Donne con le palle – Marco Malvaldi

SINTESI DEL LIBRO:
Alice si abbandonò sulla sabbia dorata.
Ansante.
Felice.
Subito dopo, come al rallentatore, Agnese si lasciò andare sopra di lei, in
un abbraccio.
Mentre Agnese la baciava, ebbra di una sensazione che chi non ha mai
provato non può capire, Alice sentì l’arrivo di altre braccia – Stefania,
forse? Jennifer, sicuramente… – che si stringevano e la reclamavano come
oggeo innegabile della loro passione.
E un groviglio di sudati corpi femminili si formò, inestricabile, per poi
sciogliersi e riformarsi in maniera più calma, e insieme più consapevole
della propria gioia.
Il tuo, di fronte agli occhi di Massimo.
Massimo che guardava aonito, tentando di darsi un contegno. Mentre
chiunque, intorno a lui, esclusiva eu.re.ka.d.dl. sembrava averne perso
ogni parvenza.
Incluso Aldo.
Proprio lui, solitamente così compassato, aveva infranto ogni speranza
di Massimo di mantenersi freddo e distaccato con il suo urlo belluino.
«E vaaaaai, quaro pari!».
«Ma che cazzo urli?».
Massimo si era voltato verso Aldo, mentre Alice e le compagne di
squadra troerellavano gaie verso il centrocampo, in aesa che l’arbitro
f
ischiasse la ripresa del gioco. Anche se, a quel punto, avrebbero ripreso
per ben poco: alla fine del terzo e ultimo tempo, come diceva il
cronometro, mancavano tre secondi appena.
Aldo, ripreso l’aplomb, rispose senza manco voltarsi.
«Cavolo, erano soo di tre fino a cinque minuti fa. Adesso ai
supplementari non c’è storia. Hanno ripreso la partita per la colloola».
«Io ti prenderei te per la colloola». Massimo fece un cenno col pollice,
indicando a qualche metro di distanza Ampelio, Pilade e il Rimedioi, i
quali seguivano la partita inchiavardati a una panchina scansando a
bastonate chiunque si frapponesse tra campo visivo e campo da gioco.
«Almeno quegli altri tre sciagurati stanno zii. Te invece ti mei anche a
berciare».
In effei, era dall’inizio della partita che i tre summenzionati non
spiccicavano parola; comportamento tenuto anche per le precedenti
partite del girone, coerentemente e univocamente.
Del resto, avevano già parlato parecchio prima. ando avevano saputo
che Pineta avrebbe organizzato una tappa del campionato italiano di beach
soccer femminile patrocinato dal Comune di Pineta. («Bìc soccèr. Giocano
a pallone sulla spiaggia. Premio di duemila euri alla prima classificata».
«Boia de’. Penza’ che da bimbei se si gioàva a pallone sulla spiaggia di
giorno i vigili te lo foravano. Ora ir Comune ti dà anche un premio»).
Avevano avuto da ridire anche di più quando avevano scoperto che le
squadre che avrebbero partecipato erano fae da giocatrici professioniste
o semiprofessioniste («Cioè, ora le donne le pagano per gioa’ a pallone?».
«Prima hanno voluto entra’ ne’ carabinieri, e ora vogliano meessi a fa’ ir
carciatore di professione? Ora dìo io, ma ci sarà modo d’emancipassi senza
fa’ de’ mestieri da stupidi…»).
A queste discussioni, sul tema parità uomo-donna, c’era chi difendeva a
spada traa l’integrazione (Marchino il Principe dello Shaker, la cui tesi
era «le donne sono òmini anche loro», col raro esito di dire una cretinata
pur difendendo un conceo sacrosanto), chi soolineava la diversità di
genere come confine invalicabile e chi, pur ardendo dal desiderio di dire la
propria, taceva: il Rimedioi, che dopo l’operazione alla carotide si era
visto installare al posto delle corde vocali un marchingegno con tanto di
tastino da premere per far uscire la voce. Risultato, una via di mezzo tra
un citofono e Radio Maria: per comunicare col piano di sopra si doveva
premere un tasto, non si capiva una cippa e quello che capivi di solito era
meglio dimenticarselo.
Tui, comunque, avevano avuto da dire la loro sul torneo.
Ma il fao su cui avevano avuto più da ridire era stato lo scoprire, pochi
giorni prima del torneo, che anche Alice era coinvolta nella cosa. Non
come vicequestore, ma come centrocampista.
«Ma te ’un gli dici nulla?».
«Io?». Massimo, dopo aver tirato di malagrazia il cestello nella
lavastoviglie, scosse la testa asciugandosi le mani. «Me ne guardo bene. Si
sta parlando di un torneo di beach soccer, non di arruolarsi nell’Isis».
«Ma è un vicequestore di polizia!» insisté Ampelio. «Ora dimmi te se
uno cor una carìa di questo tipo va a gioa’ a pallone tua scosciata sulla
spiaggia».
«Ha ragione ir tu’ nonno» fece spalla il Del Tacca. «È anche una
questione di decoro».
«Se è per il decoro, non mi ricordo che vi siate mai lamentati del
commissario Fusco che faceva jogging in canoiera e peli superflui sul
lungomare. ello sì che era uno speacolo indecoroso».
«To’, ma ir Fusco era un òmo».
«Ecco un argomento che non la lascerà indifferente. Se siete tanto
preoccupati, fateglielo presente di persona. Di sicuro apprezzerà».
I quaro si guardarono negli occhiali, tacendo. Fare presente ad Alice
Martelli, vicequestore di Pineta nonché fidanzata ufficiale di Massimo, che
era meglio che non facesse una data cosa in quanto donna era un po’ come
spalmarsi di salsa tonnata e scavalcare il recinto delle tigri. Meglio
cambiare discorso, va’.
«E te lo sapevi di essere fidanzato con un centrocampista?».
Massimo annuì come chi sa di non poter essere smentito.
«In realtà, nel calcio a cinque, ho scoperto che si dice “universale”. È un
giocatore che può ricoprire qualsiasi ruolo, perché la transizione da fase di
aacco a fase di difesa è talmente rapida che devi avere in squadra
giocatori che siano veloci di testa, oltre che di gambe. Comunque sì, certo
che lo sapevo. Sapevo anche che aveva smesso di giocare. Poi qualche
giorno fa sono venute a chiamarla ’ste due della sua ex squadra, gli serviva
un elemento un po’ valido, lei ha pensato che in fondo era un torneo
estivo ed eccoci qua».
Pilade si schiarì la gola.
«Ma scusa Massimo, quelle due a cui ti riferisci erano per caso le due
tipe colla Smart che sono venute un par di giorni fa? ella bionda cogli
stivali cor tacco e l’artra mora, capelli corti e minigonna?».
«Esao. Viola Calcaterra, portiere, e Agnese Ghirardelli, aaccante.
Ormai so tua la formazione a memoria».
«Cioè, quelle du’ ìe spropositate son due calciatrici?».
«A quanto pare, in squadra ce n’è anche una meglio».
Via, quando inizia il torneo?
Il torneo era iniziato il 23 giugno, primo giorno d’estate.
E i vecchiei non si erano persi una partita. Sempre sulla stessa
panchina. E senza dire una parola, dal girone alla semifinale. Cioè, alla
partita di quella sera.
«Avranno i loro buoni motivi per stare zii» osservò Aldo, mentre le
calciatrici tornavano verso le panchine, le une abbacchiate, le altre cariche
d’entusiasmo.
«Lo credo bene. Il Rimedioi sulla spiaggia non prende il segnale, Pilade
a vedere presa a calci una palla immagino si immedesimi e si senta
turbato, e mio nonno non vede tante cosce dal vivo tue insieme dal 1958,
quando hanno chiuso i casini. Sei te che mi stupisci».
«Anch’io ho i miei buoni motivi».
«Vergognati. Non ti dico che potrebbero essere tue figlie solo perché
potrebbero essere le tue nipoti».
«Te sei scontato. E io sono vecchio». Aldo soolineò la cosa
aggiustandosi meglio sul naso le lenti multifocali; le stesse di cui all’inizio
della partita aveva sostenuto di non aver bisogno, e che miracolosamente
gli erano spuntate in mezzo al viso dopo cinque minuti. «E poi c’è la tua
f
idanzata nel mezzo. Non potrei mai».
«Capisco. Allora le hai invitate tue a cena stasera dopo la partita così,
perché sei buono di cuore. Se non levi quella mano ti pesto un piede».
«alcuno buono di cuore ci vuole, a questo mondo» rispose Aldo
seraficamente, togliendo la mano dal paccheo di Marlboro che sporgeva
dalla tasca dei pantaloncini corti di Massimo. «Mica sono tui merde come
te, che neghi anche le sigaree ai vecchi. Comunque sì, meila come vuoi.
Mi fa piacere essere circondato dai giovani, mi fa piacere fare un favore
alla tua fidanzata, e mi farebbe piacere fare due chiacchiere con il numero
sedici. Curiosità scientifica, non capisco se sono rifae o naturali».
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