragone calzante che utilizza Weinberger è
quello del leore curioso che entra in una libreria con una quantità
sterminata di libri. Come si orienta? O meglio, come si orientava? Una
volta era semplice, il libraio svolgeva la funzione di filtro. Era colui che
sapeva consigliarlo, indicandogli, tra mille libri sullo stesso argomento,
quello giusto. ello più auale e completo.
Oggi Internet ci pone di fronte a una biblioteca sterminata, dove non
solo i testi sono infiniti, ma, all’interno di ogni scrio, araverso i
collegamenti ipertestuali, la moltiplicazione delle informazioni rischia di
farci perdere. E non abbiamo neppure un libraio preparato al quale
chiedere. ante volte ci è capitato, di fronte a una notizia curiosa o
strana, di sentirci dire: “L’ho leo su Internet.
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