Femen – Massimo Ceresa

SINTESI DEL LIBRO:
Anna Hutsol (Murmansk, 1984), Inna Shevchenko (Kherson, 1990),
Oksana Shachko (Khmelnytskyi, 1987), Aleksandra Shevchenko
(Khmelnyitskyi, 1988) sono le fondatrici del gruppo femminista più
famoso, discusso e temuto del pianeta. Le loro biografie potrebbero
leggersi quasi come dei sinottici. Nelle loro vite, nelle loro famiglie,
come in quelle di moltissime famiglie delle province dell’ex impero
sovietico, si distinguono sempre due periodi: prima e dopo lo
scioglimento dell’URSS. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica e con
l’indipendenza dell’Ucraina, in molte famiglie gli uomini perdono il
lavoro ed entrano in depressione, cominciano a bere, mentre le
mogli si ritrovano a lavorare come schiave: si occupano dell’orto, di
cucina, dei bambini, devono lavare, pulire, mentre gli uomini, dopo
aver bevuto a sazietà, fanno scenate e cominciano ad alzare le
mani. Anna, Inna, Oksana e Sasha vogliono una vita diversa. Si
rifiutano di passare il tempo a bere birra per la strada o di gettare via
le proprie vite con la droga. Rifiutano il futuro che attende molte delle
loro amiche. La maggior parte delle loro compagne di scuola si era
sposata subito dopo la fine degli studi superiori. I loro genitori
sembravano ignorare che, prima di sposarsi, fosse preferibile
frequentare gli studi superiori e trovarsi un lavoro stabile. Tutte le
loro amiche avevano già divorziato e avevano due o tre figli
condannati, a loro volta, a ripetere gli errori dei genitori. Sono
ragazze che finiscono col divorziare, col disinteressarsi dei propri
figli e che poi tornano a sposarsi di nuovo…
2
Oksana ricorda di aver incontrato Anna e il suo amico Viktor durante
alcune riunioni di filosofia a Khmelnytskyi. Le riunioni di questo
circolo filosofico si tenevano nel cortile di un edificio in via Kozatska.
Si sedevano lungo un tavolo di legno per leggere ad alta voce o
commentare opere di filosofia
3
.
Nel corso di queste riunioni Anna,
Viktor e Oksana hanno l’idea di fondare il Centro di Prospettive per
la Gioventù, un’organizzazione per difendere i diritti degli studenti.
Sasha conosce Anna, Viktor e Oksana durante l’ultima riunione del
Circolo e ricorda: «Si parlava di casi personali. Ciascuna raccontava
la propria storia (i maltrattamenti inferti dal proprio ragazzo o padre,
ecc.)
4».
Dopo quella riunione si decise di fondare una nuova associazione
femminile, un gruppo che rinnegasse tutto ciò che fosse maschile.
Questa decisione provocò una scissione in seno al Centro e, dopo
un’accesa discussione, il nuovo gruppo dovette andarsene. Fu così
che nacque Nuova Etica
5
.
Il
trio di Khmelnytskyi, Anna, Sasha e Oksana, si consolida
effettivamente intorno a Nuova Etica, il primo movimento composto
solo da ragazze che, tuttavia, rifiuta ancora di considerarsi
femminista. Organizzano brain-ring e conferenze in diverse
università e portano aiuti agli orfanotrofi. Così lavorano dal 2006 al
2008. Dentro Nuova Etica sono più o meno cinquanta persone. Però
è necessario crescere e conquistare la capitale. Nel 2008 prendono
il nome di Femen. Anna Hutsol racconta di aver incontrato la parola
Femen su Internet. È una parola latina e vuol dire “coscia”. Secondo
Anna, era il nome giusto: corto e misterioso e, in più, con un bel
suono e simile al francese femme
6
.
Anna si traferisce a Kiev e, dopo poco tempo, è la volta di Sasha,
mentre Oksana traslocherà soltanto all’inizio del 2011
7
.
Inna entra a far parte del gruppo all’inizio del 2009. Aveva
conosciuto Sasha su Facebook. Sasha scherzava sul fatto che
avessero lo stesso cognome... Un giorno decidono di trovarsi in un
McDonald’s e Sasha le propone di incontrare alcune ragazze che
sono solite riunirsi nel caffè Ban’ka, situato in un vecchio bagno
pubblico di epoca sovietica. «Era un posto piuttosto sudicio con
tipiche piastrelle sovietiche
ricorda Inna . Stavano pianificando
un’azione contro la prostituzione. Fu allora che sentii per la prima
volta parlare di Femen
8».
Le quattro ragazze non trascorrono le loro serate davanti a una
bottiglia di vodka o di birra: all’alcol preferiscono la compagnia di
letture poco popolari in quegli anni, Il Capitale di Karl Marx, La
donna e il socialismo di August Bebel. In Marx scoprono l’idea che la
gente nasce con uguali diritti e che così dovrebbe essere sempre e
che ognuno può sviluppare le sue capacità, la sua creatività, invece
di accettare il destino che la società capitalistica vuole riservargli. In
Bebel trovano la base teorica del loro rifiuto del machismo, al
capitalismo e alla religione che opprimono la donna sempre e
ovunque.
Femen fa suo il nesso tra patriarcato e capitalismo evidenziato da
Heidi Hartmann in Capitalism, Patriarchy, and Job Segregation by
sex: «La segregazione occupazionale delle donne […] è il
meccanismo primario che mantiene nella società capitalistica la
superiorità degli uomini sulle donne, perché impone salari più bassi
per le donne sul mercato del lavoro. Bassi salari tengono le donne in
una condizione di dipendenza nei confronti degli uomini e le
incoraggiano a sposarsi. Le donne sposate devono svolgere lavori
domestici per i mariti. Questa divisione domestica del lavoro, a sua
volta, ha come conseguenza di indebolire la posizione delle donne
sul mercato del lavoro. Così la divisione gerarchica domestica del
lavoro è perpetuata dal mercato del lavoro e viceversa. Questo
processo è il risultato attuale della continua interazione dei due
sistemi saldamente connessi, il capitalismo e il patriarcato
9».
Le richieste di Femen? Sono queste: la destituzione di tutti i regimi
dittatoriali che creano condizioni di vita intollerabili per le donne e,
soprattutto, quelli delle teocrazie islamiche che praticano la Shari’a e
altre forme di sadismo nei confronti delle donne. Il totale
sradicamento della prostituzione, la forma più brutale di sfruttamento
della donna, attraverso l’incriminazione dei suoi clienti, degli
sfruttatori e di coloro che fanno affari e trafficano con la schiavitù. La
completa e assoluta separazione tra Stato e Chiesa e la proibizione
di qualsiasi ingerenza delle istituzioni religiose nella vita civile,
sessuale o riproduttiva della donna moderna
10.
Femen vuole creare una giustizia egualitaria tra donne e uomini
affinché la donna si riappropri a poco a poco del diritto di disporre
del proprio corpo. Affinché non sia più oggetto, ma soggetto. «Un
soggetto che grida, un soggetto attivo, un soggetto che esprime la
sua rivolta e la getta in faccia ai patriarchi. Così è nato il
sextremismo. Il sextremismo è la sessualità femminile che si ribella
contro il patriarcato con azioni politiche frontali e radicali. Utilizzando
i
nostri corpi come vettori principali della nostra rivoluzione e
giocando con i codici sessisti durante le nostre azioni, distruggiamo il
giudizio patriarcale che sottomette i corpi delle donne. […] Il moto
“sextremismo” si impone come contrappunto ironico all’estremismo
patriarcale e […] all’estremismo religioso. È una forma non violenta,
ma estremamente aggressiva di provocazione. È un’arma di
demoralizzazione potente che mina le fondamenta di un’etica
polverosa e di una cultura patriarcale sifilitica
11». «Noi vogliamo
creare un nuovo ideale femminile: una donna combattente e
indipendente.
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