Gli adorabili gatti di Nancy Jones – Amy Bratley

SINTESI DEL LIBRO:
La chiave per aprire il cuore di Nancy Jones le fu recapitata
direttamente nella buca delle lettere alle 7:35 di mattina mentre
distribuiva crocchette per gatti in cinque piattini blu. La chiave
sbatacchiò a terra, il cartellino appeso a una cordicella recitava:
“Sig.na Jones, Gattara, rif. Evelyn Road 38, come concordato”. Con
la vestaglia saldamente allacciata intorno al corpo, Nancy socchiuse
la porta per sbirciare fuori nella speranza di intravedere almeno la
schiena della persona che gliel’aveva lasciata. Non c’era anima viva,
solo l’abbaglio del sole che la costrinse a sbattere ripetutamente le
palpebre. La cosa non la stupì: nessuno si azzardava a bazzicare
per il suo cortile, a parte i gatti. D’altronde, non era certo un giardino
particolarmente accogliente. Era un intricato groviglio di arbusti
incolti dominato da imponenti agrifogli e disseminato di inquietanti
balle di rovi simili a rotoli di filo spinato in un campo militare. I
ragazzini usavano l’erba alta a mo’ di discarica, gettandovi lattine di
energy drink e contenitori da fast-food vuoti. L’inverno precedente,
qualcuno ci aveva lasciato un vecchio materasso e a lei erano
occorse due settimane per racimolare il coraggio di farlo rimuovere.
«La gente pensa che sia una casa abbandonata», aveva detto il
netturbino mentre Nancy tremava nel cardigan.
«Che insolenti», aveva cercato di scherzare lei abbozzando una
risatina, prima di battere rapidamente in ritirata alla ricerca di una
parete a cui sorreggersi, paonazza per la vergogna. Ma se era vero
che il giardino era una landa desolata e l’esterno della casa piuttosto
fatiscente, l’interno era tutta un’altra storia… o quasi. Si era trasferita
lì tredici anni prima, la cittadina di Christchurch nel Dorset scelta
sotto le lenzuola inamidate di un letto d’ospedale di Northampton.
Quando aveva varcato la soglia, le era parso di essere stata
catapultata in un passato lontanissimo; la coppia di anziani che ci
aveva vissuto fino a quel momento non stendeva una mano di
bianco dalla fine degli anni Quaranta. Nancy aveva sbrigativamente
passato in rassegna le stanze. Le pareti verde bosco, le carte da
parati con i gelsomini, le piastrelle a scacchi e le tende a motivi
floreali si erano avvicendate in un turbinio indistinto tratteggiando
una scena d’altri tempi. A convincerla a restare era stato un fiero
gattone bianco e grigio con una coda morbidissima, le cui fusa
somigliavano alla musica di una trombetta.
La casa era situata nei pressi del molo storico di Christchurch,
dove gli artisti di strada dipingevano accanto al chiosco della musica,
l’acqua era solcata dai cigni e dalle barche da diporto e le rovine del
castello normanno e la chiesa del priorato si ergevano accanto a un
rivenditore di waffle in stile americano. Ma l’aspetto che Nancy
preferiva di quel luogo erano le grida dei gabbiani. Di sera, i loro
strilli componevano una cacofonia simile a quella di un complesso di
flauti i cui membri si fossero messi a soffiare negli strumenti tutti
insieme.
Prese la chiave e andò a infilarsela nella borsa; era ora di
prepararsi per andare alla scuola elementare St Joseph, dove
lavorava. Sotto lo sguardo incuriosito di cinque paia di occhi felini,
Nancy osservò il proprio nome sul cartellino. Sig.na Jones. Anni
prima era stata una signora, ma di quella Nancy non c’era più alcuna
traccia. L’amico gallese che si era offerto di occuparsi gratuitamente
del servizio fotografico delle nozze alla fine della giornata le aveva
lasciato il rullino Kodak da far sviluppare. Lei lo aveva portato tutta
contenta da Snappy Snap, scegliendo il servizio di stampa in un’ora,
e non aveva nemmeno aspettato di essere uscita dal negozio prima
di aprire la busta. Tutti e trentasei gli scatti erano vuoti. L’amico non
aveva chiuso bene la parte posteriore della Pentax e la luce aveva
guastato la pellicola. Lei gli aveva comunque spedito una bottiglia di
Scotch accompagnata da un bigliettino: “Le foto sono venute
benissimo, grazie mille!”. Il certificato di matrimonio era andato
perduto, la fede giaceva nell’astuccio di una gioielleria e l’abito di
pizzo color avorio era stato donato a Help the Aged, un’associazione
di aiuto agli anziani. Una prova che quel matrimonio fosse realmente
avvenuto doveva pur esserci da qualche parte, forse su un registro
dimenticato nei meandri dell’ufficio anagrafe di Northampton…
oppure era già finito in una macchina mangia documenti anche
quello? Nancy cercava di non pensare mai a quel periodo della sua
vita, ma i ricordi continuavano a riaffiorare.
«È ora di vestirsi, Ted. Se permetti…», disse rivolta al gatto ormai
anziano che per primo l’aveva accolta in quella casa. Con la sua
splendida criniera bianca da aristocratico elisabettiano, Ted era di
un’educazione fenomenale. Restò immobile e chiuse gli occhi, da
vero gentiluomo.
Nancy attraversò il pianerottolo con l’armadio per la biancheria
dentro cui non c’erano lenzuola e asciugamani, ma scatole piene di
una vita che lei non aveva la forza di guardare – e andò in camera a
infilarsi una lunga gonna a stampe floreali, una blusa color panna e
un paio di ballerine beige. Si meravigliò quando osservò il proprio
riflesso allo specchio. Magra, la carnagione chiara, il naso dritto, due
grandi occhi grigi, le sopracciglia arcuate e gli zigomi alti, un tempo
era stata bella. Adesso non portava né trucco né gioielli. Niente che
potesse attirare l’attenzione. I capelli castani striati di grigio erano
tenuti indietro da due mollette tartarugate. La cinquantaseienne di
oggi cercò nello specchio un barlume della ventiseienne che era
stata, ma non lo trovò. Quella ragazza si era persa per strada.
Magari s’era fatta caricare su una Harley-Davidson ed era
sgommata verso un futuro diverso.
Dopo aver salutato e mandato baci a tutti e cinque i gatti, uscì per
andare al lavoro. «Ti voglio bene, torno presto», disse a Elsie, che
l’aveva seguita sul vialetto del giardino. Era una gatta fedele e
devota, la seconda in termini di anzianità fra i suoi mici.
Nancy si avviò alla St Joseph, dove lavorava part-time come
impiegata amministrativa, ma fece una deviazione verso l’indirizzo
scritto sul cartellino: Evelyn Road 38. La casa era un’immensa villa
in stile georgiano con un cancello automatico in ferro battuto che
trasudava ricchezza.
Lievemente a disagio, attese che le aprissero e buttò una rapida
occhiata alla statua del cavallo impennato vicino allo stagno
costellato di ninfee. Il ghiaino del lungo vialetto le scricchiolò sotto le
scarpe. Una delle finestre del piano superiore incorniciava un
maestoso gatto persiano tutto impettito: sembrava un ritratto di Maria
Antonietta. L’odoroso glicine che si inerpicava sopra il lucido portone
nero ronzava di grosse api sovraeccitate. Nancy intravide un
bagliore blu con la coda dell’occhio: nel giardino posteriore c’era una
piscina!
Sbirciò all’interno dell’ingresso dalla finestra accanto all’uscio e
restò di sasso quando vide che c’era una donna afflosciata sul
pavimento. Aveva le spalle appoggiate al muro e si massaggiava le
tempie. I capelli nocciola le schermavano il volto, ma a occhio e
croce non poteva avere più di venticinque, trent’anni. Non sapendo
come comportarsi Nancy indietreggiò, solo che andò a urtare un
vaso rovesciando del terriccio. Le sfuggì uno strillo. Mentre
raddrizzava il vaso udì una voce.
«Chi è? Gerard, se sei tu sappi che parlavo sul serio», dichiarò la
donna a gran voce. «Non si può più aspettare. O adesso o mai più, e
sto cominciando seriamente a propendere per il mai più».
Nancy si schiarì la voce. «Oh, salve, sono… ehm… A quanto ho
capito, questo fine settimana devo dare da mangiare al suo gatto,
signora… Loveday?», disse mordicchiandosi il labbro inferiore. «Suo
marito… sì, insomma, mi ha contattata a scuola e mi ha chiesto se
potevo darvi una mano con il gatto mentre sarete via, perciò
pensavo di dover venire stamat…».
Lasciò la frase in sospeso. Seguì un silenzio seccato.
«Ah, già», rispose la donna. «Doveva venire domani, però.
Possibile che Gerard non le abbia nemmeno specificato i giorni, per
la miseria?».
La voce della donna si assottigliò in un singhiozzo strozzato che
lei mascherò con un colpo di tosse. Nancy arrossì.
«Non mi ha comunicato le date esatte, mi ha solo fornito la chiave.
Torno domani, allora?», domandò continuando a mordicchiarsi il
labbro.
«Sì, domani!», sbottò la donna. «Saremo sulla spiaggia del
Norfolk a quest’ora.
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