Entro a volte nel tuo sonno – Sergio Claudio Perroni

SINTESI DEL LIBRO:
Passi per la vita come i bimbi che con la mano salutano cose incapaci di
rispondere, premi il viso sul finestrino dell’auto, del treno, delle tue ore
veloci, e saluti navi lontane, case che sfrecciano, greggi incuranti, e
quando avviene il miracolo, perché a volte nella vita succede che chi vede
il tuo gesto risponda, che una casa agiti le persiane, che una pecora scuota
i riccioli, che una nave srotoli bandiere, allora ti porti di scao le mani alle
guance, come i bimbi tra meraviglia e spavento, e ricominci a credere in
tuo, con gli occhi che luccicano come in gita da te stesso.
Minuscola assenza
Sono un deaglio feroce, di quelli che restano a ricordarti qualcuno, a farti
sentire qualcosa che non c’è più, sono un peine, sono un posacenere,
sono il libro che lei teneva sul comodino e non leggeva mai, sono una di
quelle cose da nulla che all’improvviso diventano giganti, quelle inezie da
cui di colpo si sprigiona la tenerezza di una figura perduta, sono un bruo
cuscino, il suo ombrello appeso all’ingresso per un inverno che non vedrà
più la pioggia, l’interruore su cui poggiava le dita entrando nella stanza,
sono il correre sbadato della tua mano a qualcosa che non è più lì, sono la
minuscola assenza che richiama la presenza perduta, il niente che disegna
l’enormità del vuoto, sono il moltiplicarsi dei gesti che fai per coprire il
pensiero, per sviare il ricordo, e mi faccio rumore, mi faccio frastuono, mi
faccio silenzio.
Un altro vuoto
La gente se ne va, smee di colpo, lascia in asso cuori, persone appena
cominciate, bambini da finire, tue cose che non potranno più esserlo, che
f
ingeranno di esserlo, che lo saranno solo per mancanza e mai per
presenza, perché lasciare altri a metà è quello che riesce meglio a tui,
f
iniscono per farlo tui, lasciare qualcuno solo, lasciarlo ancora più solo,
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inché non toccherà anche a lui andarsene, lasciare un altro solo, lasciare
un altro vuoto, d’altronde siamo qui per questo, siamo fai per questo, per
andarcene sul più bello di qualcun altro, promesse d’assenza sempre
mantenute, cose che non smeono mai di essere state.
Madrigale – L’ovunque che sei
Ti scrivo da qui, dall’ovunque di te che ogni cosa diventa quando le manchi,
mi guardo intorno e vedo la gente trasformata in un popolo che ti somiglia,
c’è chi cammina come te, chi ride come te, chi guarda a lungo il cielo come
fai tu, e io vorrei essere lì, con la faccia dappertuo su di te, e invece sono
qui, con intorno i tuoi occhi a farmi da mare, ieri è perfino affiorato uno
scoglio sommerso da anni, a ricordarmi la tua smania da gabbiano di
appollaiarti come un fluo in mezzo ai flui, oggi ha piovuto un po’, una
pioggia sminuzzata che baeva sulla teoia un tempo di biscrome con dentro
la tua voce, e anche il tempo che ci separa ti somiglia, è una lunga
processione di istanti tui con te sopra, ma dovresti sbrigarti a tornare invece
di leggere queste cose, perciò la faccio breve e ti saluto da qui, dall’ovunque
che sei ogni volta che mi manchi.
Madrigale – Una parola per dirti
Vorrei sognare una parola per dirti, per chiamare tue le cose che sei, per
spiegare ai quaro venti come mi stanno le tue mani, come mi sorridi da
dentro a un bacio, che sei faa di sole da freddo, di acqua da sete, di cuscino
da sonno e labbra soffiate, sei il fruscio che sento dormendo, la realtà che di
noe si traveste da sogno, come il mare quando fa rumore di uomo, passi
d’acqua in cerca di riva, sei le cose che succedono al cielo, ti ho vista piovere
a catinelle, fare con gli occhi gesti da vento, albeggiare senza mai un
tramonto, sei una luna diurna che ha modi da nuvola, sei la strada che so, il
gradino che il passo riconosce al buio, la bomba al cuore appena ti vedo, cose
strabilianti che andrebbero dee con una sola parola in tue le lingue
dell’uomo, che andrebbero cantate con la voce di tue le foglie.
Una tigre che sogna
Il passato è una terra ai confini del buio, un miraggio al contrario, si finge
lontano ma è sempre alle porte, ha sempre un complice pronto a
spalancargli il presente, a darci in pasto al rimorso per il male che abbiamo
fao, per il bene che abbiamo perso, il passato è una carezza affilata, una
tigre che sogna, un’ombra agguerrita che non lascia tregua, fa rivivere
conflii d’epoca illudendoci di cambiarne l’esito, riesuma amarezze
croniche per fingerle curabili, colpe estinte cui ridare fiato, rivanga idilli
sepolti, sembianze dissolte, stagioni incantate con cui trascinarci in
f
lagranza di rimpianto, il passato è sconfia in maschera, alibi in costume,
rifugio nell’impossibile per chi cerca scampo dall’ineluabile.
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