Chi semina vento – Nele Neuhaus

SINTESI DEL LIBRO:
Il sole era appena sorto quando richiuse il cancelletto del giardino dietro di sé
e, con il fucile in spalla, imboccò come tutte le mattine il sentiero in leggera
salita verso il bosco. Tell, il pudelpointer bruno a pelo duro, trotterellava un
paio di metri davanti a lui, annusando qua e là per raccogliere con il naso le
migliaia di uste lasciate dalla notte. Ludwig Hirtreiter respirò a pieni polmoni
l’aria fresca e frizzante e rimase ad ascoltare il concerto degli uccelli
mattutini. Due caprioli si erano spinti sul prato ai margini del bosco. Tell girò
il muso verso di loro, ma non diede segno di volerli spaventare. Era un cane
intelligente e ubbidiente, che sapeva di doversi interessare alla selvaggina
solo quando il padrone lo autorizzava.
«Bravo, cosû borbottò Ludwig Hirtreiter. La sua fattoria non era distante
dal bosco. Superò la sbarra bianca e rossa che era stato necessario installare
sulla strada qualche anno prima perché i pigri villeggianti della domenica da
Francoforte si inoltravano sempre di piú nel bosco con la macchina. Al
giorno d’oggi, soprattutto alle persone di città , mancava qualsiasi rispetto per
la natura. Non sapevano distinguere un albero dall’altro, cianciavano
chiassosi e lasciavano i loro cani liberi di scorrazzare anche nel periodo della
riproduzione. C’era gente che si esaltava addirittura quando la sua bestia
stanava la selvaggina e la inseguiva. Ludwig Hirtreiter non aveva nessuna
comprensione per un simile atteggiamento. Il bosco per lui era sacro. Lo
conosceva come se fosse il suo giardino, ne conosceva le radure isolate,
sapeva dov’era la selvaggina e quali tracciati percorrevano i cinghiali.
Qualche anno prima aveva addirittura ideato e collocato i cartelli esplicativi
del percorso didattico di Lindekopf, per avvicinare il pubblico ai segreti della
foresta.
I raggi del sole filtravano attraverso il fitto fogliame, trasformando il bosco
in una cattedrale verde dorata solenne e silenziosa. Alla prima biforcazione,
Tell imboccò il sentiero di destra, come se avesse letto nel pensiero del
padrone. Superarono la massiccia carbonaia e raggiunsero la zona brulla dove
l’autunno precedente un temporale aveva inciso una cicatrice nel bosco.
Ludwig Hirtreiter si fermò di colpo. Anche Tell si bloccò drizzando le
orecchie. Rumore di motori! Poco dopo il silenzio fu squarciato dal rombo
molesto di una motosega. Non poteva trattarsi della forestale, in questa
stagione non c’erano lavori da fare. Ludwig Hirtreiter si sentà assalire da
un’ondata di collera. Tornò sui propri passi e si incamminò nella direzione da
cui provenivano i rumori. Il cuore gli batteva forte. Aveva intuito che non
avrebbero rispettato gli accordi e avrebbero cominciato subito a disboscare,
per mettere la cittadinanza davanti al fatto compiuto durante l’assemblea
pubblica.
Pochi minuti piú tardi vide confermati i propri timori. Passò sotto il nastro
rosso e bianco svolazzante che delimitava la piccola radura sotto la cresta del
monte e guardò allibito i furgoncini arancioni parcheggiati e la mezza
dozzina di uomini che si muovevano indaffarati qua e là . La motosega tornò
in azione, con un lancio di trucioli di legno. Un grande abete ondeggiò e
cadde di schianto nella radura. Che farabutti bugiardi! Tremante di rabbia,
Ludwig Hirtreiter imbracciò il fucile e tolse la sicura.
«Fermi!» ordinò mentre la motosega borbottava in folle. Gli uomini si
voltarono dalla sua parte, alzando le visiere dei caschi. Hirtreiter avanzò nella
radura, affiancato da Tell.
«Se ne vada!» gli gridò uno degli uomini. «Non è autorizzato a stare qui!».
«Andatevene voi!» ribatté Ludwig Hirtreiter torvo. «All’istante! Chi vi ha
dato il permesso di abbattere gli alberi qui?».
Il responsabile del gruppo notò l’arma e la determinazione nello sguardo di
Hirtreiter.
«Suvvia, si calmi». Alzò le mani in un gesto conciliante. «Facciamo
soltanto il nostro lavoro».
«Andatelo a fare da qualche altra parte. Fuori dal bosco, e subito».
Gli altri si avvicinarono. La motosega taceva. Tell ringhiava minaccioso e
Hirtreiter posò il dito indice sul grilletto. Era serissimo. L’inizio del cantiere
era fissato per i primi di giugno, quell’intervento di disboscamento anticipato
era illegale, anche se veniva compiuto con il tacito accordo del sindaco o del
consiglio provinciale.
«Avete cinque minuti di tempo per raccogliere le vostre cose e sparire!»
gridò al gruppo. Nessuno si mosse. Allora prese la mira sulla motosega che
uno degli uomini teneva in mano e premette il grilletto. Risuonò uno sparo.
All’ultimo istante Ludwig Hirtreiter aveva spostato l’arma leggermente verso
l’alto, e il colpo passò a circa un metro dalla testa dell’uomo. Per un paio di
secondi tutti rimasero come paralizzati, fissandolo attoniti. Poi corsero via a
gambe levate.
«Non la passerà liscia!» gli gridò il responsabile dei lavori. «Chiamerò la
polizia!».
«Si accomodi». Ludwig Hirtreiter annuà e si rimise in spalla il fucile.
Nessuno avrebbe chiamato la polizia, perché sarebbe stato un autogol per
questi delinquenti vigliacchi.
Era stato a un passo dal credere alle promesse tanto sbandierate. Non
sarebbe stato abbattuto neppure un albero prima che venisse decisa ogni cosa,
glielo avevano ripetuto in pompa magna giusto il venerdà prima. In realtÃ
dovevano aver già affidato l’incarico all’impresa di disboscamento, con
l’accordo di cominciare il lunedà successivo. Aspettò che i furgoncini si
fossero allontanati dalla radura portandosi via il rombo dei motori, poi
appoggiò il fucile al tronco di un albero e si accinse a togliere il nastro di
delimitazione. Qui non sarebbe stato abbattuto nessun altro albero, finché lui
avesse potuto impedirlo. Era pronto a combattere.
Con il braccio già allungato a recuperare la valigia dal nastro della consegna
bagagli, Pia Kirchhoff sentà un trillo nella tasca della giacca. Impiegò qualche
istante per collegare la melodia al cellulare che aveva acceso subito dopo
l’atterraggio. Per tre superbe settimane l’apparecchio aveva taciuto e da
strumento fondamentale della vita quotidiana era diventato un accessorio del
tutto inutile. In quell’istante, tuttavia, il bagaglio era decisamente piú
importante della chiamata. La valigia di Christoph era stata una delle prime
ad arrivare e lui era già uscito presumendo che Pia lo avrebbe seguito quasi
subito, invece lei aveva dovuto aspettare quindici minuti buoni, in quanto i
bagagli del volo LH729 da Shanghai venivano scaricati sul nastro a singhiozzo
e con irritante lentezza.
Una volta sistemata la valigia rigida grigia sul carrello portabagagli, si
decise a pescare il telefono dalla tasca. Nel terminal rimbombavano gli
annunci degli altoparlanti, qualcuno la colpà rudemente al polpaccio con il
proprio carrello, senza neppure scusarsi. Una nuova orda di passeggeri era
stata sputata fuori dall’ennesimo aereo, davanti alla dogana si era formato un
ingorgo. Finalmente Pia trovò il cellulare che continuava a squillare
imperterrito e rispose.
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