Buddha – Leonardo Vittorio Arena

SINTESI DEL LIBRO:
Il tempo, i luoghi e i nomi
È impossibile determinare con precisione la data di nascita del
Buddha. Secondo la maggior parte degli storici, sembra la si debba
individuare intorno alla metà del VI secolo a.C., verso il 563, in
ossequio alla cosiddetta «corretta cronologia di Ceylon». Una
tradizione meno attendibile, invece, la colloca un secolo prima,
intorno al 624. Di recente sta prendendo piede una «cronologia
breve o indiana», che posticipa tutti gli eventi della vita del Maestro
di ben 115 anni
1
.
Quanto al luogo di nascita, si tratterebbe di Kapilavatthu, la
capitale della Repubblica aristocratica dei Sakiya (o Sakya;
sanscrito: Çàkya)
2
. Secondo gli archeologi indiani, la città era situata
a circa 200 chilometri da Benares e corrisponderebbe all’attuale
Pipràvà (per ulteriori dettagli, si veda il capitolo «Intrighi di corte»).
La tribù dei Sakiya, vassalla del re dei Kosala e non molto
importante, era stanziata in un territorio coincidente con l’attuale
zona di confine tra l’India e il Nepal, situata alle pendici
dell’Himàlaya.
Quanto alle origini del Buddha, per smentire una tradizione molto
diffusa va subito sottolineato che questi non era affatto figlio di un re,
bensì del ràja Suddhodana, capo o presidente in carica della
Repubblica dei Sakiya: quindi, proveniva dalla casta guerriera
(khattiya; sanscrito: kshatriya). Poiché la famiglia paterna era legata
al clan dei Gotama, nei testi antichi lo si chiama generalmente con
questo nome.
Tuttavia, gli vennero attribuiti anche altri appellativi. Il primo è
Siddhattha (sanscrito: Siddhărtha), vale a dire «colui che ha
raggiunto lo scopo» (oppure: «colui il cui oggetto è la perfezione»)
si tratta forse del nome che gli fu imposto alla nascita. Un altro è, per
l’appunto, «Buddha», che significa «illuminato» o «risvegliato», e
poté essere impiegato soltanto in seguito all’attingimento del
nibbàna («liberazione»). Il Maestro venne anche chiamato
Sakyamuni («il saggio o l’asceta dei Sakya»), Tathàgata (forse:
«colui che è arrivato [a cogliere la realtà] così com’è») e Bhagavant
(«Beato»).
Dopo queste indicazioni preliminari, occupiamoci ora delle varie
circostanze preliminari della nascita.
Concepimento e profezie
Màyà, la madre del Buddha, era la moglie favorita, nonché cugina,
del ràja Suddhodana. Il suo nome, che significa «illusione», potrebbe
avere una valenza simbolica.
Si narra che un giorno, mentre era già gravida dell’illustre rampollo,
la donna fece un sogno: un elefante bianco scendeva dal cielo per
deporle in grembo un fiore di loto, penetrando, infine, nel suo corpo.
Era un sogno piacevole, che produsse in Màyà una grande serenità.
Poco dopo, accompagnata dal suo seguito, la donna si mise in
viaggio per Devadaha, affinché il parto avvenisse nella casa paterna
in conformità alle consuetudini. La carovana fece sosta nello
splendido parco del villaggio di Lumbinì (l’attuale Rummindai). Qui,
in un’atmosfera onirica e in preda a una sorta di trance, Màyà prese
a camminare tra le piante e la lussureggiante vegetazione; infine,
sentì che doveva appoggiarsi a un ramo, e… nello stesso istante
concepì Siddhattha!
Il
parto in posizione eretta corrispondeva alle abitudini e alle
usanze dell’epoca. Altri dettagli della vicenda, invece, risultano
ampiamente leggendari, e hanno il mero scopo di abbellire la
narrazione: così, per esempio, l’indicazione che le stesse piante
avrebbero recato omaggio al neonato, inchinandosi al suo passaggio
per averne riconosciuta la futura grandezza.
Dopo tre giorni dalla nascita, il vecchio Asita, un saggio (isi;
sanscrito: rishi) che viveva appartato tra le nevi dell’Himàlaya,
giunse a corte. Appena vide il neonato, gli predisse un fulgido
avvenire: questi sarebbe divenuto un Risvegliato, un famoso
predicatore della Verità. Un tale destino comportava, beninteso,
l’abbandono di qualsiasi interesse materiale, politico o militare.
Asita aveva emesso il suo responso dopo aver individuato, ben
visibili nel corpo del neonato, i segni del Grande Uomo
3
Alla fine
singhiozzò, perché la sua vita non sarebbe stata tanto lunga da
consentirgli di udire la predicazione della Dottrina
.
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.
Si può immaginare lo sconforto di Suddhodana. Il ràja s’era
prospettato un ben diverso futuro per il figlio! D’altra parte, pensò
che Asita poteva sbagliarsi, e si sentì lievemente sollevato.
In altre versioni, la stessa profezia viene annunciata da un asceta
dedito a varie austerità, un certo Kàladevala, frequentatore abituale
della corte. A un attento esame del personaggio, tuttavia, sembra
che nei suoi panni si celasse lo stesso Asita.
Gli otto bràhmani che celebrarono il rito dell’imposizione del nome,
probabilmente nel quinto giorno dalla nascita, espressero un parere
molto simile a quello del vecchio saggio: anch’essi presagirono il
successo del bimbo nella sfera religiosa, aggiungendo che, se pure
si fosse dedicato alla politica, avrebbe acquisito anche qui una
reputazione assai illustre e duratura.
Secondo molte versioni, il figlio di Suddhodana sarebbe stato
chiamato Siddhattha. Nel Mahàvastu, un’opera in sanscrito, viene
menzionato anche il nome Sarvàrthasiddha (ovvero «colui che ha
realizzato tutti i suoi scopi.
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