Caccia all’omo – Simone Alliva

SINTESI DEL LIBRO:
L’omofobia frantuma anche le rassicuranti condizioni storiche. Basta
prendere una cartina e segnalare dove si sono consumati nel 2019
gli oltre duecento casi di omofobia. La prova epidemiologica è
semplice, prendo delle puntine da disegno, stendo la carta
geografica sul tavolo e fisso una puntina che corrisponda a ogni
singola città dove si è registrato un episodio di aggressione. Il colpo
d’occhio è micidiale. Ci troviamo di fronte a un’Italia a macchia di
leopardo che non rispetta la tradizionale divisione fra Nord e Sud.
Poi per capire meglio basta fare silenzio e mettersi in ascolto.
Dall’uscita dell’inchiesta “Caccia all’Omo” pubblicata sul settimanale
L’Espresso, quell’Italia l’ho girata. Le associazioni volevano
presentare l’inchiesta, io volevo andare ad ascoltare cosa ne
pensavano. Erano d’accordo? Sono un militante, sì, ma del dubbio,
l’unica religione a cui sono devoto: la domanda sul perché delle
cose, sulla ragione delle cose è l’unica tessera che porto sempre
con me, l’unica preghiera, non ne ho altre. Da Palermo a Pordenone
ho solo trovato un bisogno vero di raccontarsi. C’è questo clima di
caccia in Italia? Sì, c’è, forse anche qualcosa di più. Nelle sedi delle
associazioni, nei teatri, nelle piazze il dibattito diveniva un
counseling. Lo schema è sempre lo stesso. Entro in una sala e mi
trovo di fronte una fila di persone. Sono gay, lesbiche, trans, genitori
e amici di chi è stato aggredito negli ultimi mesi. Vogliono raccontare
cosa è successo. Non cercano titoli di giornale, ribalta, non cercano
pietà, cercano comprensione, ascolto. Mentre mi trovo a Lucca – la
città murata dove CasaPound alle ultime elezioni ha preso l’8% – sul
finale, dopo aver conversato sui destini della comunità Lgbt,
dell’informazione distratta (distorta), una ragazza del secolo scorso,
seduta accanto alla sua compagna di una vita, si alza e riferendosi al
Congresso della Famiglia, mi chiede sinceramente: “Ma perché
hanno paura di noi?”. Perché ci odiano? Una domanda così:
definitiva. Non so se ho dato la risposta giusta. La nuova paura,
quella che contagia i giorni, i pensieri, è, credo, mi pare, la paura
dell’altro. La paura dello specchio. Ti guardi negli occhi degli altri,
vedi un coraggio che non hai. Lo trasformi in rabbia, odio,
risentimento. Ci odiano perché siamo liberi, diceva Maria che fa
parte di Bit, collettivo bisessuali Toscana. Penso sia così. A Livorno
un ragazzo chiede sinceramente: “Cosa devo fare?”. Viene insultato,
aggredito e minacciato quasi quotidianamente dai clienti del bar
sotto casa. Vive con il suo compagno, non ha un lavoro e non può
certo pensare di trasferirsi. Si è rivolto alla polizia che gli ha
suggerito proprio questo: non passare da quella strada, cerca di
cambiare via. “Cosa mi consigliate di fare?” Lo chiedono tutti. Cosa
fare. Non è sfiducia verso la politica, anche se qui è come se dopo le
unioni civili la politica dei partiti avesse improvvisamente alzato un
ponte levatoio. Non è solo sfiducia verso le forze dell’ordine che
spesso liquidano gli episodi con una scrollata di spalle. È paura,
smarrimento, solitudine.
L’unico paragone possibile mentre guardo le file di persone che
chiedono aiuto è con i paesi in tempo di guerra, penso. Dove il
giornalista ha la coda fuori dalla porta, come i negozi in offerta
speciale. Dove la gente ti viene a chiedere cosa fare perché
nessuno sa dare la giusta protezione, la giusta sicurezza. Neanche
le forze dell’ordine. “Cambia strada quando ti minacciano con una
bottiglia.” “Non parcheggiare il motorino lì, certamente potrebbero
sfregiartelo o peggio”. In Italia casi di omotransfobia registrati
soltanto nel 2019 sono 212 e due morti. In tutto il 2018 sono stati
211. Nel 2017 si contano 144 casi. Mentre nel 2016 la stima è di
109. C’è qualcosa che pulsa nell’anima di questo paese e fa paura.
Per trovare una risposta alla mia domanda, per capire “in nome di
cosa” questa comunità ha sopportato soltanto negli ultimi sei anni
più di mille aggressioni, decido che bisogna partire da una città. Una
sorta di eden per gay, lesbiche, trans: Bologna. Rotonda e chiusa nel
cerchio dei viali. Una città su misura, dicono. Accogliente con i suoi
portici e ribelle, a tratti misteriosa. La città arcobaleno per
eccellenza. Qui è nato il Cassero, il primo centro italiano Lgbt sorto
in un edificio monumentale concesso dal comune nel 1982. Sempre
a Bologna, Franco Grillini, leader storico della comunità Lgbt è
cresciuto, si è formato e ha mosso i primi passi in politica. La
comunità trans ha portato avanti i primi esercizi di resistenza e di
attivismo. Porpora Marcasciano, icona del movimento trans, da via
del Pratello, continua a indicare la rotta da seguire per la
“liberazione”.
Una città storicamente rossa, aperta, di sinistra. Dove la Lega
avanza. Alle comunali ha preso il 46 %, mentre alle regionali del
2020, nonostante abbia perso, il Carroccio è stato in grado, come
avversario credibile con il suo 32 %, (più o meno il gradimento alle
europee) di “mangiarsi” gli alleati (Fratelli d’Italia tra il 9 e il 10, Forza
Italia tra il 2 e il 3).
Vive un tempo in cui il senso di accoglienza come il rosso politico
si restringe. La crepa sotto i portici è aperta e visibile. Fa caldo
venerdì 22 giugno. Ci si prepara per il Bologna Pride. Nel cuore della
notte i fascisti di Forza Nuova si ritrovano ai Giardini Margherita, il
principale parco pubblico della città, dove partirà nel pomeriggio il
corteo del Pride. Attaccano due striscioni – “Etero Pride”, “A chi
piace il culatello? A Noi”.
Lo fanno di notte, come i ladri. Forza Nuova, per chi non lo
sapesse, è una formazione di estrema destra che vive sul crinale
della costituzionalità a rischio di apologia del fascismo e
costantemente oltre il crinale del reato (sono documentate attività
illecite come campi di addestramento paramilitari in Italia e
all’estero), insomma per quanto il gesto possa sembrare “sarcastico”– come viene raccontato dai quotidiani di giornata – Forza Nuova
resta un’associazione di un certo rilievo di pericolosità.
È violenza anche questa. Per mano di gente che ha un solo
scopo: riportare indietro le lancette del tempo di mezzo secolo, cioè
al triangolo rosa sul cappotto.
Sono generazioni da cui bisogna guardarsi bene, gruppi sempre
più esuberanti; oltre Forza Nuova ci sono Militia Christi, CasaPound,
Blocco Studentesco – legittimati da chi ha messo piede dentro le
stanze del governo. Spesso tra le loro file ci sono ragazzi e ragazze
troppo giovani per sapere cos’è il fascismo però fascisti di ritorno.
Figli degli anni dell’odio e del disprezzo, appunto, verso i diversi e i
più deboli.
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