Fiamma Fredda – Joe R. Lansdale

SINTESI DEL LIBRO:
Bill Roberts decise di rapinare la bancarella dei fuochi artificiali, dato che
non aveva lavoro, era al verde e sua madre era morta e liofilizzata in camera
da letto.
Be', non proprio proprio liofilizzata. Anzi, puzzicchiava, però sembrava
reggere. Era colata sul materasso solo in parte, e se lui teneva la porta sbar
rata e puntava il ventilatore per respingere il fetore, non era poi questa
schifezza.
La bancarella dei fuochi artificiali si trovava sulla statale, quella era la
settimana del 4 Luglio e l'ambulante stava aperto fino a tardi tutte le sere;
perciò, dopo un paio di serate di appostamento in cui aveva visto un sacco di
gente comprare petardi, aveva deciso che era il bersaglio giusto per un
colpetto.
Progettava di rapinarla sul tardi perché a quell'ora la cassa era piena. E
poteva anche fregargli qualche botto. A lui piacevano quelli a forma di tenda
indiana che prima di scoppiare sputazzavano in giro scintille di tutti i colori.
Erano i suoi preferiti, e si chiedeva se quella bancarella li tenesse.
Se poi non li aveva, potevano andare bene i black cat e le candele romane.
La bancarella si trovava dall'altra parte della strada, di fronte alla casa in cui
Bill abitava insieme al cadavere della mamma, perciò non voleva attraversare
a piedi per fare il colpo e nemmeno arrivarci con la sua macchina, visto che
uno seduto tutto il giorno alla sua bancarella a guardare la strada poteva
averla vista parcheggiata sotto l'albero di caucciù vicino alla villetta, e in quel
caso, se lui fosse arrivato in macchina per la rapina, figuria-moci se non se ne
sarebbe ricordato. Non ci voleva un tisico nucleare per immaginarselo.
Così cominciò a studiare la situazione sotto i vari punti di vista.
Un dato sicuro era che sua madre era crepata alla bella età di circa dicci
milioni di anni, e adesso lui non avrebbe più potuto incassare gli assegni della
previdenza girati dalla vecchia. In realtà s'era allenato a riprodurre la sua
firma consumando una mezza dozzina di penne a sfera, ma non si sentiva
ancora abbastanza sciolto. Nel frattempo gli assegni della previdenza avevano
cominciato ad accumularsi, erano già arrivati a sette, e lui non era per niente
convinto di essere un falsario decente. Sua madre aveva elabora-to una grafia
decisamente curiosa, che soltanto un pollo che razzolasse nella merda di
vacca poteva riprodurre fedelmente.
Sei mesi prima la vecchia gallina era abbastanza viva e vegeta e stronza, ma
una sera, dopo aver guardato i campionati di wrestling, forse per la tensione
di un incontro particolarmente equilibrato o dopo l'ennesima sbadila-ta delle
gommose con cui rimpinzava il corpo scheletrico come se fossero linfa vitale,
era andata a letto e non s'era più alzata.
In un primo tempo Bill aveva pensato di denunciarla, poi che avrebbe perso
la casa e non avrebbe più avuto un tetto. Era tutto intestato a sua madre, e a
parte gli spiccioli che lei gli mollava il giorno in cui incassava l'as-segno più
il vitto e l'alloggio, non c'era mai stato altro. Nel testamento non gli aveva
lasciato niente, aveva donato tutto a una roba di studi veterinari per salvare i
gatti dalla cirrosi epatica o stronzate del genere.
A Bill non importava un amato cazzo del fegato né di altri organi felini.
Per quel che gliene fregava, quei bastardelli potevano finire nel fosso. Tanto
per cominciare aveva sistemato tutti i gatti della vecchia appena era
schiattata. A meno che a quegli stronzetti fossero spuntate le branchie o
fossero dotati di forbici per saltar fuori dai sacchi appesantiti in cui li ave
va infilati, adesso i mici stavano dormendo il sonno eterno in fondo al Sabine.
Liberi da problemi epatici o di altra natura.
No, non pensava proprio di avvertire le autorità della morte della genitrice.
Invece gli era sembrato più oculato alzare il condizionatore nella sua stanza e
tenere acceso il ventilatore e stare acqua in bocca. Solo che adesso, dopo due
bollette della luce inevase e l'ultimo avviso, gli avevano tagliato i fili, perciò
senza elettricità la mamma puzzava maledettamente. Le aveva infilato un
sacco grigio del pattume dai piedi alla vita, più un altro sopra la testa, e li
aveva legati dove si sovrapponevano, all'altezza dei fianchi, con una cintura
da accappatoio, ma non era bastato a fermare quel fetore assurdo. Poi l'aveva
irrorata con un'intera bottiglia di colonia, e a qualcosa era servito. A quel
punto la vecchia odorava come un sedicenne al primo appuntamento con una
ragazza.
Però alla fine la colonia era fermentata assieme alla mamma, emanando un
aroma ancora più pungente. Per fortuna era passato anche quello. Tra
condizionatore, sacchetti, caldo e aria viziata, la vecchia s'era mezzo
mummificata. Continuava a puzzare di cadavere, ma almeno non era più una
roba da uscire di casa a vomitare. Adesso era come quando un cane è venuto
a tirare le cuoia sotto il piancito del tuo porticato e si sta putrefa-cendo.
Ancor peggio dell'odore era la mancanza di corrente elettrica. Il cibo in frigo
era andato a male, perciò di sera Bill stava seduto al buio a fumare le sigarette
della vecchia e a guardare il televisore spento e a mangiare verdura in scatola.
Aveva un sacco di scatolette, ma non gli facevano gola. C'erano solo quelle
malefiche barbabietole e gli stronzissimi piselli e l'odioso mais e le detestate
patatine novelle. Nemmeno una fibra di carne, a parte del pemmican che
aveva spazzolato un paio di giorni dopo che la vec-chiarda aveva tirato le
cuoia. Perciò gli restava solo la verdura in scatola in via di esaurimento, e da
perfetto cretino le barbabietole le aveva tenute per ultime, così adesso aveva
solo quelle da mangiare. Barbabietole. Perché non le aveva date ai poveri?
Certe volte si piazzava con la sua lattina sotto il porticato a guardare i
moscerini passare davanti alla luna, e altre solo a guardare la gente che ac
costava alla bancarella dall'altra parte della strada, e immaginava dalla ca
pienza dei sacchetti quanto spendevano, riflettendo su quanta grana s'era
accumulata prima della chiusura.
Ogni giorno, man mano che ci si avvicinava la festa nazionale, il viavai
aumentava. Se avesse atteso il 4 per il colpo sarebbe stata la serata miglio
re, e il bottino sarebbe stato notevole. Forse sarebbe riuscito a pagare la lu-ce,
il telefono e il resto, e anche l'acqua, prima che arrivassero a tagliargli anche
quella. Era l'unica bolletta che aveva avuto abbastanza soldi da pagare, ma
ormai non poteva più permettersi nemmeno quel lusso. Era rimasto al verde,
e quella bella acquina gli sarebbe mancata. Adorava farsi un sano bagno,
anche se ormai solo freddo, e bere litri d'acqua per non pensare al cibo. La
casella postale era pagata per un anno, perciò il postino non era un problema.
Certo, non muoveva un muscolo, oltre a infilare la corrispondenza nella
cassetta in strada, ma meno gente ronzava attorno a casa meglio era, casomai
lui si fosse talmente abituato alla mamma da non accorgersi del fetore anche
quando gli altri erano in grado di annusarlo fin dalla cassetta delle lettere.
Visto che la vecchia non aveva parenti disposti a frequentarla, a parte lui, e
nemmeno amiche, prevedeva di andare avanti così all'infinito, se riusciva a
imparare a firmare gli assegni o se trovava qualcuno disposto a farlo a
percentuale.
Ovvio, il suo piano aveva qualche pecca. Dopo un po' la previdenza sociale
avrebbe immaginato che la genitrice ultracentenaria poteva essere de-funta.
Ma visto che viaggiava ancora sugli ottanta, di sicuro poteva andare avanti
per un pezzo prima che arrivasse qualcuno a festeggiare il comple-anno
dell'Americana Più Anziana. E per allora aveva già qualcosa in mente. Si
sarebbe trasferito in Bolivia, alla Butch Cassidy e Sundance Kid.
Quel casino, cioè decidere cosa fare, gli scatenava un gran mal di testa, però
una cosa era sicura, un ottimo punto di partenza poteva essere la rapina della
bancarella di fuochi artificiali.
Conosceva un paio di tizi adatti al colpo, e anche se non gli sfagiolava
dividere il bottino, non era nemmeno molto entusiasta all'idea di agire da
solo. Del resto gli serviva un mezzo per la fuga, e Chaplin, uno dei due che
aveva in mente, era in grado di sgraffignare qualsiasi carretta semovente. E
Cicciobomba Wilson era capace di guidare anche un ferro da stiro.
Dopo qualche giorno di profonde riflessioni, Bill usò gli ultimi millilitri di
benzina per andare in città da Chaplin e Cicciobomba che stavano lavorando
su un'auto nel garage del Ciccio. Chaplin era infilato sotto il mezzo mentre il
compare gli passava le chiavi inglesi.
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