I guerrieri dello spirito – Templari, cavalieri teutonoci, assassini, samurai, kamikaze – Leonardo V. Arena

SINTESI DEL LIBRO:
Ascalona
rappresentava
una
minaccia.
Una
fortezza
inespugnabile, così si diceva. I crociati ne erano sempre stati
respinti, o non osavano neppure avvicinarvisi. Ma ora si profilavano
diverse aspettative. L'imponente esercito crociato avrebbe forse
compiuto l'impossibile? Si doveva agire in fretta, prima che la città si
rianimasse per l'arrivo dei rinforzi. L'armata di Gerusalemme,
minacciosa, era schierata in assetto di guerra. Re Baldovino III era
alla testa delle truppe, e un significativo contributo fu offerto dai
Templari, agli ordini del Maestro Bernardo di Trémblay.
Che lungo assedio! Già dalla fine di gennaio di quell'anno cupo, il
1153, si innalzavano palizzate e torrette sotto le mura di Ascalona. Il
crollo della città poteva far riprendere a sperare per le sorti della
Terrasanta. Ai musulmani sarebbe stato inferto un trauma micidiale.
I
mesi trascorrevano senza mutamenti di rilievo. Gli egiziani
avevano prestato man forte agli abitanti della città, e la coalizione
islamica rischiava di eludere per l'ennesima volta le forze cristiane.
Le mura si mantenevano salde, all'altezza della loro reputazione.
Ma in una notte di luglio imprecisata si determinò una svolta.
Troppa furia, nell'impeto degli infedeli! I loro reparti si
avventarono contro una torretta crociata, da cui si bersagliavano gli
spalti. La misero a ferro e fuoco, dilaniandola, ma l'atto gli si ritorse
contro. La torre andò a schiantarsi sulle mura di cinta, spalancandovi
un pericoloso varco.
Un varco, quasi per caso. I Templari, stanziati nelle vicinanze, lo
intesero come un segno del destino. Cristo li favoriva, dunque!
Attesero con pazienza la fine della notte, e alle prime luci del mattino
fecero irruzione nella fessura. Bernardo guidava il gruppo, sicuro di
sé, come un vero Maestro dell'Ordine.
La gloria, la gloria, innanzitutto! Ogni riflessione era superflua, né
ci si permetteva di esitare di fronte a un bottino di guerra così
ingente. Bernardo conosceva il protocollo, e volle agire con
tempestività. Solo i Templari avrebbero avuto accesso al varco,
godendo dei vantaggi dell'impresa.
I
Cavalieri minacciarono gli altri crociati e si avventurarono, da
soli, nel pertugio poco più grande di un corpo umano. Tra il sudore,
le pesanti armature, e la polvere dei calcinacci. In forza della loro
temerarietà, si sentivano autorizzati al saccheggio.
Una quarantina di loro distanziarono gli altri soldati, senza curarsi
della quantità soverchiante del nemico.
Poi si svolse tutto in fretta: un'operazione militare non ponderata.
Qualcuno dirà: come tante altre, se si parla dei Templari. Loro, però,
la persero la testa. I musulmani infierirono su un manipolo di audaci
che anteponeva la cupidigia o la gloria a qualsiasi altro valore, la
sicurezza, lo spirito di collaborazione, la solidarietà...
Non si può dire che furono brillanti. I nemici, validi combattenti, li
sottomisero presto anche in virtù del numero. Sì, i Templari ebbero il
privilegio di penetrare nelle mura inespugnabili, ma anche di morire
con rapidità!
Le loro teste penzolavano dai bastioni di Ascalona. Gli assediati
sogghignavano, guerrieri consapevoli della propria invincibilità,
sorretti da arroganza e presunzione. Il disprezzo era legittimo?
Soltanto dopo si valutò l'evento, per azzardare giudizi categorici.
«I Cavalieri furono imprudenti. Se ne impadronì il demone
dell'ambizione o quello della brama?».
«Grazie alla loro frenesia, più nessun altro poté entrare nella
breccia».
«Un gesto sconsiderato, qualunque motivazione lo dettasse».
Per gettare fango, alcuni inserirono l'incidente di Ascalona nella
lista dei numerosi errori dei Templari. Anche coloro che oggi tendono
a giustificarli, ridimensionando la portata dell'evento, sono costretti a
deplorare la loro insolenza. Li si reputa incoscienti per aver varcato
le mura senza premeditazione; potevano almeno chiederselo: il resto
dell'esercito li avrebbe seguiti?
1 Questa imprudenza era il loro
distintivo. Talora i Templari ricorrevano a una strategia precipitosa,
persino irrazionale, difettosa di un centro o di un intento. Da dove
scaturiva tale impeto?
Esiste ancora oggi, ben preservata dagli alberi, la moschea di
Aqsi, quartier generale dei Templari a Gerusalemme. L'altra
denominazione, «il Tempio di Salomone», ne rintraccia la
corrispondenza tra Oriente e Occidente, Islam e cristianesimo (o
ebraismo). La stessa che si ritrova nella dottrina dei Templari.
L'Ordine guerriero si incaricò di proteggere i pellegrini sulle impervie
strade della Terrasanta, per poi dare man forte ai crociati in battaglie
memorabili.
Può stupire, la presenza di un Ordine bellicoso. Come se
l'esercizio della violenza strida con la spiritualità. Ma in Occidente i
Templari fungono da antesignani, mostrando che la commistione è
praticabile. Mettere in gioco la propria vita, attraverso il sacrificio, è
un alto ideale. La religione dovrà tenerne conto, e attenuare il rigore
dei suoi divieti. Il quinto comandamento suona imbarazzante. I
Templari lanciano un appello al cristianesimo, recuperandone la vis
polemica.
Sono devoti della Vergine Maria, e al contempo della spada. Ciò
destò scandalo, in un contesto medioevale non avvezzo al
messaggio. Ma i presupposti per recepirlo c'erano, eccome! Il
mondo della cavalleria, con i suoi codici etici e strategici, era già
tratteggiato in opere letterarie tra storia e leggenda. Chrétien de
Troyes ne indicò la strada. Lancelot e Perceval rappresentavano
seducenti ideali dell'Io per l'uomo d'azione, poemi di struggente
nostalgia per un mondo vagheggiato. Il romitaggio, ancorché
auspicabile, non soddisfaceva più larghi ambienti del mondo
cristiano. I Templari raccolsero questo appello alla laboriosità, per
agire in questo mondo in favore dell'altro. Versarono sudore, sangue
e lacrime in una vita quotidiana pregna di dolore, in vista della
resurrezione nell'aldilà.
E poi, le crociate ne avevano dato prova: Dio si serve (anche)
con la spada. La posta in gioco: la soppressione degli infedeli e la
riconquista della Terrasanta. Il nemico è maomettano. Si inventano
capri espiatori del calibro del Saladino (Salah al-Din), «Sultano
dell'Egitto e di Damasco». È il meccanismo della proiezione.
L'Occidente si forgia un avversario, e se lo sceglie tra le etnìe più
affini, quelle che rischiano di mettere in discussione i suoi pilastri. Il
mondo islamico si presta allo scopo. Nella realtà psichica e in quella
materiale o storica si verifica lo scontro tra spiritualità diverse,
l'Oriente e l'Occidente. I Templari se ne pongono al centro, in qualità
di cristiani «islamizzati».
Si solleva un coro di critiche nelle frange tradizionali della Chiesa.
Si obietta all'uso della violenza, propendendo per i valori dello
spirito. Lo sosteneva anche Maometto in un celebre hadith, di ritorno
da una battaglia sanguinosa. I suoi seguaci vogliono lodarlo, però lui
li
ammonisce. Quella è la «piccola guerra santa», mentre ne
imperversa un'altra ben più impegnativa e temibile, «la grande
guerra santa» nel proprio cuore.
2 Guigo, priore della Grande
Chartreuse, casa madre dell'Ordine Cartusiano apostrofa con
analoga veemenza il Maestro templare Ugo di Payns. «Non vorrei
incoraggiarvi, caro amico, allo scontro fisico e al combattimento, ma
desidero darvi almeno qualche consiglio sulle battaglie spirituali nelle
quali sono coinvolto nella vita quotidiana, benché io non risulti
meglio equipaggiato a suggerirvi neanche in questo campo»
3
.
Come, i Templari non sarebbero monaci?! Sembra che abbiano
pronunciato i tre voti della vita monastica, relativi alla povertà, alla
castità e all'ubbidienza. Anche oggi, però, qualcuno sostiene che ciò
non basta a qualificarli religiosi. Si stenta a comprendere
l'accostamento, interpretato come una contraddizione in termini, cioè
l'espressione «monaco guerriero».
I Cavalieri si presentarono al re Baldovino II forse nel 1118 per
consacrare le loro spade al Cristo. Il lato settentrionale del Tempio di
Salomone fu loro riservato. Sino a quel momento mancavano
persino di un posto dove «posare il capo».
Si discute di un contrasto. All'inizio sarebbe stato tempo di
povertà, ma poi l'Ordine si espanse rinunciando al suo stile frugale.
Ciò è incontestabile. A rammentarlo è il tesoro dei Templari, l'ingente
proprietà che determinò il loro declino.
Le origini dell'Ordine sono avvolte dal mistero, e non se ne sa
molto di più. Anche la quantità dei Cavalieri è in questione: nove o
trenta? Dalle fonti, il primo numero appare più probabile. Gli si
offrirono cibo e vestiti.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo