I doveri di un duca – Megan Frampton

SINTESI DEL LIBRO:
Era una bellissima giornata, il sole brillava alto nel cielo, gli uccellini
cinguettavano sui rami degli alberi e le governanti avevano accompagnato i
bambini al parco.
Nessuno avrebbe immaginato la tempesta l'orrore che stava per scatenarsi a
Londra in quel giorno perfetto.
Sicuramente non la fanciulla giovane signora seduta su una panchina in
attesa del fidanzato.
Ma, in fondo, è la natura dei racconti di questo genere, non è vero?
Perché, se l'orrore si potesse prevedere, forse si potrebbe evitare.
la Signora del Mistero
Londra, 1842
Gentleman's Pleasure House, seconda stanza a destra
«E poi cosa mi farete?» In realtà a Nicholas la risposta non interessava,
perché sapeva che la donna seduta sul suo grembo avrebbe esaudito ogni sua
richiesta. E lui, da gentiluomo qual era, si sarebbe assicurato che anche lei
provasse piacere.
Perché era un amante democratico.
«Voi cosa vorreste che vi facessi?» ribatté lei.
Evidentemente ignorava che quando lui poneva una domanda voleva una
risposta, non un'altra domanda.
Dopo avere represso un senso di fastidio e di noia Nicholas si concentrò,
le posò una fragola tra i seni e abbassò il viso per catturare con la bocca il
frutto succulento. La fragola, non il seno. Quel piacere voluttuoso sarebbe
arrivato più tardi.
Le avvicinò la bocca a un orecchio e parlò con un tono di voce basso, per
non farsi udire dalle due donne sedute al suo fianco. «Vi terrò occupata la
bocca in modo che non possiate parlare. E quando sarete in grado di farlo,
griderete il mio nome.»
Lei si agitò, sfiorando con il fondoschiena il membro già eccitato, poi gli
posò il capo su una spalla. «Ho sentito parlare di voi, milord, e sono
impaziente di scoprire se ciò che dicono è vero.»
Nicholas le cinse la vita con le mani, insinuando i pollici nella soffice
piega sotto i seni.
Quello era il momento che preferiva quando era in compagnia di una
donna: pregustare il piacere di vedere il suo volto quando si fosse lasciata
andare, di sentire il suo corpo sotto le mani, di percepire il suo desiderio di
essere penetrata. Anche l'atto in sé era piacevole, tuttavia nessuna delle donne
con cui era stato si era dimostrata all'altezza delle sue aspettative.
Ogni volta, a ciascun nuovo incontro, lui sperava che fosse quella giusta.
Si augurava che fosse la donna in grado di portarlo a un livello di estasi mai
raggiunto prima, che gli facesse perdere ogni consapevolezza di sé, che gli
impedisse di pensare per concedersi qualche istante di gioia pura. Una donna
che fosse sua pari a letto, nella conversazione, nella vita.
Certo non pensava di incontrare una donna del genere in un luogo come
quello in cui si trovava al momento, una casa di tolleranza seppure di una
certa classe. Ma non era particolarmente interessato a corteggiare una
fanciulla che apparteneva al suo ceto perché temeva di scoprire, solo dopo
averla sposata, che non era la compagna ideale di letto o di conversazione. E
il matrimonio era per sempre.
L'anno prima aveva preso in considerazione l'idea di sposarsi quando
aveva incontrato una ragazza che però si era fidanzata con un altro prima
ancora che lui avesse capito se la desiderava oppure no. Il matrimonio
naturalmente era sfumato e lui aveva deciso di rimanere scapolo finché non
avesse trovato la donna dei suoi sogni.
Non era tuttavia disposto a rinunciare ai piaceri della carne solo perché
dubitava di trovare una felicità duratura. Perciò aveva deciso che si sarebbe
accontentato di una soddisfazione temporanea.
A quanto pareva altri gentiluomini londinesi la pensavano come lui
perché la casa – come un laghetto da pesca ben tenuto – pullulava di donne
graziose che abboccavano all'amo con grande facilità. Nel loro caso l'esca era
il denaro, oltre a qualche parola gentile. Lui ne aveva in abbondanza, ed era il
motivo per cui in quel momento era circondato da ben tre donne.
Nicholas aveva scelto una delle stanze più lussuose. In quel momento non
era sul letto enorme, che troneggiava in mezzo alla camera, bensì su un
divano basso e lungo rivestito di una stoffa color viola scuro. Anche i mobili
erano scuri, ma le candele posate qua e là illuminavano l'ambiente di una luce
calda e sensuale. Come se lui e le tre dame compiacenti non fossero sensuali
a sufficienza.
«Milord?» La donna che gli era seduta in grembo si girò per guardarlo
mentre le altre due, che già conosceva in senso biblico, gli scompigliavano i
capelli e gli accarezzavano il torace bisbigliando parole dolci.
Nicholas non vedeva l'ora di concludere.
Perciò non fu contento quando udì suo fratello Griffith che lo chiamava
dal corridoio.
Andavano abbastanza d'accordo anche se, a differenza del fratello
maggiore, Griff non frequentava case di tolleranza e nemmeno case con una
buona reputazione, dato che passava il suo tempo in biblioteca a studiare.
«Scusatemi, signore.» Nicholas spostò la donna che teneva in grembo, la
fece sedere sul divano, poi si abbottonò la camicia e si passò una mano tra i
capelli scompigliati. «Sono qui, Griff» gridò mentre si alzava in piedi. Si
stava infilando la camicia nei pantaloni quando il fratello, entrato nella
stanza, osservò stupito la scena di depravazione che apparve ai suoi occhi.
Per Nicholas era un martedì come tanti altri.
«Cosa succede?» domandò, guardando il fratello che apriva e chiudeva la
bocca come un pesce fuor d'acqua.
«Guarda questo, non mi avresti creduto se te l'avessi raccontato» gli
rispose Griffith, lanciandogli un foglio di carta.
Nicholas spiegò il pesante foglio, la cui consistenza preannunciava un
contenuto importante che lui non aveva alcuna voglia di conoscere. Dopo
avere scorso il testo, scritto in linguaggio giuridico, alzò la testa per guardare
il fratello. «Dice che... che sono...»
«Il Duca di Gage» confermò Griff.
Nicholas guardò di nuovo la pergamena, come se potesse fornirgli una
spiegazione. In effetti era così, però lui non capiva tutti quei considerato che,
in fede di ciò, dopo ulteriori revisioni...
«Non può... come è possibile?»
«Pare che, molto tempo fa, ci sia stata una controversia su chi avesse
diritto al titolo in un ramo della nostra famiglia, ma la conclusione è che
l'attuale Duca di Gage non è il vero duca a causa di un problema di bigamia
che si è verificato qualche generazione fa.» Suo fratello aveva la spiegazione.
Fantastico.
Peccato che... «Quindi il titolo di duca, o qualunque cosa sia, andrebbe a
me? E gli altri parenti?»
Griff scosse il capo. «La bigamia ha coinvolto diversi discendenti. Come
nella Guerra delle Due Rose, che iniziò perché Giovanni di Gand sposò la sua
amante facendo dei loro figli non dei bastardi, bensì...»
Nicholas colpì il fratello a una spalla. Non forte, quel tanto per farlo
tacere. «Non ho bisogno di una lezione di storia e mi auguro che questa
faccenda non sfoci in una guerra.»
«Naturalmente.» Griff sorrise mentre si massaggiava la spalla. «Meglio tu
di me, comunque.»
Nicholas inarcò un sopracciglio. «Be', visto che tu erediteresti il titolo
solo se io morissi, sono felice che sia toccato a me. Cosa devo fare adesso?»
Griff si strinse nelle spalle. «Naturalmente l'attuale duca ha impugnato il
documento, tuttavia sembra che la legge sia dalla tua parte. O, meglio,
l'illegalità.»
«E come mai l'hai scoperto prima di me?» gli chiese Nicholas accigliato.
«L'avvocato è venuto a casa nostra, ma tu non c'eri» rispose il fratello
imbarazzato. «Ho pensato che fosse il caso di avvertirti subito.»
Già. Perché mentre lui era in una casa di tolleranza a trastullarsi con tre
donne contemporaneamente, suo fratello si stava rendendo utile nella
residenza che condividevano. A meno che non fosse lui ad avere ragione e a
sbagliare fosse il resto del mondo.
Come era già accaduto altre volte, Nicholas si chiese perché lui e suo
fratello fossero tanto legati pur essendo così diversi. Se il massimo della
felicità per Griffith era stare con il naso sepolto fra i libri, per lui era stare con
il naso poggiato su un seno, preferibilmente due.
Anche le sorelle maggiori, entrambe sposate, erano rispettabili, ma
essendo in realtà delle sorellastre non contavano molto.
Nicholas si girò verso le donne e provò una fitta di invidia quando vide
quello che una stava facendo all'altra sotto gli occhi, incupiti dal desiderio,
della terza.
«A quanto pare, mie dolci amiche, una questione urgente richiede la mia
attenzione.»
Le tre donne si fermarono per guardarlo e un'espressione di disappunto si
disegnò sui loro volti.
Quella al centro, che si chiamava Sally, chiese imbronciata: «Siete
sicuro? Il vostro amico potrebbe unirsi a noi anche solo per un po'».
Nicholas guardò Griff, le cui guance si erano coperte di rossore. Ancora
un po' e sarebbe diventato dello stesso colore del divano. «Vorrei tanto
restare con voi, ma dobbiamo andare.» Non voleva che suo fratello
esplodesse a causa di un imbarazzante attacco di lussuria: sarebbe stato
difficile spiegarlo ai parenti.
Senza attendere la risposta, lo prese per un braccio e lo condusse fuori
dalla stanza. Quando giunsero nel vestibolo, lasciò qualche moneta alla
tenutaria della casa.
«Ve ne andate già?» osservò lei, infilando il denaro nella tasca. «Vi
rivedremo presto, milord?»
Nicholas scosse il capo. «Temo di no. Sembra che io abbia ereditato il
titolo di duca.»
Ciò detto, aprì la porta e uscì nella notte nebbiosa con il fratello al
seguito.
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