I magnifici 7 capolavori della letteratura per ragazzi- Autori Vari

SINTESI DEL LIBRO:
I personaggi e i luoghi del romanzo
Protagonisti
ROBINSON CRUSOE è un ragazzo inglese con la passione per il mare.
Abbandona la casa paterna e comincia a viaggiare. Ma un giorno, la nave su
cui è imbarcato naufraga. Robinson, l’unico sopravvissuto, si mette in salvo
su un’isola deserta e tiene un diario della sua straordinaria esperienza.
VENERDÌ è un selvaggio che diventa suddito di Robinson. Quest’ultimo
gli insegnerà la lingua inglese e lo inizierà alla fede cristiana.
L’isola deserta vicino cui naufraga il vascello di Robinson Crusoe si trova
al largo del Venezuela, presso la foce del fiume Orinoco. È una terra incolta
«probabilmente non abitata se non da fiere», con una grande abbondanza di
uccelli sconosciuti al naufrago che quindi ignora se siano commestibili o
meno.
La vita e le strane, meravigliose avventure
di Robinson Crusoe, di York, marinaio
Prefazione dell’autore a «La vita e le strane, meravigliose
avventure di Robinson Crusoe»
Se mai al mondo la storia delle vicissitudini di un uomo qualsiasi è stata
degna di venire resa nota e di essere gradita, una volta pubblicata, l’autore
pensa che tale sia il caso di questo racconto. Secondo lui, infatti, le
meraviglie della vita di quest’uomo superano di gran lunga quelle di qualsiasi
altro: difficilmente la vita di un uomo può contenere tanti avvenimenti.
Questa storia è stata scritta con modestia, serietà e con una visione
religiosa degli eventi, in vista dell’uso che ne fa sempre l’uomo saggio;
l’istruzione, cioè, degli altri con l’esempio, e la giustificazione e la
glorificazione della saggezza della Provvidenza, in tutte le circostanze della
nostra vita, comunque esse si verifichino.
L’autore la considera solo una storia di fatti, senza artifizi letterari, e
quindi ritiene, essendo tutte queste cose accadute, che eguale sarà il
vantaggio che ne trarrà il lettore, sia che vi si diverta, sia che s’istruisca. E
perciò, senza aggiungere alcun complimento, è sicuro di avergli reso un
grande servigio pubblicandola.
I. Robinson lascia la casa paterna e prende a navigare.
Primo naufragio
Sono nato il 1632 nella Città di York, da buona famiglia non del luogo;
mio padre, che era originario di Brema, dapprima si stabilì ad Hull. Poi,
essendosi fatto una buona posizione, abbandonò il commercio e si trasferì a
York, dove sposò la donna che doveva divenire mia madre. Costei faceva
parte della famiglia Robinson, molto stimata nella zona, e perciò venni
chiamato Robinson Kreutznaer; ma dato l’uso inglese di svisare le parole, ora
siamo chiamati (e ci chiamiamo e firmiamo noi stessi) Crusoe, ed i miei
compagni m’hanno sempre chiamato così.
Ho avuto due fratelli più grandi di me, uno dei quali, tenente colonnello
in un reggimento di fanteria inglese, combatté nella campagna di Fiandra,
agli ordini del famoso colonnello Lockart, e venne ucciso nella battaglia di
Dunkerque contro gli spagnoli. Che fine abbia fatto l’altro mio fratello non
l’ho mai saputo, come del resto i miei genitori non hanno più saputo nulla di
me.
Essendo il terzo della famiglia, e non essendo stato indirizzato a nessuna
professione, cominciai presto ad avere la testa piena di fantastici progetti.
Mio padre, che era ormai anziano, dopo avermi fatto impartire una discreta
istruzione, voleva avviarmi alla professione legale. Ma io non desideravo
altro che fare il marinaio, e questa vocazione mi indusse a contrastare così
testardamente la volontà di mio padre, e le preghiere e i consigli di mia madre
e degli amici, che si sarebbe detto che nella mia indole c’era qualcosa che
fatalmente mi spingeva alla triste esistenza che avrei vissuto.
Mio padre, uomo grave e saggio, mi aveva dato seri e buoni consigli per
distogliermi dai miei disegni, che egli aveva intuito. Una mattina mi chiamò
nella sua stanza, dove la gotta l’aveva confinato, e dopo essersi caldamente
lagnato con me per i miei propositi, mi chiese quali motivi mi spingessero ad
abbandonare la casa e la terra nativa, oltre che il semplice desiderio di
vagabondare. «Solo due tipi d’uomini», mi disse, «sono fatti per cercare
fortuna e fama con imprese fuori dal comune; gli spiantati e coloro per i quali
sembra poca ogni ricchezza ed ogni posizione. Ora, tu sei troppo al di sopra o
al di sotto di costoro: ti spetta una condizione mediocre, ma in uno stato che è
il migliore nella vita borghese. Una lunga esperienza mi ha dimostrato che
questa posizione è la migliore del mondo e la più adatta alla felicità
dell’uomo. Non si è esposti alle miserie ed ai travagli che sono appannaggio
di coloro che si devono procurare il vitto con il lavoro delle proprie braccia; e
non si è neppure agitati dalla superbia, dal lusso, dall’ambizione e
dall’invidia, che affliggono la parte più alta della società. Ti ho mai dato un
esempio diverso io stesso? Ho sempre considerato questa condizione come la
più giusta misura della vera felicità, ed ho sempre pregato il Signore che mi
tenesse lontano sia dalla povertà che dalla ricchezza. Ricorda bene ciò,
figliolo. Vedrai che le calamità della vita sono distribuite tra le classi più alte
e più basse del genere umano, e che uno stato mediocre, soggetto a disgrazie
di minore entità, non è esposto alle tante vicende che travolgono i più grandi
o i più piccoli tra gli uomini. Nella condizione media dell’esistenza c’è spazio
per ogni virtù e per ogni godimento, pace e abbondanza accompagnano
quest’aurea mediocrità. In essa troverai temperanza, moderazione,
tranquillità, salute, buona compagnia, insomma ogni diletto degno di venire
desiderato. Grazie ad essa gli uomini attraversano serenamente questo mondo
e ne escono senza essere travagliati da fatiche manuali o intellettuali, non
costretti alla schiavitù per acquistare il loro pane quotidiano, senza essere
angustiati dai dubbi che tolgono la pace all’anima e il riposo al corpo, non
toccati dall’invidia o dal segreto tarlo dell’ambizione che li spinga a
desiderare grandi cose. Per quanto mi riguarda, sono pronto ad avviarti per
quella strada che come t’ho detto ritengo la migliore. Perciò, se non ti
troverai agiato e felice nel mondo, la colpa sarà soltanto o di una sfortuna non
prevedibile o della tua cattiva condotta; io dal canto mio non avrò nulla da
rimproverarmi, perché ho assolto al mio compito di metterti in guardia contro
le tue intenzioni, che sono certo ti riusciranno rovinose. Sono prontissimo,
quindi, a fare tutto il possibile per te se deciderai di rimanere in casa mia e
accettare la soluzione che ti propongo; ma non collaborerò mai alla tua
sventura, incoraggiandoti ad andartene. Guarda tuo fratello maggiore, che
avevo supplicato di non recarsi alle guerre dei Paesi Bassi. Cosa gli è
accaduto? Vi è rimasto ucciso. Sentimi bene: io non cesserò mai di pregare il
cielo per te; ma oso dire che se ti avventurerai in questa impresa insensata,
Dio non ti accompagnerà con la sua benedizione; e, purtroppo per te, avrai
poi tutte le occasioni di pentirti per non avere seguito i suggerimenti paterni».
Mi accorsi, durante quest’ultima parte del suo discorso, che fu veramente
profetica – il pover’uomo non poteva certo prevedere quanto! – che le
lacrime gli scendevano abbondanti per le guance, specie quando mi parlò di
mio fratello rimasto ucciso; e pure quando mi disse che avrei avuto occasione
di pentirmi, senza nessuno al mondo che mi aiutasse
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