I magnifici 7 capolavori della letteratura tedesca – Autori Vari

SINTESI DEL LIBRO:
I dolori del giovane Werther
Introduzione di Emanuele Trevi
Con un saggio di Giorgio Manacorda
Titolo originale: Die Leiden des jungen Werthers. Traduzione di Angelo
G. Sabatini e Anna Maria Pozzan.
Werther: il romanzo come malattia
Passato poco più di un mese dall’incontro con Lotte, e già
irrimediabilmente intrappolato nei lacci della sua passione (passione fatale
se mai ce ne furono), Werther annota un sintomo secondario, ma
straordinariamente rivelatore, di quella che è diventata la sua esistenza
considerata come malattia. Nonostante l’abilità e l’esercizio, confessa nella
lettera al fidato Wilhelm del 24 luglio 1771, sta disimparando a disegnare.
Mai ha vissuto giorni così felici, nel pieno rigoglio dell’estate e dell’amore,
mai ha sentito con tanta intensità e intimità la presenza della natura. L’estasi
è tale che basta un singolo filo d’erba a parlargli in nome del Tutto. Eppure
– Werther non sa come esprimersi più esattamente con l’amico – il suo
potere di rappresentazione si è indebolito, e la tecnica del disegno, intesa in
senso stretto, non è sufficiente a ridargli vigore. Di fronte al suo spirito, tutto
diventa instabile, ondeggiante, incline alla sparizione. La mano, che
dovrebbe seguire i contorni di un’immagine interiore sufficientemente stabile
nella memoria, non riesce a tracciare un’immagine attendibile dell’amata.
Per ben tre volte Werther ci ha provato. Tre volte gli eroi dell’epica antica
tentano di abbracciare la parvenza delle persone amate prima di rendersi
conto che si tratta di spettri. Non è escluso che Goethe, assiduo lettore di
Omero e Virgilio, volesse alludere a questa patetica situazione classica.
Quello che è certo è il disordine interiore di Werther, manifestato senza
ombra di dubbio dalla perdita dell’abilità di disegnare.
Quando compone I dolori del giovane Werther, all’inizio del 1774, il
ventiquattrenne Goethe è ancora tentato dalla carriera di artista. E il
disegno, incoraggiato dal padre fin dall’infanzia e praticato a un ottimo
livello tecnico, rimarrà sempre per lui una fonte di grande soddisfazione
creativa, come ben sanno i lettori del Viaggio in Italia. Vale a dire che
l’evocazione di questo particolare impedimento di Werther non è affatto
casuale. È implicito nell’atto stesso del disegnare un certo grado di serenità,
di equilibrio interiore, di armonia tra lo spirituale e il corporeo. L’esattezza
della linea è una posta in gioco, e insieme un metodo. È il segno di una
vittoria: l’astrazione rende leggibile il mondo, riducendolo a un contorno sul
quale a chi lo osserva è possibile esercitare i suoi diritti. Come il pensiero
logico, come le regole geometriche, come la musica, il disegno è in un certo
senso un gesto di appropriazione. L’indomabile opacità e complessità delle
apparenze, provvisoriamente catturata in un sistema di segni, scende a
compromesso, per così dire, con le esigenze del soggetto – questo perenne
ostaggio dei fenomeni. Ma Werther non può più godere di un tale privilegio.
E se la notte del suicidio è ancora molto lontana, qualunque minuscolo
sintomo ci avverte che il male è all’opera: bisognerà solo dargli tempo di
impadronirsi totalmente di questo nuovo tipo di eroe – un eroe malato.
Perché ogni patologia ha un suo ciclo, dal primo manifestarsi alle estreme
conseguenze. E dunque, ha bisogno di un determinato tempo, che non può
essere considerato una circostanza causale e accessoria. Al contrario, di
ogni male noi possiamo accertare la peculiare lunghezza del decorso. Per
dirla nella più semplice delle maniere: sarebbe assurdo raccontare la storia
di Werther facendolo suicidare una settimana dopo l’incontro con Lotte, e
sarebbe ugualmente assurdo inchiodarlo alla sua sofferenza, mettiamo, per
dieci anni. Invece, che dall’incontro con Lotte al colpo di pistola risolutore
passi all’incirca un anno e mezzo, è perfettamente verosimile. Il genio di
Goethe ha ricavato ogni possibile conseguenza poetica da questo fatto bruto.
A parte un breve numero di lettere mandate a Wilhelm prima
dell’incontro con Lotte alla festa campestre, che fanno da necessario
prologo, mostrandoci il carattere dell’eroe quando è ancora libero dalla
passione fatale, il tempo narrativo coincide esattamente con il decorso della
patologia che viene descritta. L’uno rafforza la credibilità dell’altro, con il
risultato che quello che teniamo per le mani può ancora essere considerato,
a tanta distanza di tempo, uno dei più perfetti e convincenti risultati
nell’intera storia del romanzo occidentale. E se è vero che imparare la
lezione di un grande libro vuol dire ben altro che riproporne gli argomenti e
la tonalità psicologica, per trovare qualcuno che abbia veramente appreso
qualcosa di essenziale dal libretto di Goethe bisognerà andare molto oltre la
generazione romantica degli Ortis, dei René e degli Adolphe. È il Kafka del
Processo, semmai, quello stesso Kafka che nutriva per Goethe una specie di
venerazione religiosa, ad avere assimilato alla perfezione il modello
narrativo wertheriano, fondato sull’irreversibile e l’ineluttabile. Dal
momento in cui si avvia un procedimento nei suoi confronti, Josef K. è
perduto esattamente come Werther mentre contempla la prima volta Lotte
circondata da fratellini e sorelline. In entrambi i casi, è solo questione di
tempo. In entrambi i casi, la sfida artistica consiste nel rendere verosimile il
tempo – ancora più che i caratteri e le situazioni.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo